Terra d'acque. Novara, la pianura, il riso
Letteratura italiana
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Purtroppo deludente
Quando si prende in mano questo libro le aspettative sono molte e a ciò contribuiscono la bella copertina, con un fotogramma tratto dal film “Riso amaro”, e la presentazione che calca la mano sul fatto che uno scrittore, un grande scrittore, nel raccontare di se stesso, parla dei luoghi che gli sono più cari, di Novara e della sua provincia, in cui ha dimorato per molti anni, una terra d’acque, caratterizzata dalla coltura intensiva del riso che, per l’appunto, per crescere ha bisogno d’acqua. Se ciò che ci si attende con la lettura ha la parvenza di essere di notevole interesse, tuttavia si rivela nella realtà poca cosa; sì, si parla di questa zona del Piemonte, di alcuni suoi personaggi, ma l’opera appare più come un puzzle voluto dall’editore e non dall’autore. Infatti, nulla è stato creato apposta da Vassalli con questo scopo, ma il libro è il risultato di articoli e di brani di suoi romanzi pubblicati nel corso del tempo. A chi ha letto e apprezzato La Chimera e Cuore di pietra poco interessa la parte dedicata alla città e ai suoi dintorni nei primi anni del seicento, perché già conosce questi passi e anche perché queste estrapolazioni paiono avulse dallo scopo dell’opera, che non procede secondo una struttura ben definita, anche perchè pescando qua e là è inevitabile una certa disomogeneità. É pur vero che l’editore ricorre anche ad articoli pubblicati su quotidiani nazionali, di cui è un chiaro esempio quello sul “Caccetta”, ma sembra messo lì più per riempire pagine che per essere inquadrato in un contesto logico. E a proposito di questo personaggio, Giovan Battista Caccia, detto il Caccetta, un Don Rodrigo del XVI secolo, tanto da far nascere l’ipotesi che a lui si sia ispirato Manzoni per i suoi Promessi sposi, la vicenda potrebbe essere di grande interesse, ma non con la penna di Vassalli, a cui manca quell’ironia di cui la trama e il personaggio avrebbero bisogno, così che appare quasi a titolo di notizia, mentre in altre mani avrebbe potuto uscirne un racconto delizioso. Non giovano poi all’opera le numerose fotografie che finiscono con il rubare spazio - oppure malignamente si potrebbe dire che vi sopperiscono - alla creatività dell’autore.
La lettura, senza un preciso filo comune, con materiale eterogeneo, finisce così con il diventare poco gradevole, correndo anche il rischio di arrivare in fondo per inerzia. Pure il discorso su quel che era la civiltà contadina manca dei necessari approfondimenti, così che non se ne sa più di prima.
Insomma, penso che si possa comprendere la mia delusione, tanto più che Sebastiano Vassalli è uno degli autori che prediligo, ma non mi sento di fargliene una colpa, perché, come ho già detto, l’opera pare più frutto dell’editore che dell’autore. Comunque, se la lettura non é consigliata per chi ha già letto diversi libri di Vassalli, può esserlo invece per chi, per la prima volta, intende accostarsi a questo narratore e ciò in forza delle pagine ove sono riportate appunto parti di La chimera e di Cuore di pietra.
Indicazioni utili
- sì
- no