Tutti i nomi del mondo
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Compendio di una vita da insegnante
Eraldo Affinati in questo nuovo romanzo pare fare i conti con se stesso.
Si ferma un attimo- lui attivissimo nella pratica didattica come insegnante di letteratura e fondatore della scuola gratuita per immigrati “Penny Wirton” , oltre che studioso di storia e instancabile viaggiatore alla ricerca delle proprie radici e di quelle di tutti noi attraverso il percorso dei luoghi storici dei grandi eventi e dei luoghi biografici dei grandi letterati- e riflette.
Richiama alla mente ventisei nomi, non solo ex allievi ma attraverso loro un esercito di altri individui, e così facendo gli dà la parola per poter richiamare il loro vissuto personale, offrendogli una capacità espressiva che in realtà non hanno mai raggiunto ma che è necessaria per rendere a noi italiani chiari i loro vissuti.
Si tratta di storie di guerra, di povertà, di miseria, di prostituzione, di viaggi della speranza, di ricostruzione, di devianza e talvolta di morte. La lettura risulterebbe davvero pesante se non fosse stata inserita da Affinati la figura di Ottavio, suo ex allievo, il quale parlando solo in romanesco, smorza i toni, livella la realtà e dà qualche dritta al professore idealista che pare faticare ancora ad accettare le storture del reale. Egli dal canto suo è consapevole che il mondo non lo può cambiare ma sa anche che può sicuramente modificare la traiettoria di qualche vissuto individuale, agendo, dando una possibilità, comprendendo, aiutando, testimoniando anche in modo autoreferenziale la propria attività se poi da ciò deriva l’innesto per altre possibilità, per altri aiuti, per altre comprensioni, ampliando di volta in volta il numero di scuole e di volontari che aiutano i giovani immigrati.
La lettura è gradevole, l’esperienza raccontata forte ed esemplare. Consiglio la lettura a chi ancora fatica ad accettare i nuovi scenari sociali che vanno via via delineandosi in seguito all’intensificarsi dei flussi migratori per comprendere le ragioni umane che stanno dietro queste decisioni : sono tutto tranne che scelte.
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Esperienze di vita
«È stato un caso, una fatalità, un destino? E soprattutto: a cosa è servito? Ci siamo scambiati il sangue per niente? Vi lascio campo libero» p. 17
Sono tante e impossibili da contare quelle singole esperienze che giorno dopo giorno ci formano, si fondono e accumulano tra loro tratteggiando la nostra personalità e segnando la nostra individuale esperienza di vita. Sono innumerevoli e talmente eterogenee che se cerchiamo di ripensare a tutte quelle che abbiamo vissuto e a tutte quelle persone che abbiamo incontrato, ci è spontaneo cercare di dargli una collocazione negli eventi, nei fatti, nelle circostanze. Perché quelle persone e quei fatti hanno lasciato un segno dentro di noi, ci hanno aiutato a crescere, a riflettere, a scontrarci con quello stesso nostro io, o semplicemente, ad affermare quella personalità che ci è propria da sempre ma che faticava ad affermarsi. Fermiamoci un attimo. Chiamiamole tutte alla memoria, quelle persone. Chi sono? Cosa hanno fatto? Cosa hanno significato per noi? Quale segno hanno lasciato? Cosa ci hanno donato? Cosa ci hanno insegnato se ci hanno insegnato qualcosa? E noi? Come abbiamo accolto le loro confessioni, le loro anime, il loro essere nella nostra dimensione, nella nostra prospettiva, nel nostro territorio vitale inteso non solo in senso spaziale? Da questo breve assunto Eraldo Affinati, fondatore della scuola gratuita per immigrati “Penny Wirton” e docente, decide di farsi coraggio e comincia a fare l’appello, un appello che consta di ventisei nomi. Tra loro tutti diversi, tra loro tutti eterogenei. C’è chi viene dalla guerra, c’è chi è scappato dalla povertà, chi è stato vittima di violenza, prostituzione, chi si è deciso ad intraprendere il viaggio della speranza rischiando di perdere la propria stessa vita, chi ha perso un padre perché si è suicidato, chi ancora è specchio di quegli anni che furono la Resistenza. Sono ex allievi, ma non solo. Sono uomini e donne che hanno attraversato i rispettivi “mari in tempesta” pe raggiungere una riva che potesse trarli in salvo. Ci parlano, ci raccontano il loro vissuto, si mettono a nudo. Con semplicità, perché quella lingua che è l’italiano non tutti sono riuscita ad impararla correttamente e a parlarla e a scriverla fluentemente. Ad accompagnarci in questa nostra intima traversata con questi ritrovati ventisei compagni di avventura, c’è Ottavio. Ex allievo, a sua volta, ma romano e che parla soltanto in romanesco e che viene investito del compito di alleggerire la lettura riportando il professore alla realtà, facendolo scendere dal piano dell’ideale per ricondurlo alla concretezza di un mondo che è imperfetto e che come tale va preso seppur si possa provare a migliorarlo, a tratteggiarne nuovi confini e spunti di riflessione con testimonianze e tentativi.
Un contenuto forte, quello rappresentato, perché fatto di esperienze vere, concrete, tangibili, accadute. Un contenuto che non risparmia e che così si propone a chi si avvicina alla lettura. Con tutte le sue imperfezioni, con tutte le sue discrepanze. Può non piacere, può far storcere il naso, ma può anche aiutare molto perché apre la mente sugli scenari attuali e aiuta a codificarli offrendone una chiave di lettura a trecentosessanta gradi. Perché dietro il fenomeno migratorio ci sono decisioni che vanno oltre il semplice motivo per il quale una scelta viene presa. Passo successivo l’integrazione, riuscita, non riuscita, voluta e non voluta. Vista da chi accoglie e da chi viene accolto. Per realizzare ciò, i racconti sono stilisticamente imperfetti. Riportano con parole semplici i pensieri, i vissuti. Leggere ogni capitoletto è come sentir parlare Daba, o Bostan, o Abdel, o Hermal, o Labib, o Quirina dal vivo, è come averli al fianco e sentire proferire le loro storie dalla loro bocca, con la loro voce. Questo potrà non rendere semplice lo scorrimento di un’opera che già dalle prime battute si erge come un componimento complesso, stratificato, profondo e contenutivamente non leggero, ma se non vi arrenderete, se procederete pagina dopo pagina, paragrafo dopo paragrafo, non ve ne pentirete. Ciascuno dei protagonisti resterà impresso nella memoria e che si ami o non ami, condivida o non condivida l’oggetto della trattazione, è impossibile sottrarsi ad una auto-interrogazione che si rispecchia in quella che è la realtà circostante.
«Facci capire come possiamo arrivare là, dove stai tu, nel regno degli uomini. Con le scarpe da pallacanestro e i maglioni blu a collo alto.» p. 52
«Non eri tu che lo affermavi? L’oro nasce dal fango. La bellezza dal marciume. La società dalla pazzia.» p. 128