Sono incazzato come una belva
Letteratura italiana
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Riascoltare una bella canzone
Comicità surreale in bilico tra eccessiva grossolanità e sferzante critica sociale, scene da tutti i giorni stiracchiate oltre il limite del credibile per evidenziare i difetti dell' uomo medio e improvvise considerazioni sulla vita che si librano per qualche istante a specchio della nostra coscienza per poi essere abbattute con micidiale precisione dal godibilissimo umorismo di cui l'autore è maestro; il tutto condito da un alone di nostalgica tristezza che come vuole la grande tradizione della commedia (Chaplin, Buster Keaton, fino ai più recenti Gene Wilder, Woody Allen e perfino Bill Murray) s'accorda così bene ai tempi comici dell'eroe/antieroe alle prese con problemi che lui stesso, per sua stessa indole, rende irrisolvibili.
Questo è in sostanza "Sono incazzato come una belva" di Paolo Villaggio, un libro divertente, a tratti profondo e sensibile, a tratti abilmente sfacciato, eppure un libro fondamentalmente prevedibile. E non è un caso che per recensirlo si chiamino in causa alcuni grandi della cinematografia poichè come per tutti gli aspetti positivi anche la sua previdibilità è inscindibilmente legata a quella. É questo infatti ne più ne meno un prodotto di quella cinematografia, o meglio un prodotto di quel filone comico, appunto intimo e grossolano, che ha reso l'autore un protagonista della scena italiana negli ultimi cinquant'anni. Ma come si diceva se in quel suo rifarsi alla grande tradizione della commedia sta uno dei pregi del libro e dell'autore (anche il più serio e scettico concederà infatti che non sia per nulla facile trasportare su carta stampata l'immediatezza di certe scene senza perderne il diretto impatto visivo), qui sta anche il suo peggiore difetto, ovvero che il Nostro nel libro riesce sì abilmente a ricreare quella divertente atmosfera di crudele sottomissione che opera il Sistema nei confronti del protagonista tipica dei suoi film, ma ad essa si mantiene costantemente, si vincola e, per quanti sforzi sembri fare, davvero non riesce a superarla, non riesce andare oltre.
Intendiamoci non è un'opera limitata la sua, un'opera che delude il lettore, anzi è l'esatto opposto, a parte qualche sporadica trovata è esattamente come ci si aspetta che sia: è un insieme dei pensieri e delle considerazioni che siamo soliti sentir dire dal suo personaggio. Il problema però è che è solo questo! È un interessante e a tratti intimo viaggio nell'introspettività di un personaggio, ma solo di un personaggio, non della brillante mente che l'ha creato. E proprio come per i suoi fillm, che sono stati divertenti, affascinanti, e al tempo persino innovativi, ma che se eccedevano nella ripetizione rischiavano di sfociare nella banalità (andiamo dai, ammeterete che gli ultimi non avevano la stessa forza dei primi!) anche in questo libro, non riuscendo proprio l'autore a staccarsi da quel ruolo, rischia di abbandonare l'amabile e leggera atmosfera da parodia del vivere moderno e sforare nel rancoroso accanimento di un uomo nei confronti di un mondo privo di logica, giustizia e umanità.
Forse per dare un giudizio obiettivo a quest' opera andrebbe analizzata decontestualizzata, come cioè operà a se stante, fintamente immemori che di fatto i contenuti sono pressapoco identici a quelli dei suoi film, ma per fare una cosa del genere occorrerebbe prima porsi una domanda: se il suo autore non si fosse chiamato Paolo Villaggio e se Paolo Villaggio non fosse mai stato Paolo Villaggio, qualcuno l'avrebbe mai pubblicata?
Probabilmente no. Certo, sarebbe stato un vero peccato, poichè, in un mondo parallelo che non l'avesse mai conosciuto, non pubblicare "Sono incazzato..." sarebbe equivalso a privare la disumana umanità di uno strumento per osservarsi allo specchio, per cogliere i propri difetti e non da ultimo per farsi una sana risata, ma tant'è: nessuno probabilmente l'avrebbe mai pubblicato, perchè senza quella "adeguata premessa" di cinquant'anni di cinema e televisione un lettore che incuriosito dal titolo avesse incominciato a sfogliarne le pagine, non avrebbe saputo come considerarlo, come definirlo e in buona sostanza come leggerlo.
Quello di "Sono incazzato come una belva" in somma è un fenomeno particolare, si autoalimenta di ciò che in realtà lo distrugge: se non fosse per la notorietà dell'autore non avrebbe senso, eppure è proprio per quella notorietà che tende a perdere di significato!
Ribadisco, in realtà è un libro, libretto (lo si finisce in un'ora buona), più che valido, ma esattamente come per la canzone preferita che se riascoltata costantemente già alla terza volta comincia ad annoiare, anche questo, tende irrimediabilmente a stancare, dunque a svalutarsi e, in un impeto di fantozziana memoria, a sottomettersi alle centinaia, se non migliaia, di opere ben più importanti e innovative.