Inventario di un cuore in allarme
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Speriamo bene...
Ipocondria. Una fobia che toglie il fiato ogni giorno a tante, tantissime persone. Come vincere un qualcosa che è capace di entrarti dentro, sotto la pelle, al punto tale da vincolarti in ogni tua scelta, in ogni tua decisione, in ogni attimo della giornata tanto da riuscire a limitarti nel vivere più comune? Non è semplice e forse un vero e proprio rimedio non esiste. Certamente, però, parlarne può essere un grande aiuto e questo perché condividere le paure può servire a destabilizzarle così come fare gruppo può essere fondamentale per sconfiggere un nemico unico.
L’ipocondria non è un qualcosa di momentaneo, non conosce questo termine, non gli è proprio, non è concepito nel suo vocabolario. Un ipocondriaco non è una persona che deve uscire da un periodo difficile, da una fase dell’esistenza con una fase ciclica che ha un inizio e una fine. Per un ipocondriaco il periodo difficile è la vita stessa. Per un ipocondriaco la paura è una costante, un sibilo persistente, un rumore ininterrotto e onnipresente. Un qualcosa che deve essere per quanto possibile gestito per se stessi, per i propri cari.
È con grande coraggio che Lorenzo Marone in “Inventario di un cuore in allarme” ci racconta delle sue paure, delle sue debolezze, delle sue preoccupazioni. Ansie che giornalmente cerca di combattere con la speranza di riuscire a non trasmetterle al figlio.
Protagonista dunque di questo testo non è tanto una storia fatta di tante voci e tanti personaggi con una narrazione caratterizzata da un filo conduttore in evoluzione e/o uno scritto poetico dove a regnare sono le caratteristiche comuni e proprie dei libri dell’autore, in questo caso a far da protagonista e padrona, è la persona con tutta la sua fragilità, con tutte le sue contraddizioni, con tutta la sua umanità.
Quello di Lorenzo Marone è uno scritto ricco di spunti di riflessione, che invita a guardarsi dentro e che invoglia a cercare conforto nell’altro perché esternandole, quelle paure, è possibile vivere meglio, è possibile stare meglio. Non è un libro per tutti. Per leggere “Inventario di un cuore in allarme” occorre non solo una grande predisposizione d’animo ma anche una ricerca, la ricerca di una cura, la ricerca di un qualcosa che sentiamo mancarci.
Un volume eterogeneo che si fa leggere con rapidità, dai toni meditativi e ironici al contempo, che ci parla di malattia, di timore, di insicurezza, di fobie ma che apre anche uno spiraglio sulla speranza e sul vivere.
«Ma fino a quando non si spegneranno le luci, lo spettacolo andrà avanti. E noi continueremo a fare la nostra minuscola parte su questo assurdo e magnifico palco.»
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Perché mai preoccuparci di una nuova pandemia?
Inventario di un cuore in allarme è una rassegna – più che di patologie – di fobie e manie che affliggono l’autore e che possono essere rubricate sotto un più ampio disturbo d’ansia, l’ipocondria (“C’è un codice non scritto per noi ipocondriaci: mai pronunciare il nome della malattia”).
La rassegna è occasione di autocritica ironica e di riflessioni semiserie su argomenti non propriamente nuovi (serendipità, kintsugi, entropia, omeopatia…), ma che sono occasioni per considerazioni sulla vita e sulla felicità.
Pubblicato alla vigilia dello scoppio dell’epidemia, questo simpatico “inventario” registra una clamorosa assenza (“Con questa varietà di possibili morti perché mai dovremmo preoccuparci di una nuova pandemia?”): quella del virus oggi tornato prepotentemente alla ribalta, ahinoi.
Ho letto quest’opera riconoscendomi in molte paure, ma con una significativa differenza: la mia ipocondria non ha per oggetto il sottoscritto, bensì le persone che amo…
Bruno Elpis
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Io (non) ho paura
Leggo e seguo Lorenzo Marone dai suoi inizi.
Mi piace, come persona e come scrittore, sono un suo fan, per tanti e svariati motivi, non ultimo, mi faccio sfacciatamente influenzare dai comuni natali napoletani. Lo ammetto, sono di parte.
Il suo testo d’esordio: “La tentazione di essere felici” mi ha letteralmente incantato, e del protagonista di quella bella storia, Cesare Annunziata, conservo un ricordo lieto, direi affettuoso, se così ci si può esprimere per un personaggio di fantasia letteraria.
Tra l’altro, io che non amo il libro elettronico, non ho esitato a scaricarmi il suo “La tentazione di essere Cesare Annunziata”, una raccolta di racconti con il leggendario personaggio.
