Se Steve Jobs fosse nato a Napoli
Letteratura italiana
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Amaro amore
Antonio Menna non ha colpe, non me ne voglia per questo mio sfogo. Ma leggere il libro per me è stato frustrante.
Andate a pagina 4. C'è scritto, tra gli altri comuni, Marano. Però! Una città di 60.000 anime citata in due libri. Questo e Gomorra. Una di quelle anime, mio malgrado, sono io: vivo qui da 29 anni e scapperei da Marano, da Napoli e dall'Italia oggi stesso.
Ho sentito dire che Napoli è una contraddizione, io più volte ho detto che "Napoli è splendida, ma senza Napoletani". Il problema a Napoli siamo proprio noi, i cittadini. Perciò mi arrabbio con Saviano e con Menna. Perché, anche se in maniera diversa, denunciano la nostra realtà, i nostri limiti, le nostre colpe. E solo in pochi, pochissimi, cercano di cambiare in meglio. Connivenza a Napoli. Attenzione, non convivenza. Si finge che il problema non esista, che non riguardi noi. Vivo a 400 metri dalla "Discarica di Chiaiano", basta cercare su Google per capire di cosa parlo. Quando si parlava di una discarica a Pianura i miei concittadini erano disinteressati, assenti. Quando le autorità dello Stato sono venuti a piazzarci sotto casa la munnezza sono diventati tutti Masaniello, a protestare e a fare rappresaglie. Le vicissitudini a cui devono far fronte i due Stefano sono la normalità. La normalità è pagare il parcheggiatore abusivo per "stare quieti", comprare i cd falsi, non fare lo scontrino e non richiedere la fattura, chiudere un occhio nei controlli in cambio di un regalo, lavorare a nero.
Ovviamente, esistono le eccezioni. Ma è sconfortante vivere a Napoli. È sconfortante avere un'idea e non poterla mettere in pratica, come lo Steve Jobs nostrano. È sconfortante leggere di crisi economica e vedere esauriti i biglietti in curva per Napoli-Chelsea a 50 euro. È sconfortante sapere di non poter cambiare niente.
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Il camorrista
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'A mela
Questa mattina leggendo il giornale ho fatto un salto sulla sedia, "caspita!",mi son detto, "è proprio vero, spesso la realtà supera la fantasia!" Sul Mattino del 4 febbraio 2012 c'era l'articolo di una giornalista Diletta Capissi dal titolo "Il Computer sulla nuvola" dove veniva illustrata la storia di un quarantenne napoletano Fabio Cecaro che con la sua società la VMengine,ma soprattutto con la sua idea la" Cloud Computing" aveva ottenuto un importante riconoscimento dall'Amazon Web Services Solution Provider.In sintesi "Cluod Computing" rappresenta un'idea innovativa, un server fisico che ne simula altri cento facendo risparmiare tanti soldi alle aziende.Ho pensato subito al testo di Antonio Menna "Se Steve Jobs fosse nato a Napoli" dove due ragazzi dei Quartieri Spagnoli, Stefano Lavori (Steve Jobs in "americano") genio dei computer che vive facendo il venditore ambulante e Stafano Vozzini (Steve Wozniak in "americano") studente in architettura inventano un computer innovativo nel loro garage, anzi nella loro grotta di tufo sotto i quartieri, e cercano
disperatamente i finanziamenti per mettere su il business che possa "scassare", renderli ricchi!
Ma Napoli, non è la California, Steve Jobs orfano siriano trovò Mika Markkula,un ricco industriale che ebbe il coraggio di finanziare le sue idee. I due "Steve" napoletani fra direttori di banca,commercialisti e una miriade di faccendieri che campano sui cosiddetti finanziamenti europei ed altro, di soldi non ne vedranno neanche l'ombra e allora, che fare? Pino Aprile nella prefazione al libro cita l'economista e Premio Nobel Amartya Sen: "le qualità personali sono necessarie , ma non sufficienti,perchè un uomo è quel che le circostanze gli consentono di essere", che cosa vuol dire ? Che chi nasce a Napoli non ha speranze?
Il romanzo di Menna ha la capacità di fotografare la sconfortante situazione dei giovani lavoratori napoletani,offre una speranza che la realtà,non la fantasia, ha confermato.
Sì, se Steve Jobs fosse nato a Napoli avrebbe inventato la Apple e non sarebbe stato "un pacco",il segreto è non arrendersi alle circostanze, ai pregiudizi alla rassegnazione.