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Letteratura italiana

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Sotto un cielo che affonda nel rosa di un tramonto infinito, un ragazzo degli anni Cinquanta torna dal passato, si ferma sul pianerottolo della casa di famiglia e aspetta il figlio, ormai adulto. Com'è possibile? E perché è tornato ora, dopo tanto tempo? Sono due sconosciuti, ma sono padre e figlio. Insieme per la prima volta e solo per una sera, provano a raccontarsi le loro vite, quello che è stato e quello che poteva essere. Ma qual è l'eredità di un padre che non c'è mai stato? Forse la malinconia, certe tristezze improvvise, la voglia di scherzare e di prendersi in giro, il ricordo commosso della donna che li ha amati. In un viaggio attraverso il dolore della perdita e la meraviglia della ricerca delle proprie radici, le parole si mescolano e si intrecciano fino a rivelare ciò che li unisce davvero. Perché non smettiamo mai di cercare il padre.



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Ciao 2015-11-01 07:01:28 Natalizia Dagostino
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Natalizia Dagostino Opinione inserita da Natalizia Dagostino    01 Novembre, 2015
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Memoria da custodire

La memoria e il ricordo, a 60 anni, assumono valore di valutazione e di coscienza nuova. Nel libro non c’è autocelebrazione, ritrovo lo studio e la ricerca della storia italiana, partendo dalla testimonianza di eventi privati che, al contempo, sono pubblici, esprimendo, ogni singola persona, la vita della comunità.

Walter Veltroni scrive con lentezza e precisione, scrive con un linguaggio semplice, scrive bene. E’ memoria colta, è ricordo istruito: ogni ginocchio sbucciato richiama un evento storico, in ogni gioco d’infanzia riconosco un pezzo d’Italia, ogni frequentazione racconta, anche, una pagina di storia pubblica.

Il respiro dei seicento lecci del Parco dei Daini offre, al nostro autore, la possibilità di fare pace con il passato faticoso, con la morte prematura e inaccettabile del suo papà: l’essere umano possiede il dono della reminiscenza, per divenire consapevole.

La serenità che traspare da ogni pagina è concessa, oltre che dal lavoro di consapevolezza personale, anche dalla sicurezza sociale raggiunta dall’autore. Riconosco il privilegio di scrivere i propri ricordi perché tutto il resto è a posto, i figli, la pensione, il lavoro, la casa. Ma, davvero, a sessant’anni, gli uomini e le donne, oggi, possono godersi i luoghi e i particolari senza gli affanni del quotidiano che preoccupa? “Il silenzio è il privilegio di chi ha il tempo per stare insieme”(p.165).

La scrittura di Veltroni è poetica e dolce e, confermo, sono “le parole, la cosa più bella della vita”(p.69). Godo dello spazio bianco nelle pagine scritte, dell’aria fra le righe, del respiro ampio degli scenari, della sapienza, del sapor nelle confessioni.

“La madre è il qui e ora e sempre, il padre è l’altrove. Il padre è la testimonianza, il modello, un’idea di ciò che è giusto. Il padre è poster da contemplare e totem da abbattere. Il padre e la sorgente dell’eredità, è l’autorità da cui trarre il senso di giustizia e l’autorità da contestare. La nostra è diventata una società di fratelli, orfana di padri.”p.86

Intuisco l’influenza della prospettiva teorica di Massimo Recalcati: avrei preferito che Veltroni raccontasse il cammino libero della propria coscienza, senza letture adattate che rischiano di togliere autenticità e di aggiungere una misura e una visione obbligate e ristrette dell’esperienza. Apprezzo Veltroni quando si libera dell’adattamento e della versione della vita politicamente corretta.

Rimangono, pericolosamente urgenti, i problemi legati alle ideologie, ai fascismi, al ricambio generazionale, ma questi, parola di psicologa, sono altri discorsi, fra il sé e la genitorialità.

“Mi piacciono gli esseri umani che, per uscire dal labirinto, usano le risorse del genio e della fantasia. Mi piacciono quelli che rischiano di bruciarsi ma non vivono sbattendo annoiati contro le pareti del labirinto. E ho sempre amato le persone che cercano la via d’uscita con la propria testa e non seguendo manuali già scritti. Apprezzo, più di quanto abbia mostrato, gli irregolari: quelli che sembrano avere una bussola impazzita in mano ma sono in realtà rabdomanti, mossi nel loro cammino da vibrazioni che vai a capire se vengono dal loro istinto o dalla presunzione dell’acqua.”pp.205/6

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