Mi ha “preso” di meno il suo secondo romanzo, “La tristezza ha il sonno leggero”; poi di nuovo Marone mi ha spedito in orbita con “Magari domani resto”, facendomi innamorare come una pera cotta di Luce Di Notte, la protagonista di questo racconto sospeso tra malinconia dei ricordi e resilienza nell’affrontare l’esistenza.
Di lì a seguire ho apprezzato alla grande “Un ragazzo normale” e “Tutto sarà perfetto”, “Cara Napoli” e “Le feste non vengono mai sole”, ottimi titoli e gradevoli letture, che consiglio spassionatamente.
Pensavo quindi di conoscere bene lo scrittore napoletano…della serie le ultime parole famose.
Il suo ultimo, “Inventario di un cuore in allarme” mi ha completamente spiazzato, sia perché non ero informato della sua problematica ossessione, l’ipocondria da cui è afflitto, che è la protagonista assoluta non dico di questo racconto, ma del suo monologo su questo tema, sia perché è del tutto insolito rispetto a come ho imparato a conoscerlo, è decisamente un testo al di fuori delle sue tematiche abituali.
Lorenzo Marone è un formidabile affabulatore, ma più che storie con persone, racconta i sentimenti delle persone, e in questo eccelle.
Li indaga, li rivela, li palesa con estrema sensibilità e delicatezza, li offre infine al lettore emozionandosi lui per prima, tanto lui stesso vive le sue storie, s’immedesima in azioni e personaggi tanto reali quanto struggenti, emozionando a ruota il lettore.
Stavolta invece affronta non dico un argomento serio, perché i temi trascorsi che ha trattato, i sentimenti e le emozioni di cui ha scritto, sono cose serie, ma un argomento serioso.
Anche troppo, come può essere la malattia, vera o presunta che sia.
Capisco perfettamente l’intento meritorio e meritevole dello scrittore, che è quello di esorcizzare la paura, sua e quella dei lettori che ne sono afflitti, raccontandola e raccontandosi, ed è certamente un’intenzione lodevole e degna di menzione.
Sdrammatizzare è il passo, quello iniziale e più efficace, per ridurre un problema ai minimi termini, riconducendolo in un’area più vasta, prodiga di soluzioni, togliendolo da un vicolo stretto e buio, e senza uscita.
Tra l’altro, Marone è uno scrittore che sa scrivere, e scrive davvero bene, tanto di cappello, ha una scrittura potente, schietta, franca, incisiva, racconta le cose come stanno, e come devono essere espresse per giungere bene al lettore.
Il libro è un buon testo, si fa leggere, e però devo ammettere che non desta l’interesse che ci si sarebbe aspettato da tanto nome, proprio perché fuori dai canoni cui ci aveva piacevolmente abituati. Pertanto, ammetto che non coinvolge, non prende completamente, sembra più un parlarsi addosso che conversare e condividere, appunto un monologo.
Ed è difficile che un monologo monopolizzi l’attenzione del lettore per tutte le pagine di un libro.
Appurato questo, in estrema sintesi, questo libro è un elenco, neanche esaustivo, illustra le varie fobie e le strategie per liberarsene, comunemente diffuse tra chiunque sia affetto da ipocondria.
Messe in atto per liberarsi, o in qualche modo alleggerire il fardello di credere di essere afflitti da una qualsivoglia patologia.
Finendo per ammalarsi davvero, non della malattia di cui si crede di aver riconosciuto segni e sintomi, magari letti casualmente da qualche parte, ma di una malattia ben più grave.
Una paura, un’ossessione, una fobia, che questa si è vera, reale e non solo presunta, e ti rovina la vita, non solo la tua, ma anche quella di chi ti sta vicino.
Con vena e stile magari tragicomica, ma seriosa, il libro di questo tratta.
Letteralmente, fa un inventario delle cose che trasmutano in fobia, in paura allo stato brado.
La paura agita, turba, impressiona; e poiché le malattie possibili sono tante, altrettante numerose sono le fobie che ne conseguono, e i rimedi o presunti tali.
Perciò un rimedio omnicomprensivo è impossibile, serve distinguere la strategia d’attacco.
Falliti i confronti con amici, parenti e familiari stretti, che tendono a sminuire o a negare simili fobie, una soluzione è quella di rivolgersi alla chiesa cattolica, che ha nel proprio statuto anche la “mission” di consolare gli afflitti.
Solo che nessuno ha una fede incrollabile, e la pazienza che a questa si dovrebbe accompagnare, meno che mai un prete.
