Come d'aria
Letteratura italiana
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Una freccia nel cuore
Libro forte, potente, come pochi altri fra i tanti che ho letto. L’autrice è stata capace di trasformare in materia letteraria la propria vita di mamma di una bambina disabile, raccontando al lettore in un modo dolce amaro tutte le sue paure, tutte le sue insicurezze, tutta la sua rabbia, tutto il suo amore. Con la sua scrittura squarcia voragini, su tutte le sue domande, su tutte le sue supposizioni, sulle sliding doors della sua vita, sui momenti in cui si è sentita sola, sulle persone che le sono state di supporto, sulla sua ricerca di colpe, di senso, sulla sua necessità di organizzare tutto, per far sì che non crollasse tutto dopo, quando ha capito che un dopo per lei non ci sarebbe mai stato. E’ un libro che trasuda emozioni estreme. Bellissimo in ogni angolo, in ogni sfumatura. E’ un inno alla vita, dalla figura dolcissima del nonno che trova un modo di comunicare con Daria, all’importanza del contatto fisico fra mamma e figlia. E’ un libro che allo stesso tempo trafigge e scalda, come pochi altri.
Un amore per sempre
.
“ …Posso sopportare tutto se sono capace di assistere al dolore della mia carne. Anche il morire, allora, mi sembra una possibilità….”
Ada e Daria, una madre malata di una figlia disabile, un romanzo che scava in due esistenze segnate alla ricerca della linea di confine tra la vita e la morte.
Un amore da subito infranto quando i sogni di una madre scoprono una figlia che non sarà come tutte le altre, che si è impreparati ad accoglierla, accudirla, crescerla. E’ allora che ci si immerge nel lutto, negazione, rabbia, risentimento, la voglia di essere altrove, un senso di solitudine ingravescente perché ogni diversità crea sempre un vuoto attorno.
È un rapporto costruito nel quotidiano, nutrito di necessità, rivestito di una dimensione prevalentemente fisica e di contatto per farsi simbiosi assoluta, misteriosa e carnale.
Poi, un giorno, la scoperta della propria malattia, la rottura dell’ equilibrio raggiunto, dentro di se’ e nella relazione, l’ ingresso nel lato oscuro della vita e una nuova scoperta, che la propria sopravvivenza esige uno spostamento relazionale, ponendosi al centro di una dimensione cosciente, un nuovo approccio comunicativo che esula dalla semplice fisicità.
Brevi frammenti gioiosi si intrufolano tra le pieghe dei giorni, attimi che permettono di tirare avanti, un piccolo universo fatto di sensazioni, di altro, sentire, ascoltare, ricordare, immaginare.
Due esistenze che si trascinano nella possibilità di sopravvivere, che comunicano, si saldano, vivono il e nel presente, smettendo di accanirsi a cercare risposte, di affannarsi, di volere essere altrove, una forma non rassegnata di accettazione attiva, di risparmio energetico, cercando di combattere per.
….” Spesso la malattia separa, allontana, distrugge. Qualche volta invece genera, allaccia, moltiplica l’ amore”…
Una sorte condivisa da madre e figlia per tutta la vita, una miseria chiamata solitudine nella scoperta e constatazione che
…” Avere un figlio invalido significa essere soli “…
Il,dolore allontana, la malattia spaventa, le famiglie si sfasciano, la solitudine si fa abitudine fino a che non si ha più paura di niente.
Ecco un altro vocabolo, cura, che presuppone l’ esercizio quotidiano dell’ amore, l’ adesso e l’ ora, una vita meravigliosa che permette altra vita.
Ecco un rapporto intenso e simbiotico, compenetrante, una madre e una figlia che si somigliano sempre più, che sono tutto quello che non sono mai state.
Ecco la necessità e il desiderio che tutto ciò che si è vissuto, sperimentato, imparato, e che oggi si crede perduto, sopravvive ancora da qualche parte.
Un breve romanzo sotto forma epistolare che esula da un senso strettamente letterario per coprirsi di altro, congedo e lascito da una vita che pareva segnata da mancanze e perdite e che , strada facendo, si è riccamente vestita di una consapevolezza cosciente e di un amore ancora più grande.
Che cosa rimane se non un intenso soffio vitale e la certezza che quello scioglilingua, sillabe che sbattono e si arrotolano sul palato, quasi un giuoco di parole, un giorno sarà…
…” Finirò col disciogliermi in te? Sono Ada, sarò D’ aria “….
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Un grande amore
Tra i dodici finalisti del Premio Strega 2023 vi è questo dolorosissimo memoir scritto da Ada D’Adamo, morta il 1 aprile di quest’anno a causa di un tumore.
