Per questo ho vissuto
Letteratura italiana
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Sami Modiano è uno degli ultimi sopravvissuti di Auschwitz. Da anni porta nelle scuole medie e superiori di tutta Italia la sua testimonianza ed è più volte stato protagonista dei Viaggi della Memoria, grazie ai quali ha accompagnato numerosi gruppi di studenti nei luoghi dell’Olocausto. Da tempo si occupa della sinagoga di Rodi per tenere in vita la storia della sua comunità. Questo è il suo primo libro.
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per non dimenticare
Un vecchio proiettore in azione fa scorrere una pellicola in bianco e nero. Un susseguirsi di immagini sbiadite, raccontano con orrore i segni indelebili lasciati dalla malvagità degli uomini ai danni di un popolo: gli ebrei.
È udibile un silenzio tombale, nessun filo di voce fuoriesce dagli inconsapevoli protagonisti di una delle più efferate pagine della nostra storia e io inorridita ancor di più, mi impongo di essere spettatore fino alla fine per "non dimenticare".
Una voce irrompe da quel silenzio lacerante, carico di tanto dolore. Il timore di non essere creduto l'ha fatto desistere per decenni. Ora, è il momento di raccontare per onorare coloro che non ci sono più. Sostenuto dalla moglie, Sami Modiano uno dei pochi superstiti dei deportati di Auschwitz - Birkenau, si aprirà a noi, donandoci i suoi ricordi più intimi.
Vedremo con gli occhi di un bambino il DISORIENTAMENTO di un popolo che in nome di una legge razziale, emanata da Mussolini, verrà "bollato come diverso". Nessun diritto di "uomo" sarà concesso a loro, in quanto "colpevole di essere nato ebreo".
Ci sconvolgeremo per la MALVAGITÀ dei nazisti o dei "kapo" prigionieri politici polacchi, che senza alcun rispetto nemmeno per gli anziani, trattati "come sacchi di patate", decreteranno con un "semplice gesto" del dito, chi doveva morire e chi vivere senza alcun senso di colpa. "questi miei occhi hanno visto scene che non si possono immaginare, che non si possono dimenticare".
Proveremo compassione per L'ARRESA DI TANTI che non riuscendo a reggere tanto dolore preferiranno andare incontro alla morte, piuttosto che essere costanti bersagli di incessante atrocità avendo capito che da quei lager nessuno ne sarebbe uscito vivo; Unica soluzione possibile: recarsi spontaneamente in "ambulatorio:" che "voleva dire andare dritti alla camera a gas. Certe cose si comprendono solo con il senno del poi".
Ci piacerebbe rimuovere quella percezione di SOLITUDINE che si è radicata tra i prigionieri, brutalmente privati dai loro affetti. La loro presenza sarebbe servita ad alleviare quella sensazione di impotenza per le continue punizioni, torture e certamente avrebbero dato risposte ai tanti perché...ma sfortunatamente, intorno a loro solo il deserto.
Non sarà facile cancellare lo sguardo ATTONITO dei russi una volta entrati ad Auschwitz. "dappertutto era pieno di cadaveri, scheletri e loro rimasero là impalati. Guardavano e non capivano". Capire come si può?
Non avrà confine LA SOLIDARIETÀ di quei "cadaveri ambulanti" che preferivano condividere quel poco cibo distribuito con gli altri dando "dimostrazione di grande generosità in momenti in cui pensare agli altri voleva dire privarsi dell'indispensabile per vivere" o "dell'interessamento di persone come Madame Vittoria" che aveva creato una rete di contatti permettendo a molti sopravvissuti "di rimettersi in piedi con un piccolo aiuto da parte delle comunità ebraiche sparse per il mondo".
Ma la VERITÀ va sempre accettata: "scegliere di non sapere è il modo più masochista e inefficace per chiudere i conti con il passato. Nascondere a noi stessi una pagina cruciale della propria storia ci impedisce di andare avanti"