Pugni
Letteratura italiana
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Maturazione
Tre racconti, intitolati rispettivamente “Boxe”, “Cavalli” e “La scimmia”, compongono “Pugni” seconda opera firmata Pietro Grossi. E se nel primo episodio narrato effettivamente si parla di Boxe, si descrivono i combattimenti tra due giovani che non fanno altro che scontrarsi nella diversità per riscoprirsi uguali, per riscoprirsi accomunati dalla medesima ricerca; nei successivi comprendiamo quanto quel titolo possa essere, ad una prima analisi fuorviante, e, ad una più approfondita, rivelatore di quello è l’intero senso della raccolta.
Grossi, infatti, ci invita a riflettere su quei pugni che la vita ci riserva, su quegli ostacoli che fanno parte della quotidianità, su quelle difficoltà che siamo chiamati a superare, su quegli scalini che siamo chiamati a salire, per raggiungere il nostro equilibrio, la nostra maturità, semplicemente per crescere. Di fatto, ciascun protagonista è accomunato da quel grande denominatore comune: la ricerca di sé, la ricerca della propria strada.
Non solo. Ogni racconto è caratterizzato anche da quel confronto tra “mondo esterno” e “mondo interiore”, confronto necessario per raggiungere la propria completezza. Al tutto si somma una penna veritiera, contraddistinta da elementi concreti, tangibili, tanto nelle espressioni linguistiche quanto nelle ambientazioni. Lo stile narrativo adottato è altresì diretto, ironico, e avvalorato dalla presenza di qualche intercalare fiorentina che non fa che rendere ancora più realistico il componimento.
Innegabile la maturazione dell’autore che già in “Touché” si era dimostrato piacevole e degno di nota.
«Mi resi conto d’un tratto che eravamo della stessa razza, due ragazzetti sfigati emarginati che lottavano per la vita, per quel brandello quadrato e sporco di realtà in cui le cose andavano come dovevano e tutto si rimetteva insieme. E d’un tratto una parte di me capì che nessuno dei due avrebbe potuto vincere, che entrambi non avevamo che da perdere» p. 58
«Finito l’incontro riprese tutto più o meno come prima: mi alzavo, andavo a scuola, studiavo, prendevo bei voti. Tutto però era a suo modo diverso. Tutto da un momento all’altro era vero. Forse è questo che vuol dire crescere, rendersi conto di come stanno davvero le cose. Se ci pensi è tanto affascinante quanto triste, e per quanto sai che non potresti vivere altrimenti, lo dici ugualmente con una vena di malinconia» p. 70
«C’è chi il coltello lo usa per uccidere e chi per affettarsi una mela. Lo stesso coltello, e tutto ciò che c’è nel mezzo, è il mondo diverso per ognuno di noi» p. 90