Con quella luna negli occhi
Letteratura italiana
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Lo sguardo poetico di Adriana Zarri
La dimensione autobiografica si addice ad Adriana Zarri, scrittrice, giornalista, teologa. Chi ha letto "Erba della mia erba" non ne ha dubbi. In quel libro affascinante, in cui parla della propria vita eremitica (però nel senso moderno) in una cascina sperduta nella campagna del Canavese, risalta anche un'altra sua peculiarità: lo sguardo poetico sulla realtà del quotidiano. La poesia faceva parte della sua vita prima ancora di prendere forma nelle pagine che scriveva.
La sua spiritualità non è mai del tutto disgiunta dallo stupore e dall'amore per tutto ciò che le sta attorno: i fiori che sbocciano, gli alberi da cui cogliere, 'accogliere', i frutti maturi come un dono prezioso, poi gli amati animali (per i gatti emerge una predilezione speciale).
Lo spirito francescano, che la animava, vive anche nel libro "Con quella luna negli occhi", che raccoglie testi scritti in momenti diversi, ritrovati, chissà, in fondo ai cassetti, forse in paziente attesa di venire pubblicati. D'altronde la pazienza è una virtù che l'autrice teneva in forte considerazione: "il saper attendere senza scoraggiamento. In fondo la pazienza è una dimensione della speranza".
Spazio preminente hanno qui i ricordi, talvolta emersi seguendo sentieri nascosti di proustiana suggestione:"Ho ereditato dei bucaneve viola, dagli anni dell'infanzia. Li ho ereditati stamattina. (...). Da tanto tempo li portavo dentro, in una piega inesplorata della memoria, e a un tratto sono germogliati (...). Dentro al mio cuore dev'essere esplosa la primavera".
Oppure più modestamente rovistava nei solai (penso, reali e metaforici), dove giacciono frammenti di ciò che costituiva un mondo, una tradizione, le radici del nostro essere. Diceva che i nostri bambini, a cui la nuova mentalità tende a negare le tradizioni, "non hanno nemmeno un vuoto". "Il vuoto è la nostalgia di chi ha avuto e non ha più; il vuoto è l'esperienza della povertà, ed è già una ricchezza", e questo, sosteneva, porta alla "mancanza di una dimensione dell'anima".
La sua attitudine alla contemplazione pare prediligere le atmosfere notturne: col loro silenzio paiono essere confacenti all'espandersi della dimensione spirituale, e la realtà descritta sembra assumere connotazioni metafisiche: "Ora la luna s'è nascosta. (...) E allora mi concentro a pensare a questa luna che c'è, a credere alla luna che non vedo (...). Se cammino ancora un poco la rivedo, nel cielo, rassicurante e candida. Ma non voglio: mi sembra scarsità di fede".
Un capitolo è dedicato al ricordo del fratello, morto a venti anni: "La sua vita fu come una limpida e tersa giornata di primavera".
Il pensiero riguardante la morte, l'oltretomba, l'eternità... portano la mente dell'allora ragazza adolescente "in una cerchia di pensieri più al di sopra delle piatte e materiali realtà della vita terrena, più vicino alle supreme ragioni regolatrici dell'universo, più vicino a Dio".
Forse da qui s'avvia il percorso della teologa.