Quasi niente
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
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E' tutto niente ragazzi, è tutto niente.
Due uomini si incontrano in questo libro, e si parlano.
Mauro Corona e Luigi Maieron, il primo scrittore e l'altro musicista.
Ciò che li accomuna e fa da collante alla loro amicizia domina ed occupa interamente la copertina del libro: la montagna, avvolta nel candore della neve, la cui bianca monotonia è interrotta solo da impronte, orme di piedi dirette verso l'alto, in salita.
Perchè quella montagna, il Col Nudo, la punta più alta delle Prealpi venete, è sempre stata dinanzi ai loro occhi sin dall'infanzia: sono cresciuti alla sua ombra, affascinati dalla sua imponenza e rapiti da quella vetta meravigliosa.
Inevitabile cedere al richiamo di quella scalata, un'impresa necessaria nonostante il rischio, malgrado i pericoli, per inseguire un sogno: raggiungere la vetta significava scoprire un mistero, 'Cosa c'era lassù? La luce del primo mattino, il vuoto, il cielo'.
Ma sono tante le storie da raccontare, non solo storie di scalatori e di imprese ai limiti del possibile ma soprattutto storie di vita quotidiana, di uomini e donne dalla tempra più dura della roccia carsica, gente povera, semplice, montanari, la cui esistenza è stata esemplare perchè ricca di quei valori e virtù così rari nella società di oggi.
E' la montagna che si racconta attraverso le storie dei suoi abitanti e tenta di educarci alla vita, al reale valore della vita, attraverso le parole dei due autori.
Ed è bellissimo ascoltarla, perchè si esprime con parole semplici, intrise di saggezza popolare, con parole che lasciano il segno, che pesano nell'anima e si fanno sentire senza dissolversi come fumo.
Racconta di donne caparbie, coraggiose, che seppur schiacciate dalla violenza fisica e psicologica di una mentalità gretta e fortemente misogina hanno saputo opporsi trasformando la disperazione in una silenziosa e dignitosa reazione.
Racconta di uomini che non si sono arresi quando il destino li ha privati di tutto; uomini che non hanno comunque rinunciato alla vita ma si sono aggrappati ad essa, con le unghie, guadagnando giorno dopo giorno la risalita, imparando ad apprezzare la ricchezza delle piccole cose.
Perchè è vero: "Si può vivere con poco, quasi niente, considerando quel poco quasi troppo."
E' un modo di pensare in forte contrapposizione alla tendenza attuale che esalta l'io, che sottomette "l'etica del fare all'estetica dell'apparire"; viviamo in un mondo in cui tutti vogliono primeggiare, in cui tutti hanno bisogno di sopraffare gli altri per sentirsi gratificati creando inevitabilmente rancori, invidie e nemici.
"Tutti i malanni dell'era moderna sono generati da trappole che ci vengono imposte e che in qualche modo accettiamo di assecondare. La trappola dell'amore, la trappola del desiderio, della ricchezza, del successo. In pratica la trappola dell'apparire: se ci vengono a mancare queste cose cadiamo annientati."
Bisognerebbe invece imparare ad arrivare secondi, imparare 'ad accordare il proprio comportamento con quanto batte nel proprio cuore' e non con quello che piace agli occhi degli altri, bisognerebbe imparare a difendere la propria posizione piuttosto che conquistare posti nella classifica del 'più', il più bello, il più potente, il più ricco.
Questa è la filosofia di vita che la montagna vuole trasmetterci, fatta di concetti semplici e non pensieri astrusi e contorti, come quelli dei grandi pensatori di oggi che non riescono ad aiutare il prossimo con ciò che dicono e che predicano solo per vanità e successo.
"Se parti per un viaggio non darti aspettative, vai e basta; se ami una persona non aspettarti per forza la ricevuta di ritorno. E' tutto precario e provvisorio, la vita è questa. Ed è anche la sua meraviglia, ma possiamo vederla soltanto uscendo dalla grotta del nostro narcisismo, del pensare che tutto ci sia dovuto."
