Narrativa italiana Racconti Viaggi. Racconti mediterranei
 

Viaggi. Racconti mediterranei Viaggi. Racconti mediterranei

Viaggi. Racconti mediterranei

Letteratura italiana


Laura Vargiu pubblica una nuova raccolta di racconti dedicati al viaggio (reale, concreto, o anche immaginario) nelle atmosfere del “sud del mondo”. Un tema, questo, particolarmente caro a chi scrive, sempre attenta alle sensibilità e alle problematiche dei cosiddetti “ultimi”, di coloro che sono messi a dura prova dalle vicende di una Storia quasi sempre avara di gratificazioni, e che spesso chiede addirittura i sacrifici più alti. Laura Vargiu, però, non scivola nel pietismo, nel buonismo più o meno di facciata; al contrario, da osservatrice particolarmente sensibile qual è, registra le emozioni profonde e individuali che tracciano i percorsi personali ma anche collettivi. Va sottolineata con forza anche la sua vicinanza al mondo arabo, così che quest’opera diventa una preziosissima occasione per avvicinarci concretamente ad un mondo che la maggior parte degli occidentali continua a vedere solo attraverso la lente deformata del luogo comune.



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Viaggi. Racconti mediterranei 2017-08-31 20:16:58 siti
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siti Opinione inserita da siti    31 Agosto, 2017
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PERIPLO MEDITERRANEO

Conoscenza diretta di luoghi e culture traspare da questa raccolta di racconti, secondo lavoro editoriale della scrittrice sarda Laura Vargiu. Il primo di essi richiama subito Ibn Battouta , uno dei più grandi viaggiatori di tutti i tempi, marocchino del XIV secolo sconosciuto a chi ha studiato la storia in prospettiva eurocentrica e conosce a malapena Marco Polo; entrambi hanno lasciato le loro corrispondenze dall’estero. Così parlava di sé il viaggiatore di Tangeri: « Sono partito da solo, senza compagni con cui potessi vivere a stretto contatto, senza una carovana di cui potessi fare parte; era come se fossi spinto da un forte impulso dentro di me e dal desiderio nascosto nel mio cuore di visitare quegli illustri santuari. Quindi decisi di separami dai miei cari, donne e uomini, e abbandonai la mia casa come gli uccelli abbandonano i loro nidi. Mio padre e mia madre erano ancora vivi. Mi rassegnai a separarmi da loro, e questo fu per me come per loro causa di dolore. »
Il viaggio dunque al centro di queste brevi narrazioni, sintetiche ed efficaci come nel lavoro d’esordio della sarda. L’omonimo di Ibn Battouta in una Tangeri moderna , dilaniata dal profano orizzonte costellato di antenne televisive, sogna anch’egli la partenza, il riscatto chissà se il suo sogno sarà più forte delle sue radici, della sua appartenenza. Talvolta (“La partenza”) il partire è segnato da un destino di guerra non voluto né cercato, né bagagli né mete certe attendono i soldati destinati ai campi di prigionia dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia. Si passerà il mare, l’Africa attende. Andate e ritorni tra le sponde di uno storico e triste e melmoso bacino: oggi galleggiano altre esistenze, gaudenti in imbarcazioni di lusso, piangenti e moriture sbalzate da un misero legno sovraccarico. Bello anche il terzo racconto (“Frontiera”) nel quale la precarietà dell’esistenza è segnata da un passaggio di confine , estremamente regolamentato, sospetto, pericoloso laddove il desiderio di chi viaggia è solo viaggiare, conoscere, capire. Ma si può capire la guerra?
Altre volte la partenza può essere ostacolata da eventi imprevedibili che ingabbiano le persone permettendo loro però di conoscere meglio la realtà nella quale vivevano da stranieri, è il caso di “ Giovanni Azzolini, nativo di Felino, piccolo centro nel Parmense, inviò ai familiari l’ultima lettera dall’Algeria, dove era emigrato per lavoro, comunicando loro di essere in partenza per la Francia e promettendo di scrivere il prima possibile” ma di lui non si seppe più nulla; gli regala un destino di umana comprensione e accettazione mista a nostalgia per la patria il racconto alle sue vicende ispirato.
Tra i racconti spiccano anche delle epistole e non a caso: una richiama il viaggio infinito di chi è costretto a migrare e tenta di assimilare una cultura diversa dalla sua per permanere in un Paese ospitante che lo ripudia come cittadino e lo condanna all’eremitaggio perpetuo, viaggio infinito appunto alla ricerca di una convivenza che chi ospita non ha l’intelligenza di elaborare. Un’altra, molto interessante, è di un bambino egiziano che immigrato in Italia si rivolge ai suoi coetanei parlando loro del Natale, dimostrando di conoscere i riti cristiani perché già condivisi nel suo Paese natale con l’amico cristiano copto. Affida alla lettera una semplice richiesta: né telefoni cellulari, né giochi elettronici solo che sparisca la crisi economica che potrebbe togliere il lavoro al padre.
La dimensione del viaggio assume poi i contorni teneri quando sono i bambini ad agognarlo semplicemente per far ritorno ai loro Paesi d’origine anche se solo per le vacanze (“Emigranti”) o quando ancora diventa un modo per ritrovare se stessi e rimanere fedeli alla propria anima (“Il ciclista palombaro” , “Bosa”).
Le narrazioni si alternano in una piacevole lettura in passaggi temporali che permettono di ricordare episodi significativi e taciuti di infiniti drammi umani legati al secondo conflitto mondiale o ancora di riemergere nelle difficoltà del presente quando protagoniste sono giovani ragazze, acculturate ma disilluse da una precarietà esistenziale la cui cifra più alta si specchia nella precarietà lavorativa o in rapporti interpersonali difficoltosi.
A conclusione un’estrema partenza, quella di una nonna tanto amata.
Sto scoprendo una narratrice di talento, pochi tocchi capaci di toccare l’animo, se fossi in lei tenterei un romanzo di ambientazione contemporanea, ne sarebbe sicuramente capace, sulla scia di alcuni suoi racconti contenuti in questa raccolta; molti di essi sono stati premiati del resto …

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