Tempo curvo a Krems
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Tempo, dove fuggi?
"Parole- di chi, di altri, di nessuno; le parole sono come l'aria e le stagioni, non appartengono ad alcuno. Gran confusione, troppo grande per la piccola testa che la contiene."
Una grande e duplice sfida quella di Claudio Magris: da un lato c'è lui che cerca di ordinare e mettere nero su bianco le sue idee sull'eternità, sull'incomprensibile Tempo, e dall'altra parte c'è il lettore che deve impegnarsi a seguirlo, a meno che non scatti una immediata intuizione ed empatia con l'autore. Il Tempo è un tema molto ricorrente nella letteratura perché ricorrente nei nostri pensieri, nella nostra quotidianità, il Tempo ci detta la vita a suon di tic-tac e ci ossessiona nel nostro tentativo di conoscerlo, fermarlo, prolungarlo, ma per quanto possiamo sforzarci non ne verremo mai a capo di una sua conoscenza oggettiva, universale. In fin dei conti il tempo lo abbiamo inventato noi, siamo noi che gli abbiamo dato unità di misurazione e funziona nella nostra terza dimensione, ma quando ci sforziamo di capirlo a livelli superiori, tutto il nostro sapere al riguardo non ci è più utile e si sbriciola ogni nostra fragile certezza.
Sono moltissimi i libri che si occupano dell'argomento e tra quelli da me conosciuti e ritenuti molto concentrati e con una buona, esaustiva e chiara argomentazione sono "La montagna incantata" di Thomas Mann e "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust. Li nomino perché scrivere sul Tempo non è facile, non è facile dare una forma chiara e comprensibile ad un argomento così misterioso e complesso e nello stesso tempo offrirci anche una piacevole lettura poetica e filosofica, e per me i due libri sopramenzionati ci sono riusciti. "Tempo curvo a Krems" un po' meno, fortunatamente è un libro breve, 88 pagine di lettura perciò nonostante la difficoltà, la sua brevità lo alleggerisce e lo rende abbastanza accessibile ai lettori in generale e non solo a quelli interessati particolarmente sull'argomento.
Nonostante sia una raccolta di cinque racconti, è molto compatto per via del filo comune che li unisce: il Tempo visto da chi ne ha fatto di strada attraverso di esso "prendendosi sempre più anni e cose sulle spalle, come un attaccapanni sempre più carico". Ognuno dei cinque personaggi dei racconti si trovano ad un dato momento nel tramonto della loro vita a indagare sulla strada percorsa fin lì e su come sono ora, su come erano, cosa li ha trasformati e il Tempo rappresenta l'elemento fondamentale. Ognuno di essi da una prospettiva diversa, c'è chi si sente leggero "si toglieva dalle tasche le pietre raccolte in tanti anni" perché "adesso il mondo era un cane che non poteva più morderlo ma si metteva a correre e a giocare con lui" e c'è invece chi è pieno di rimpianti e tristezza. Sono racconti intensi, che in poche pagine e in un battito di ciglia offre al lettore una fotografia istantanea del vissuto di ogni personaggio, vissuto che è fondamentale poi sulle riflessioni fatte sul Tempo. Chi è arrivato sereno al tramonto è anche colui cha ha vissuto una vita bella, circondato da agi e fatto tutto a suo tempo e nei migliore dei modi, ottenuto grandi risultati con pochi sforzi e un pizzico di furbizia nel "saper fare". Chi invece è arrivato amareggiato è anche colui che ha vissuto gli orrori della guerra e dello sterminio degli ebrei. E c'è anche uno scrittore, con un vissuto culturale e quindi la sua riflessione non può che essere la più scientifica e filosofica per così dire, anzi forse prevale più il lato scientifico cercando di esporre la teoria della curvatura spazio-tempo nel racconto "Tempo curvo a Krems", che da anche il titolo alla raccolta. Questo è il racconto che mi è piaciuto meno, nonostante la situazione descritta sia bizzarra e comica allo stesso tempo sono molto impegnative le riflessioni che fa e la descrizione quasi accademica della teoria menzionata poco fa toglie molto dal piacere della lettura e si fa fatica a comprenderlo e qui mi riallaccio al discorso di prima sui libri di Mann e Proust che nonostante siano impegnativi sono riusciti a modellare in modo armonioso e comprensibile la prosa mentre quella di Magris a tratti risulta essere spigolosa, impenetrabile e questo toglie molto dalla piacevolezza della lettura. Il mio racconto preferito invece è il primo, "Il custode".
Difficoltà a parte, che comunque gli fa onore, i racconti sono scritti con una prosa forbita, poetica e colta, che profuma di classico e quindi di eleganza, bellezza e forse immortalità.
"Sempre mentitore, perché mette in ordine ciò che non ha e non può - non deve?- avere ordine: gli anni, i minuti, le storie, le gocce di pioggia, il frangersi di un'onda, la pelle liscia e la pelle vizza."