Se la casa è vuota
Letteratura italiana
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Infanzia tradita
I primi anni di vita sono cruciali per ogni infante, perché in quel periodo si viene ad avviare la formazione della personalità, a cui contribuiscono in modo determinante i genitori con l’educazione e la cura dei piccoli; però non è che l’inizio e anno dopo anno, fino più o meno alla maturità, si sviluppa quello che sarà l’uomo di domani, con i suoi pregi e con i suoi difetti, in parte innati, in parte dovuti alle attenzioni e agli insegnamenti ricevuti. E’ quindi evidente che la famiglia riveste un ruolo primario tanto che nel nostro diritto ci sono tutta una serie di norme a tutela del minore. Non è certo facile per un genitore educare, ma è un dovere a cui dovrebbe di buon grado assoggettarsi in quanto il futuro del figlio e/o o della figlia dipende molto dalla passione, dall’entusiasmo, dall’esempio con cui si allevano e, a parte i casi particolari di individui che nascono con determinate caratteristiche che li rendono insensibili a qualsiasi forma di istruzione, è certo che l’uomo di domani è anche il frutto di questa quotidiana e attenta attività.
Il troppo amore o il troppo poco amore, il cattivo esempio finiscono così con l’incidere profondamente questa personalità in formazione, con reazioni a volte anche violente che il genitore per lo più si rifiuta di comprendere.
Questo tema della famiglia e dell’allevamento dei figli deve essere particolarmente sentito da Isabella Bossi Fedrigotti, tanto che ha pensato di scrivere un libro, in pratica sei storie di bambini che, per un motivo o per l’altro, non hanno avuto un’infanzia equilibrata e felice, al punto da marcare indelebilmente le loro vite. In verità le vicende sono sette, perché all’inizio c’è anche quella personale dell’autrice, una sorta di confessione, il tentativo di liberarsi da un peso che trascinava fin dalla più tenera età.
Sono storie varie e a un certo punto è logico chiedersi se siano vere, e ciò è logico, tanto che il libro presenta un ultimo capitoletto intitolato La solitudine dei nostri figli in cui l’autrice ci fornisce la risposta, laddove dice “ Vengono, come la maggioranza delle mie storie, dalla realtà, viste, ascoltate, indovinate. Sono tutte quante, compresa la prima, rigorosamente inventate dal vero, nel senso che pur essendo reali sono rielaborate dalla fantasia come è inevitabile che sia per un’opera di narrativa, tanto che nessun bambino o ex bambino riuscirebbe a riconoscersi in uno di questi personaggi e forse nemmeno io nel racconto dell’introduzione.”. Sta di fatto che la fantasia non ha scalfito realtà in cui non ci sono bimbi seviziati, ma povere creature che diventano o preda ossessiva di genitori che da loro si aspettano ciò che non hanno avuto, o che vengono fatti sentire di peso, come degli incomodi. Sono storie raccontate con mano lieve e tanta tenerezza, come se Isabella Bossi Fedrigotti intendesse in un certo modo dimostrare quel giusto affetto che non hanno avuto. E in questo è veramente brava, perché non ci sono né asetticità, né passione, in un equilibrio raro che l’autrice trova nell’amore per i suoi personaggi. Come sempre la scrittura è piana, mai affaticante, così che la lettura risulta facile e gradevole, anche se rimane dentro una spina nel cuore, pensando a Pietro e alla separazione dei suoi genitori, oppure a Paolina, a cui la vita ha inferto solo ferite.
La lettura è ovviamente consigliata, anche se ci si chiede quanti Pietro e Paolina ci siano, quanti bambini si trovino spaesati in una famiglia, quanta sia la sofferenza di queste piccole creature che si porteranno appresso per tutta la vita.
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6 ragazzi
La scrittrice in questo testo, con una delicatezza ed una profondità encomiabile, mette in risalto le storie e soprattutto la crescita sia psicologica che corporale di 6 ragazzi(Lorenzo,Annalisa,Paolina,Francesco,Carlo,Pietro)apparentemente diversissimi uno dall'altro/a, invece accomunati tutti da un unico desiderio: la paura di restare da soli e quindi scelte conseguenti a questi timori.