In verità l’ipocondriaco sa benissimo che le presunte malattie di cui si crede afflitto, altro non sono che un segnale di disagio che parte dalla sua testa, e utilizza il corpo e le sue presunte sintomatologie per ricordargli che, da qualche parte sepolta nella materia grigia, c’è un fatto, un evento, un episodio, un quid, non necessariamente un trauma, che da bambino in qualche modo lo ha turbato e per cui serve esorcizzarne il ricordo, onde sublimarlo e liberarsene.
Solo che lo ripetono tutti gli analisti, questo assioma, anche se con tecniche diverse, ma il fatto, l’evento, l’origine, proprio non ne vuole sapere di farsi ricordare per la catarsi liberatoria.
Che fa allora l’ipocondriaco, e per derivazione, il fobico? Evita. Scappa. Si sottrae.
Ha paura di volare? Non vola. E via così.
Gli ipocondriaci fanno propria la massima di Linus: “Non esiste problema così grande o complicato dal quale non si possa scappare”.
La grande fuga, insomma, gli appassionati di cinema sanno a cosa mi riferisco.
Devo dire che per essere un romanzo, è molto istruttivo, ho imparato che esistono tantissime fobie, alcune veramente strane.
La prima, l’ipocondria, il terrore di ammalarsi. Poi, la dermatofobia (paura delle lesioni della pelle), la cancerofobia (la paura delle malattie oncologiche), l’aracnofobia (la paura dei ragni), la iatrofobia (la paura dei medici, il che per un ipocondriaco è l’apoteosi!), l’eliofobia (paura per le scottature solari), entomofobia (paura degli insetti).
Ancora, l’aerofobia e l’acrofobia, rispettivamente la paura di volare, che non c’entra niente con Erica Jong, e la paura del vuoto; poi la coimetrofobia, la paura dei cimiteri, e la talassofobia, che è la paura del mare aperto, che per un napoletano è un guaio grosso, e altre e ancora altre, per finire in bellezza con la fobofobia, la paura delle paure, il timore cioè di sviluppare una fobia…ma no, ma tu guarda! Ma ven via, ma cosa vai a pensare.
E però…e però, abbiamo detto che Marone è un bravo scrittore, e dà il suo meglio quando ci parla di sentimenti. E qual è il sentimento principe?
Ma l’amore, naturalmente. L’Amore che tutto vince, amor omnia vincit.
Infatti, a Marone lo salva l’Amore.
Sono due sole le paure di cui, per fortuna sua, non deve fare i conti.
Ne è fortemente immunizzato, su di lui non attecchiscono manco a insistere fino alla notte dei tempi.
La prima è la xenofobia: Lorenzo Marone non teme lo straniero, il diverso, di altra etnia.
La seconda, la philophobia, la paura di amare. Marone ama, ed è riamato.
Privi di questa paura, ci salviamo tutti, perché l’amore è la panacea.
Lorenzo Marone lo sa, e lo dice, chiaro, in modo insolito, ma alla maniera sua.
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“Tutto ciò che vuoi è dall’altra parte della paura
E’ il primo romanzo che leggo di Marone e ne sono piacevolmente divertita e illuminata.
Mi ha spinta a riflettere sul fatto che non mi sono mai soffermata a pensare realmente alle paure degli altri, così concentrata sulle mie, vergognandomene. In questo mi sono sempre sentita molto sola, pensando che, come me, tutti quelli che hanno la sfortuna di soffrire di paure o addirittura fobie, difficilmente tendono ad autodenunciarsi; motivo per il quale non ho completa fiducia nella sincerità di chi ne scrive e ne parla con facilità.
Eppur tuttavia questa lettura mi è tornata utile, certamente di compagnia, perché, come dice l’autore, condividere le paure è un punto di partenza, sapere che c’è qualcuno ugualmente insicuro aiuta a sentirsi meno soli, meno indifesi, meno stupidi. Ma io, a differenza dello scrittore, trovo difficile riuscire a fare gruppo, a trovare solidarietà oltre che comprensione, penso che ciascuno sia arido ed egoista, e ritengo che nessuno sia veramente così sincero da aprirsi davvero agli altri.
“Se vuoi uscire dalla gabbia, devi prima capire come ci sei finito dentro.”
E’ geniale il modo in cui questo libro è scritto, lo è il modo in cui il denudarsi davanti ai propri lettori riesce ad essere raccontato, con tale immediatezza, schiettezza, direi ingenuità o infantilità, con uno stile che rende la lettura così divertente, al punto da far apparire tutte le fobie raccontate una leggerezza. Sembra terapeutico. Ma attenzione, è così solo per chi legge. Dunque complimenti Lorenzo Marone, capace di a trasformare paure in pantomime, strappandomi sonore risate irriverenti.
