Tempesta
Letteratura italiana
Editore
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Tempesta e Camilla
«Renzo era invaso dalle cose nuove che tutte insieme lo aggredivano continuamente: la marcia, la montagna, la fuga, la donna. Era esausto.»
Esordio molto potente è quello di Camilla Ghiotto in libreria con “Tempesta” edito da Salani Editore. Scritto dalla grande componente evocativa, il libro presenta al suo interno una parte di componente autobiografica e una parte romanzata. A muovere le fila vi è una storia radicata in un tempo non ancora così lontano ma spesso percepito come tale, quasi dimenticato. Torniamo agli anni della Seconda guerra mondiale, scopriamo di Tempesta, soprannome di battaglia del padre, Renzo Ghiotto, della narratrice, conosciamo di un legame separato da tanti anni di distanza e fatto di equilibri e silenzi. Renzo è stato infatti comandante di brigata con il nome di battaglia di Tempesta e tra lui e la figlia vi era una distanza d’età estremamente significativa che ha scavato un solco che inevitabilmente ne ha dettato le sorti e condizionato il rapporto.
Renzo muore novantenne quando la figlia frequenta il primo anno di liceo, tuttavia, il ritrovamento di uno scritto del padre in cui questo sviscera la propria esperienza di partigiano, è l’occasione per la giovane per riscoprire la figura del genitore e trovare quel filo rosso atto a comprenderne davvero la psiche.
«[…] Renzo aveva accettato mentalmente una vita gettata nell’incertezza e nell’isolamento, e quella decisione era già una ribellione. Trovare un gruppo organizzato e funzionante era una sorpresa, un sollievo. Con la sua divisa di allievo di solido panno blu era ancora un estraneo, ma era insieme a loro. Mal vestiti, ma partigiani veri. Male armati anche. […] Adesso era dei loro, armato. I partigiani era anche lui, pensò.»
Ecco allora che il romanzo prende forma e campo snodandosi su due piani narrativi diversi; da un lato vi è il racconto delle fasi che seguono nell’immediato il lutto dettato dalla morte del padre, dall’altro scopriamo parole e pensieri scritti di pugno da Tempesta. Potrà esserci una rivisitazione e correzione da parte dell’autrice ma, nel concreto, queste pagine sono tratte dall’esperienza di vita dell’uomo negli anni del conflitto. Precisazione necessaria e dovuta perché vi è un cambio ritmo narrativo che può inficiare e/o influenzare la lettura nei suoi tratti e nei suoi sviluppi.
Per Camilla diventa importante conoscere davvero il padre, quel padre che forse non ha mai davvero conosciuto. Quello scritto è un richiamo senza eguali per lei.
Si potrà dunque pensare che “Tempesta” sia solo e soltanto un romanzo d’esordio focalizzato sul rapporto padre-figlia, un rapporto di riscoperta e nuova linfa ma no, non è così, “Tempesta” non è solo questo. È un libro che coinvolge anche per l’aspetto storico, per quelle lotte partigiane che vengono riportate alla luce nella loro semplicità e autenticità, anche nel loro essere antieroiche. Dunque ci troviamo davanti a uno scritto che porta a vivere una riflessione interiore che si focalizza sull’io e il rapporto con l’altro ma si snoda anche in una ricostruzione veritiera di quel che è stato e vi riesce per mezzo della rievocazione di chi quei giorni li ha vissuti davvero sulla pelle.
E non è forse vero che dalla ricerca delle proprie radici è possibile ricercare se stessi? Scoprirsi forse davvero? E non è forse vero che dalle scelte compiute da chi ci ha preceduti è possibile trovare quel coraggio e quella linfa per compierne di nuove e coraggiose?
Perché il presente è fatto di passato e memoria, perché senza presente, passato e memoria, non può esistere neanche un futuro.
«Di fronte a tutte le galassie attraversate da mio padre mi sento uno dei suoi ultimi approdi. I suoi novantadue anni sono decisamente troppi per i miei diciassette. Lei ha vissuto tutto di me, era lì quando sono nata, io ho assistito solo alla stagione conclusiva della sua vita. Che tutto debba finire lo sapevo già, e sapevo che questa era una delle cose destinate a finire prima di me, ma così mi pare troppo presto.»