Il suo è uno scritto terapeutico che ha conosciuto la pubblicazione, ora è molto letto, ma nasce come una scrittura privata, su consiglio di uno psicoterapeuta, al fine di lenire molteplici ferite inferte dalla vita, la maggior parte delle quali coincidenti con quella condizione che generalmente è associata a uno stato di estrema gioia e prolungata felicità: la maternità. Eppure lo sanno le donne, e questo scritto arriva proprio a tutte, anche a quelle che non sono mai state mamme, per loro volontà o per destino infausto, che la maternità non è una condizione poi così semplice.
Il merito di questo scritto risiede dunque, a mio avviso, nella capacità di smitizzare la maternità, di avvicinarla alla complessità della quale si nutre quotidianamente anche se non si vivono condizioni di estremo dolore come quelle associabili all’essere genitore, in particolare mamma, di un disabile grave.
Daria, è la figlia di Ada e Alessandro.
Lo scritto la restituisce in tutto il necessario realismo: concepimento, nascita, diagnosi, ospedali, notti insonni, ausili sanitari, burocrazia, difficoltosa inclusione scolastica, solitudine, corpo, esigenze corporali. Un insieme che schiaccia la famiglia accudente. Tra le righe però affiora un grande amore, difficile e sofferto, ma immenso: la fusione dei corpi in piscina, il dialogo in un linguaggio corporale, il pensiero totalizzante teso in fondo solo a garantire il benessere della propria figlia.
In fondo a tutto questo, in sordina, di lato, anche la sofferenza del proprio corpo minato dal dolore a causa del tumore; la necessità di pianificare il futuro di Daria in sua assenza, la consapevolezza di aver ritrovato in questo ultimo scorcio di vita un significato alla sua esistenza.
Mai retorico, lo definirei necessario per ricordarci qual è la nostra condizione: limitata e fragile anche se le nostre esistenze vivono del falso mito della salute e della forza escludendo qualsiasi riflessione sulla malattia e la morte: i nostri tabù.
Aggiornamento: il libro ha di fatto vinto il Premio Strega 2023.
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Un confronto con la disabilità
Vincitore del premio Strega 2023, per quel che può valere, in Come d’aria l’autrice, Ada D’Adamo, racconta la sua storia con una figlia disabile molto grave e portatrice di una malattia genetica rara.
Ammalatasi di tumore metastatico Ada D’Adamo è morta quest’anno prima della proclamazione del premio al quale quindi era ormai predestinata.
E’ un libro che racconta il dolore questo, o meglio è un libro di dolore, secondo un filone già molto ricco. Il dolore può essere raccontato, può costituire uno sfogo da parte dell’autore che sente la necessità di metterlo su carta, può essere però anche sublimato e dar luogo ad altro, letterariamente più interessante. Qui ci fermiamo al racconto del dolore, sincero e che va rispettato, certo. Non riesco però a trovare traccia di grande letteratura. Alcuni dettagli stilistici mi hanno persino infastidito.
Fanno eccezione le parti nelle quali si parla di aborto nelle quali il racconto si fa orazione civile sicuramente di livello più alto.
Ma veniamo alla vicenda. Nonostante gli esami prenatali la disabilità di Daria, la figlia dell’autrice, non risultava, o forse qualcuno non ha saputo leggere correttamente gli esiti, chi lo sa. Smarrita di fronte ad un evento non previsto, l’autrice racconta il suo essere messa da parte già in ospedale all’atto della nascita, il suo sentirsi da subito isolata per qualcosa che nessuno voleva nominare e di cui nulla le veniva spiegato.
E questo senso di isolamento, di riprovazione da parte di chi non sa, di essere secondi, diversi, è un peso che si aggiungerà sempre a un altro peso.
Unica luminosa eccezione sono i bambini, che guardano con curiosità positiva a quella bambina diversa da loro.
Come sempre questi figli divengono totalizzanti, richiedono assistenza continua e pazienza infinita: cambiano del tutto la vita che diviene altro da prima. Eppure Daria, questo il nome, cresce ed è bella: forse, chissà, la sua disabilità non è stata notata proprio perché all’esterno non si nota molto.
Nel frattempo all’autrice viene diagnosticato un cancro al seno metastatico che la porterà alla morte quest’anno, ed ecco che ai problemi di salute della figlia la madre debba aggiungere i suoi.
Cerca Ada, cerca in internet, cerca altre madri, cerca gruppi nei quali confrontarsi. Non per cambiare la situazione, impossibile, ma almeno per capire, per condividere la disperazione.