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Se tuto gnènt
Se tuto gnènt ( è tutto niente) sono queste le parole di un uomo, Mario Rigoni Stern che, ormai prossimo alla morte, redarguiva la moglie la quale tentava di tenere viva la fiammella della vita mostrandogli le copertine per le nuove edizioni delle sue opere. Queste parole vengono prese in prestito da Mauro Corona che, dialogando con Luigi Maieron, altro friulano dedito però alla musica, le usa per sintetizzare una filosofia di vita, raggiunta faticosamente e ancora in divenire, in questo lavoro editoriale che altro non fa se non cristallizzare una buona chiacchierata con un amico.
E di cosa si può parlare con un amico se non delle proprie comuni radici? Per poi arrivare pian piano a parlare delle nostre esperienze di vita a partire dal ruolo avuto dai nostri genitori, del nostro carattere, delle storie che abbiamo sentito e di cui ci siamo nutriti, o ancora della Storia che si è affacciata alla nostra storia minima e immancabilmente della nostra terra.
Veniamo così a conoscere due vissuti interessanti che si intrecciano con la storia locale coprendo l’arco temporale di due generazioni per assistere al deturpamento della bellezza montana, al lento declinare di saldi principi morali che aiutavano i giovani a venir su senza tante lagne e poi, da adulti a stare in piedi, senza tacere però le brutture che caratterizzavano quella società patriarcale e violenta, in molti casi. Si inneggia ai sogni , al valore della vulnerabilità, a quella che attualmente chiamiamo intelligenza emotiva, alla lealtà, alla libertà, all’essenzialità e all’ appartenenza sociale, chimere oggi in un mondo che pare avviarsi in direzione opposta.
Le pagine scorrono veloci e in alcuni tratti ripetitive per cui si rischia prima della metà di perdere interesse nei loro confronti, in ogni caso si prosegue con la curiosità di sapere se ci sarà qualche altro gustoso aneddoto che potrà ridestarci. Così avviene, fra alti e bassi. Piacevole e scorrevole, nulla di più.
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Sincerità e senso di appartenenza
Dal confronto tra Mauro Corona (scrittore, alpinista e scultore) e Luigi Maieron (musicista e scrittore) amici friulani, amanti della montagna, della natura e della “cultura del fare”, nasce questo testo che è un compendio di pensieri, citazioni e aneddoti che ci fanno rivivere il gusto delle storie narrate attorno al focolare e delle canzoni d'autore accompagnate dal suono della fisarmonica.
Otto capitoli che vedono alternarsi due voci su argomenti comuni: i rapporti tra le persone, il perdono, la sconfitta, il senso della vita, l'educazione dei giovani.
Corona e Maieron si esprimono con semplicità, spesso citando parole o proverbi in dialetto, lingua che meglio “esprime pensieri legati al reale”. Tra una riflessione e l'altra raccontano le vicende, divenute leggendarie, della loro gente, persone di cui non è rimasta traccia nei libri, ma che hanno ancora molto da insegnare. Storie di donne coraggiose e tenaci come Anna che, dopo aver percorso chilometri nella neve per raggiungere il marito in Carinzia, reagisce all'umiliazione del tradimento con il silenzio, sfilandosi la fede nuziale e tornando al paese dai suoi figli. Storie di uomini mutilati nel corpo, ma non nello spirito che hanno continuato a suonare, a lavorare, a godersi la vita anche se privati di un dito o dell'intera mano; storie di giovani fucilati in tempo di guerra, accusati di tradimento, vittime innocenti della cieca stupidità degli uomini.
Coinvolgenti gli accenni autobiografici dei due autori: Corona racconta in più occasioni di suo padre, uomo violento e molto autoritario che spesso ha definito il figlio un fallito; alla luce dei ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza, lo scrittore rilegge la sua vita come una reazione alle umiliazioni subite e l'alcolismo di cui è stato vittima come una fuga sbagliata dalla sofferenza. A questo argomento ribatte l'amico Maieron affermando che la fuga va trovata in una passione che, indipendentemente dai risultati, possa riempire l'esistenza e lenire il dolore. Maieron a tal proposito cita la storia di sua madre quando, appena sedicenne, rimase incinta di un uomo già sposato, giunto in Friuli per lavoro. La ragazza affrontò con coraggio una gravidanza indesiderata e invisa alla gente del posto e con orgoglio perseguì la sua passione, la musica, portandosi il piccolo Luigi in motocicletta durante le serate. Il dolore non si può evitare, aiuta a crescere e “le lacrime servono ad asciugarci gli occhi per poi vederci meglio” ci ricorda Maieron citando il motto preferito di sua madre: “preferisco una sconfitta alle mie condizioni a una vittoria alle condizioni degli altri”.
