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Letteratura italiana

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Questo libro, pubblicato da Landolfi nel 1954, contiene alcuni fra i suoi più celebrati racconti fantastici, come La moglie di Gogol’ o Lettere dalla provincia. Ma, con somma sprezzatura, Landolfi ha mescolato queste formidabili, e insieme esilaranti e sinistre invenzioni narrative, a una serie di schizzi, per lo più riferiti alla sua giovinezza ipocondriaca e vissuta col diverso passo di una formidabile e straniante intelligenza. Chiude il libro la sezione intitolata «Commiato», una sequenza di miniature dove la prosa raggiunge d’improvviso un lucore madreperlaceo, mallarmeano («Parole sorgevano, s’incarnavano e lentamente tramontavano, sull’equoreo orizzonte, contro il cielo perso»). Una forma così sconcertante può essere ricondotta, come indicò Calvino, al gesto di chi «sperpera le sue puntate d’un colpo o le ritira bruscamente dal tavolo col gesto allucinato del giocatore». Al tempo stesso, al lettore di oggi potrà presentarsi il legittimo sospetto che sia proprio tale composizione frastagliata e caparbiamente sconnessa a far sì che risalti sempre sulla pagina, con inquietante nettezza, il timbro inconfondibile di Landolfi, la sua superba malinconia, la vocazione a corteggiare, sotto ogni aspetto, «la fumosa stella del naufragio».



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Ombre 2019-03-23 18:31:56 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    23 Marzo, 2019
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Un intelligente gioco malinconico

Eclettico e proteiforme, Tommaso Landolfi è stato uno scrittore sfuggente, lontano dalle linee letterarie dell’Italia del secolo scorso, alle prese con una scrittura che si sforza di dare forma a un estro vivace, a un gusto raffinato, a una intelligenza brillante. L’aspetto più distintivo nello stile di Landolfi non è la scelta accuratissima del lessico, l’aristocratico uso del vocabolario, ma lo spiccato senso del gioco, l’uso divertente di ogni espediente narrativo, di ogni artificio barocco. Il giocoso in Landolfi si esprime nel tono surreale dei racconti, ma anche nella continua variazione di genere, dal surrealista, al malinconico, dal resoconto biografico al nitore puro delle forme più essenziali.

Nello specifico Ombre si divide in tre sezioni: la prima, e anche più interessante, raccoglie alcuni racconti dello scrittore, tra cui almeno tre o quattro notevoli, tra cui Autunno, un dialogo nonsense che apre la raccolta, ma che è invero una dichiarazione poetica sulla forza evocativa delle parole, del suono puro. Segue La moglie di Gogol, capolavoro eccentrico, straniante, misterioso e divertito, in cui il famoso scrittore è alle prese con una donna che è in realtà una bambola gonfiabile adornata a piacimento dello stesso. Ancora, Lettere dalla provincia, in cui una peste sonnolenta condanna a un letargo senza appello la popolazione di una città periferica e ancora il racconto simbolico, dai toni dionisiaci, La beccaccia. La seconda parte è invece una raccolta di articoli per riveste di vario genere, scritti da Landolfi nel corso degli anni, che spaziano dal vizio del gioco, cui lo scrittore era devoto, ai ricordi d’infanzia, passando per considerazioni varie ed eventuali, non sempre all’altezza del libro. Chiude infine la raccolta, la piccola parte “Commiato”, in cui la penna si innalza al lirismo e accarezza la poesia ermetica.

Volendo dare un giudizio globale, Ombre raccoglie pezzi di notevole bravure e fascino, alternati ad altri brani meno significativi e, se posso dire, dimenticabili. Non che la scrittura perda attrattività, lo stile è sempre notevole, ma gli argomenti finiscono per risultare piccole memorie aneddotiche, a volte narrate, per stessa ammissione dell’autore, per puro gusto di raccontare. Interessante anche il carteggio tra Landolfi e l’editore che, a cura di Idolina Landolfi, figlia dello scrittore, chiude il libro, capace di dare un’idea del temperamento non certo facile di un autore che, anche se non nella sua prova migliore, meriterebbe certo più attenzione.

Per gli interessanti, è da poco uscita una riedizione di “A caso”, libro con cui Landolfi vinse il premio Strega nel 1975.

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