Sullo sfondo le amicizie, il rapporto con il compagno/marito, e un passo più avanti il cancro e le preoccupazioni per l’avvenire.
Questo “Come d’aria” vuole essere uno sguardo nell’abisso dei sentimenti di una madre che si trova di fronte a ciò che non avrebbe mai voluto, che mette tutta sé stessa per fare ciò che può, che si sente sola di fronte alle difficoltà del quotidiano. Eppure finisce per esserne la cronaca, senza profondità.
Lo stile è essenziale anche se si avverte l’infinito dolore dietro le parole dell’autrice che cerca di razionalizzare la situazione. C’è una madre che si aspettava e ha desiderato tutt’altro, eppure ama quella figlia imperfetta che le ha portato via gli ultimi anni di vita.
Dispiace dover valutare un libro come questo che meriterebbe di essere letto come testimonianza, senza dover per forza esprimerne un giudizio.
Quindi sì, ne consiglio la lettura perché l’ascolto di un genitore di un figlio disabile è un grido al quale va prestata attenzione. Mi fermo però prima di dire che si tratta di grande letteratura.
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Il coraggio di amare sempre la vita.
La vincitrice del Premio Strega 2023 non c’è più
Una malattia devastante l’ha portata via, dopo
sei anni di sofferenze, di ansie, di timori, soprattutto per la figlia Daria. Il romanzo è la storia tormentata di due personaggi, madre e figlia. La madre scopre nel 2017 di avere un tumore e di dover intraprendere un percorso traumatizzante, con terapie pesanti, ai limiti della resistenza fisica, un percorso fatto di radio e chemioterapia, affrontato con coraggio e con la rabbia di chi vuole sconfiggere il male non tanto per la propria sopravvivenza, quanto per proteggere una creatura fragile. La figlia, nata nel 2005, ha una grave disabilità, non evidenziata per incuria medica da indagini prenatali: una alterazione genetica, rarissima, le ha causato una oloprosencefalia semilobare, un difetto nella separazione degli emisferi cerebrali con evidenti malformazioni che le impediscono di reggersi in piedi, di parlare, di vedere. Madre e figlia: il destino che le accomuna le unisce anche nella diuturna lotta contro la malattia, lotta che si nutre di fugaci speranze, di risultati inattesi, di lampi di luce. La lotta è per la vita, inseguita quasi con ferocia da una madre che non si arrende e che proprio quando si smarrisce e perde lentamente le forze trova nella propria cocciuta determinazione la forza di proseguire. Ada lotta per la vita, sua e della figlia, e riesce a far breccia nel cuore dei lettori: lei, danzatrice di professione, ha perso tutto ma resta aggrappata all’affetto per Daria, alla quale si sente unita in modo inscindibile.
La paura, la sensazione di non farcela, il timore di un avvenire oscuro e pieno di incognite si trasformano, pagina dopo pagina, in amore profondo: un amore che cresce, totalizzante, quasi il voler fondersi in un abbraccio senza fine con il corpo della figlia, per trasmetterle quello che la sorte le ha tolto, movimento, sentimenti, sicurezza, coscienza di sé.
Ada rivela però anche la sua sofferenza, esplicitandola in una lettera che invia a Corrado Augias e che viene pubblicata su Repubblica. Una lettera “uscita d’impeto dal petto come un grido”, e che rivendica la scelta dell’aborto terapeutico, una scelta dolorosa che va garantita: “ io adoro la mia meravigliosa figlia imperfetta”, ma , sostiene Ada, voglio rivendicare un diritto sacrosanto, contro ogni ipocrisia e falsi moralismi.
Leggo di un critico letterario che non approva il premio Strega 2023 per Ada d’Adamo, ritenendo altri libri della cinquina più meritevoli. Vorrei osservare che il premio è letterario, che viene giudicato uno scritto e non un congegno meccanico, con tanto di formule e numeri, e che la storia narrata, storia di due esseri umani condannati uno ad una fine annunciata, l’altro ad una vita di drammatica disabilità, non poteva non essere premiata, con il cuore e con la mente.
Il libro di Ada d’Adamo rappresenta l’incontro con una verità drammatica, un libro che, secondo il critico Riccardo Piazza (www.la paginabiancadocx.com) dovrebbe essere relegato in uno scaffale alto della libreria, nascosto, perché rappresenta una dolorosa spina nel fianco, una Verità che non ci appartiene, che turba, un inciampo nel nostro cammino: “diverrebbe il monito di chi, con le sue parole e le sue azioni, ha dimostrato la verità del dolore … e toglie il lieto fine all’idea favolistica che abbiamo della vita”.
Grazie Ada, per quello che ci hai dato. Riposa finalmente in pace.