Ma la bravura dell’autore non basta a cambiare l’animo di chi con questo sentimento di ansia o di terrore convive.
“Non esiste problema così grande o complicato dal quale non si possa scappare.”
Ho sempre associato il termine ipocondriaco a leggera tristezza, a malinconia, a desiderio di stare soli con se stessi più che con gli altri, e mai a un disturbo così grave e complesso. L’ipocondria descritta in queste pagine non la conoscevo, non in questi termini, o forse sbagliando l’ho sempre sottovalutata, pensando sempre e solo alla depressione, malattia grave e spaventosa e gravissima e terribile su cui mai mi verrebbe da ridere o sorridere. Insomma un ipocondriaco era per me tutto sommato un personaggio divertente al confronto. Beh mi sono ricreduta.
E’ esilarante la lotta quotidiana per la sopravvivenza che l’ipocondriaco deve fare con se stesso, con ciò che lo circonda e con ciò che deve ascoltare e vedere, ciò che per gli altri è la quotidianità assume per lui i contorni del pericolo sempre. Non ho mai pensato al pericolo che rappresentano le parole, che la mente di alcune persone rielabora in nuove fattispecie di malattia…Il suo circondario diventa qualcosa da cui proteggersi continuamente.
Non ho mai riflettuto che ogni cosa si può trasformare in una fobia e come tale ha un suo nome specifico. Cioè non ho mai pensato che ciò che può essere meraviglioso per me può essere fobico per altri, tanto da trasformarsi in malattia invalidante.
Gli aneddoti che racconta sono al limite della….follia. Ho riso tanto, tantissimo, a voce alta e mi sono chiesta se era questa la reazione che l’autore cercava. Direi di si visto che il protagonista di ciò è proprio lui, Marone, così umano e così normale, tanto da riuscire in fondo a sdrammatizzare, a scriverne, a divertire, a farne un punto di forza e di risalita, mai di autocommiserazione o vittimismo ma anzi di “accettazione e reciproca convivenza”. E se scoprissi che è solo un furbo artificio per scrivere un simpatico romanzo, beh…ne resterei delusa!
Sorrido…perché alcune paturnie sono le mie e anche reazioni e comportamenti sono i miei… E riviverli non mi ha aiutata a sdrammatizzarli. Rifletto che non ho mai pensato di associare la fobia sociale alla timidezza; “ guarda in faccia le tue paure finché non ti faranno più paura.”
Ho altro in comune con questo autore. Anche io da napoletana, sono una napoletana atipica: odio il sole, odio la spiaggia, odio il caldo e le belle giornate assolate. Abbiamo un po’ troppe cose in comune e inizio a preoccuparmi!
“Insegnarmi a sorridere delle cose” è un invito che voglio ricordare quanto più spesso possibile, ed è anche un insegnamento, per chi non riesce. Mi piace pensare di poter imparare. Di riuscirci domani. E dopodomani ancora e ancora sempre.
Cosa hanno in comune il pensare positivo con l’essere previdente o essere ottimista o pessimista? Questo ragionamento è molto interessante… mi vede molto partecipe…e previdente! Qualsiasi cosa significhi.
“Se quando morirò dovessi scoprire che c’è la vita eterna, direi a Dio che ho sbagliato. E forse, tutto sommato, sarebbe bello essersi sbagliata.” Margherita Hack
Ma, “l’importante è che la morte mi colga vivo.” Sottoscrivo.
Buone prossime letture.
governati dal caso: allentare la presa!
Questo Autore non delude mai. Libro zeppo di spunti di riflessione, con accenni a tematiche scientifiche, alla letteratura, alla biologia, alla statistica, a micro analisi della società contemporanea e del passato. Il messaggio trasmesso, nonostante (o proprio perché) si parli di ipocondria, è di prendere la vita più alla leggera, di non affannarsi e dannarsi per nulla, perché tutto è governato dal caos, o dal caso, e è impossibile tenere tutto sotto controllo e dare un senso a tutte le cose. Occorre trovare la pace e la serenità nella bellezza delle piccole cose quotidiane e nelle persone che si amano. Decisamente attuale e quasi profetico il capitolo "calci in culo per tutti" , dove si parla di pandemie, epidemiologia, virus, con richiami anche alla peste descritta dal Manzoni, per riflettere sui significativi corsi e ricorsi storici (maschere dei monatti).