Mai all'altezza Mai all'altezza

Mai all'altezza

Letteratura italiana

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"Per una bambina di sette anni avere il trentasei di piede nel 1972 era come avere due teste o la barba... I bambini erano bassi e le bambine più basse ancora. Poi c'ero io. La più alta della classe, irrimediabilmente fuori misura." Fuori misura, ma mai all'altezza! Su questo paradosso Veronica Pivetti ha costruito una carriera, e questo libro. Un libro che racconta di una casa andata in fumo, di un'infanzia funestata dalle cattive ragazze, di una vita costellata di grandi e piccoli traumi, di incontri con una serie di personaggi bizzarri, meschini, improponibili, o semplicemente ridicoli. Ma che racconta anche come dalle macerie si possa ricostruire, come dai traumi si possa guarire, come dalla cattiveria ci si possa difendere, semplicemente applicando a ogni cosa il magico filtro dell'umorismo. Veronica, l'ironica, riesce a ridere e a farci ridere delle sue disavventure. Certo, la vita può essere un inferno per chi si sente costantemente inadeguata, troppo spesso in debito di autostima. Ma il riscatto - anche dall'inferno - è possibile, basta riderci sopra e saperlo raccontare. Nel suo primo libro Veronica ha descritto la sua depressione facendoci morire dalle risate. In "Mai all'altezza" ricorda i traumi di una vita con la stessa verve irresistibile. E si conferma una scrittrice di razza, degna erede della migliore tradizione letteraria umoristica.



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Mai all'altezza 2017-11-25 08:57:19 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    25 Novembre, 2017
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La falsa inadeguatezza di Veronica

Veronica Pivetti, dopo essersi confrontata con saggezza e sarcasmo in Ho smesso di piangere con la sua depressione, torna con Mai all’altezza edito da Mondadori.
Due sono le caratteristiche costanti di questo libro: un senso (sbagliato) di inadeguatezza imperante e un fortissimo e costruttivo senso della ironia. L’ironia è usata dall’autrice come potente arma per non uscire sconfitta dalle avversità della vita. Veronica sorride di se stessa, delle sue paure, delle sue tragedie, ma:
“Come avrete senz’altro capito, una cosa su tutte mi toglie il sonno ed è la disapprovazione altrui. Che si manifesti sotto forma di reprimenda o dissimulata dietro un sorriso di scherno, mi manda al manicomio. Niente più mi abbatte del dissenso. Cioè del rifuto. Punto debole? Debolissimo. “
Nel libro racconta dell’incendio che le ha distrutto la casa, intorno ricordi di vita e di famiglia, con
“un misto di orrore e nostalgia, sentimenti contrastanti ma reali, quando si tratta di famiglia. Con la scusa del rimpianto, del come eravamo, capita di fare grossi sconti ai soprusi, alle ingiustizie, ai piccoli omicidi quotidiani che avvelenano la nostra vita e quella dei nostri cari. E quanto poco siamo disposti a riconoscere che sì, in effetti il nonno era un vero stronzo, che la cugina, pace all’anima sua, era una pettegola scema e il nostro adorato fratello minore un vile di prima categoria.”
Ciò che ha significato essere una costante del suo modo di vivere la vita è sempre stata “non prendersi troppo sul serio.” Perché:
“Nel mio lavoro l’ego sgomita e devi tenerlo a bada. Il mio sguardo è ironico e autoironico, se no non c’è gusto. Ho raccontano cose che sono qualunque, ma in cui tutti possono identificarsi. Lo zaino delle nostre esperienze è pieno di dolori, di piccoli traumi quotidiani che a dieci anni sono grandi come il mondo”.
L’autrice scava nei ricordi di una vita con brio ed inventiva, trascinando il lettore in un vortice di simpatia. Un libro curioso, frizzante e molto divertente. Un buon messaggio di positività.

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Consigliato a chi ha amato ed apprezzato Veronica Pivetti, Ho smesso di piangere, il suo libro precedente.
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