Narrativa italiana Romanzi autobiografici L'ultimo sorso. Vita di Celio
 

L'ultimo sorso. Vita di Celio L'ultimo sorso. Vita di Celio

L'ultimo sorso. Vita di Celio

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Rocciatore, taglialegna, scalpellino, minatore, apicoltore: chi è Celio? “Un niente” risponde lui, un semplice signor nessuno di un paesino sulle Alpi che è terra di nascita dell’autore. È lui a far rivivere Celio, a strapparlo all’oblio per renderlo personaggio vero, sfuggente, pulsante di idiosincrasie e contraddizioni. Insofferente alle persone fino alla misantropia, il protagonista si rifugia in se stesso, nell’ermeticità del dialetto ladino e nell’abbraccio ambiguo dell’alcol, che lo stringerà per tutta la vita, fino al delirio e alla morte. In Celio, conosciuto durante la problematica infanzia e quarant’anni più vecchio di lui, l’autore troverà un inaspettato mentore, una protezione dalle violenze perpetrate dal padre, una via d’accesso privilegiata ai misteri e alla saggezza della natura, rivelatasi solamente per lui. Nel racconto, Mauro Corona si riscopre bambino, mettendo nero su bianco le parole – sempre misurate, mai lasciate al caso – dell’anziano amico e compagno di bevute, alla ricerca delle radici di un male di vivere sempre scacciato e mai sopito, nel duro e apparentemente impenetrabile cuore da montanaro. Una scrittura aspra, nervosa e autentica al pari del protagonista di questo romanzo, dietro le cui vicissitudini si legge in controluce l’autobiografia dell’autore, vero alter ego di Celio e solo testimone di un’esistenza che si fa simbolo di una terra sospesa nel tempo, in cui la solitudine, portata su di sé come una croce, sembra l’unico rimedio al contagio della miseria e del dolore. Le uniche leggi e autorità riconosciute sono quelle della natura, al contempo madre e matrigna. Come il vecchio accendino a benzina, ereditato dal maestro, l’allievo tiene viva la fiamma del ricordo e fa luce sul potere dell’amicizia, rara e inafferrabile ma capace di farsi salvifica nell’ostilità e nell’indifferenza del mondo.



Recensione della Redazione QLibri

 
L'ultimo sorso. Vita di Celio 2020-12-08 16:54:32 ALI77
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ALI77 Opinione inserita da ALI77    08 Dicembre, 2020
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LA VITA DI CELIO


"Le montagne sono tutte uguali. Hanno una base e una punta. Il dolore del mondo è uguale alle montagne, ha una base di partenza e un vertice massimo. Non vivremo abbastanza per smaltire il dolore e per salire le montagne che abbiamo intorno."
Celio, il protagonista del romanzo, è un personaggio inventato dalla penna dell'autore, ma forse non lo è così tanto perché rappresenta gli uomini semplici di una volta, che hanno avuto una vita difficile, lastricata di piccole e grandi prove da superare che solo chi vive in montagna può capire.
Celio nasce nel 1910 tra Palazza e Carmelia, in un paese povero e isolato e la sua famiglia era molto umile; il padre era assente e la madre ha cercato di tirare avanti, rastrellando il fieno. La sua infanzia fu molto difficile e visse quasi sempre da solo, se fuori poteva sembrare un burbero uomo, un contadino tutto d'un pezzo, dentro di sé aveva un gran cuore.
Con la madre avrà un rapporto molto forte tanto che non si sposerà mai per non farle un torto, forse l'amore che provava per lei era eccessivamente morboso.
L'unico amico che ha è Pilo Dal Crist, un suo compaesano più grande di lui di quarant'anni, che gli insegnerà a comportarsi da uomo, le buone maniere, un lavoro e avrà quasi un ruolo da padre, visto che questa figura gli è mancata.
Celio, fu alpinista, fu cacciatore e soprattutto fu un gran bevitore, l'alcol lo distruggerà purtroppo e lo porterà ad avere problemi sia fisici che mentali.
Il protagonista è un uomo semplice, di poche parole, che sin dall'infanzia prova un senso di inadeguatezza nei confronti del mondo, probabilmente la dura realtà con la quale si scontra ogni giorno lo ha portato a sfogare i suoi dispiaceri e le sue insicurezze nell'alcol. Il fatto di non essersi creato una famiglia propria lo ha portato a una sorta di depressione.
L'ambientazione in questo romanzo la fa da padrona, l'autore descrive la bellezza dei paesaggi alpini, così anche il lettore immagina, attraverso le pagine del libro, le vallate, i boschi, i torrenti così suggestivi che donano pace e tranquillità.
L'autore delinea Celio come se fosse un personaggio realmente esistito, lo tratteggia in maniera convincente, racconta la storia di una persona "normale" che fa una vita semplice e in un qual modo vuole celebrare gli uomini del passato, i nostri nonni o bisnonni, che erano felici anche solo con un pezzo di pane e un bicchiere di vino.
Celio viene delineato in maniera vivida, un uomo legato ai valori semplici della vita, quelli genuini, quelli di una volta che oggi in parte sono andati persi.
Lo stile di scrittura è molto semplice e diretto, l'autore non ci racconta delle "favole", è un testo vero, crudo e molto umano, Celio viene descritto anche attraverso le sue fragilità, facendoci conoscere un uomo che fuori può sembrare scorbutico e rude ma dentro è veramente una persona buona.
Quello che ho trovato difficile sono i continui salti temperali da una pagina all'altra o all'interno della stessa, alcune volte ho dovuto fermarmi e rileggere.
Il finale è molto malinconico e lascia un po' di tristezza, consiglio questo libro a chi ama la montagna e i suoi meravigliosi paesaggi.







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Lettura consigliata
  • no
Consigliato a chi ha letto...
A chi ama la montagna o ha già letto qualcosa dell'autore
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