Corona e Maieron guardano con sospetto ad una società in cui ai giovani vengono risparmiate le fatiche e ci mettono in allerta rispetto ad un'educazione che elargisce troppe gratificazioni; gli autori invitano i genitori di oggi a non aver paura di sottoporre i bambini alle difficoltà, perché è dalle prove che emerge il carattere. La critica più accesa è però rivolta alla frenesia di un mondo proiettato al successo individuale, al primeggiare per sentirsi elogiati ed invidiati dagli altri in una comunità ormai costituita per la maggior parte da persone fragili incapaci di reagire alle sconfitte.
“Qui c'è tutto quello che mi serve, quasi niente” afferma Corona riferendosi al suo rifugio di montagna, “un angolino dell'anima dove nascondersi. Nascondersi un po' da tutto, dalla gente, dal paese, dagli amici, trovare il tempo per ricordare e riflettere” (Mauro Corona, p. 150)
“Oggi si muove un nuovo concetto di minoranza (…) uomini e donne che sentono il bisogno di accordare il proprio comportamento con quanto batte nel loro cuore (…). Si accontentano di poco, quasi niente, e mettono sincerità e senso di appartenenza al primo posto” (Luigi Maieron, p. 155)
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Storie di sconfitti vittoriosi
"Bisogna creare spazio. Dentro di noi. Solo così possiamo produrre un cambiamento."
Quasi niente è un libro che profuma di vita, quella vera, vissuta, tramandata, quella che ti insegna a colpi di sconfitte a scoprire chi siamo, e ad accettarlo. Perché in fondo quello che è importante è ciò che siamo, nell'intimo della nostra anima, non ciò che appare di noi agli altri.
Questo libro è un dialogo tra due amici, Mauro Corona e Luigi Maieron, ma in realtà noi siamo li con loro, seduti tra quelle vallate che avanziamo con loro nella scalata della montagna. Ognuno di noi ha una montagna, simbolica o meno, da scalare e attraverso i loro racconti (storie vere) ci caliamo in noi stessi, perchè in ognuno dei personaggi citati e delle loro vite, possiamo ritrovare aspetti del nostro vivere quotidiano.
Sono storie che ai nostri tempi, alle nostre generazioni, non piace raccontare, storie di sconfitte, storie di dolore, temi forti, crudi e crudeli, la guerra, la violenza domestica, la disillusione dei sentimenti, storie di uomini che attraverso il dolore fisico e la privazione di una parte del corpo, in epoche dove il progresso scientifico non esisteva, diventavano più dotati di prima, ingegnosi e caparbi.
Sono storie di sconfitti che sconfitti non sono, perchè gli sconfitti siamo noi che abbiamo "tutto" e non apprezziamo niente. Il messaggio è che "tante volte siamo indotti a pensare che per essere qualcuno dobbiamo fare qualcosa di grande. Ma quando costruiamo troppo intorno alla nostra persona c'è il rischio reale che restiamo chiusi e imprigionati nella costruzione. ...Costruisci un personaggio e finisci per essere quella roba lì".
La vita, come questo libro, ci dice che ogni cosa ci accade, bella o brutta, va accolta, accettata, conosciuta e poi oltrepassata, che restare immobili vuol dire morire...bisogna continuare la salita, ad ogni costo. Solo così possiamo arrivare a vivere, vivere davvero e fare diventare il quasi niente, il tutto.
Due frasi mi hanno accompagnato lungo questa chiacchierata:
"Uno dei segreti per respirare meglio è non accumulare negatività nel nostro cuore";
"Ho imparato a pensare che in molti casi le lacrime servono ad asciugarsi gli occhi per poi vederci meglio...si cresce insomma passando anche dal dolore e dalla sofferenza".
Ed è proprio questo che dovremmo tutti un pò reimparare, che la vita non è fatta solo di primi posti, ma soprattutto di sconfitte e sono quelle che ci rendono veri.
Grazie Mauro e grazie Luigi. C'è molto di voi in questo libro, ma c'è anche molto di me.