Non voglio star qui a raccontarvi passo per passo le caratteristiche di ogni storia affrontata, qualcosina che mi ha colpito più di tutte la voleva analizzare ed estrapolare.
A mio parere l'autrice mette subito in chiaro e fa la differenza tra le famiglie di qualche decennio fa e quelle di adesso; magari prima lo spazio, e la voglia , di ospitare in casa zii,nonni etc era più comune, adesso non è per niente così.
Un altro msg chiaro che arriva dal testo è che non sia proprio idilliaco lasciare da soli in casa ragazzini di 10 ,11 anni per troppo tempo; a tal proposito una delle 6 storie, quella di Francesco, parla proprio di questo tema.
Francesco adolescente con una voglia di vivere pazzesca, che è il vanto di mamma e papà, che sa commuoversi per un bimbo che chiede l'elemosina e allo stesso tempo non si tira indietro di un millimetro se c'è da aiutare i genitori in lavori domestici pesanti, Francesco che fa sport e che è un campione di judo, Francesco che è adorato dalal sorellina a cui concede attenzioni e coccole, i genitori di Francesco(molto in gamba) che pensano: vabbeh non sarà un genio a scuola ma è la voglia di vivere fatta persona e a noi va bene così. Incredibilmente anche un ragazzo del genere, cresciuto da genitori non ansiosi e apprensivi finisce in un buco nero, che sapete qual è?...Quello in cui dobbiamo stare attenti tutti noi che(adesso, ora, in questo momento)frequentiamo la rete. Francesco non è più capace di staccarsi dal cmp, sia per quanto riguarda giochini di ruolo(quelli di guerra) che spezzoni di film porno. Queste cose lo svuotano e gli tolgono tutta la sua frenesia, d'altronde un ragazzo di 14/15 anni non ha i mezzi psicologici per fare fronte a valanghe di input che gl arrivano così, gratis, a portata di clic. Questo è un monito importantissimo da tenere in assoluta considerazione.
Molto toccanti anche le storie di Lorenzo, e i suoi urlati e disperati "Non voglio" e di Paolina che finisce a vivere per strada, infagottata e arrabbiata.
Brava Fedrigotti
libro intenso
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Solitudine e silenzio
Trovo veramente difficile recensire questo libro.
Mi sono chiesta il perché un paio di volte, e alla fine ho trovato la risposta: perché non sono un genitore.
Isabella, con uno stile scorrevole e incisivo, ci schiaffa in faccia la realtà ed è uno schiaffo che fa male: ci descrive storie vere, di bambini, ragazzi con una difficile situazione familiare e con gravi disagi psicologici.
Isabella sottolinea soprattutto il tema dell’incomunicabilità: tema molto caro nel Novecento, e a quanto pare, non solo.
I ragazzi che Isabella descrive sono ragazzi che non riescono ad esprimersi né ad aprirsi. Sono ragazzi che non riescono ad affrontare i propri genitori e che non riescono a risolvere i propri problemi.
Sono ragazzi che tutti noi conosciamo, perché, bene o male, ognuno ha i propri problemi: chi più gravi, chi meno; chi riesce a superarli, chi invece non ce la fa da solo.
La solitudine è un’altra tematica che Isabella ci fa toccare con mano; con la sua guida, ci immergeremo in essa e vedremo, in fondo a quel nero abisso, la più profonda desolazione dell’animo.
Perché non solo questi ragazzi, i ragazzi di oggi, non riescono a comunicare; ma si sentono anche soli, abbandonati.
E si sentono abbandonati soprattutto dai genitori.
Isabella infatti descrive, nella maggior parte di questi racconti, genitori egoisti che non riescono a vedere le necessità dei propri figli perché guardano solamente alle proprie.
Un libro toccante, che sicuramente può aiutarci a guardare più profondamente chi ci circonda e che può aiutare i genitori a scavare meglio dentro i propri figli.