Niente, più niente al mondo
Letteratura italiana
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Grigio
Grigio. Grigio e' il colore del cielo senza pioggia, quando e' privo di allegria e basta.
Grigio. Grigio e' il colore dello schermo di una tv spenta. Ma anche accesa, ormai.
Grigio. Grigio e' il colore della vita attraverso il filtro dell'insoddisfazione. Ma anche delle false speranze, effettivamente.
Grigio. Grigio sono io, che ho appena terminato questo racconto e sono senza parole, davvero.
Un piccolo libro dalla scrittura semplice e lineare senza artifizi nella forma.
Così come artifizio non c'e' in questa comune famiglia torinese: insicurezza economica, pochi soldi, discount, mobili a rate. Le piccole incombenze quotidiane possono trasformarsi in un mostro tragico, quando lasciamo che sul treno della disperazione si obliteri il nostro biglietto solo andata.
In un monologo asciutto, breve ma spiazzante Carlotto ci pone di fronte al discorrere di una donna ormai inchiodata al suo crocefisso ricoperto di plastica antigraffio e sanguinante di vermouth , le parole lacerate dalle spine di una rosa orfana dei suoi petali da ormai troppo tempo.
Di una moglie e di una madre che forse per disperazione o forse per debolezza o forse per entrambe le cose, perde la ragione.
Incombe sornione e ammaliatore ma con zanne affilate lo spettro per nulla etereo della televisione spazzatura, disgustoso mercante di grotte di Ali Baba inopinatamente prive della parola magica per sbloccarne la serratura.
Soldi facili, puliti o sporchi, bye bye moralita' l'importante e' luccicare...scappa bambina mia dal grigio, guarda lì che meraviglia : si muore un po' per poter vivere.
Fosse solo un romanzo, si potrebbe dimenticare dopo qualche ora.
Ma aprite un quotidiano qualunque e sentite vibrare il suono ormai non piu' ovattato della disperazione di tanti, il tintinnare urlato e stonato dei nuovi valori, le note acute e insopportabili della dissolutezza che porta impunita al potere .
E per un momento almeno, niente piu' niente al mondo vi sembrera' cosi' inquietante come questo piccolo libro. E grigio sia, per chi non vuole ascoltare.
Buona lettura.
never again
Che storia.....!!! così assurda, così imprevedibile, così strana che........è talmente reale da sembrare essere scritta su di un quotidiano piuttosto che nelle pagine in un libro.
Carlotto, come al solito, ti travolge con un fiume di parole, di emozioni, di pensieri e di emozioni che non ti lasciano scampo, non ti lasciano respirare o pensare. Con questo suo modo di raccontare "storie", descrive il vissuto di una donna della periferia di Torino, ormai vinta dalla vita, da questa vita piena di sacrifici, problemi insormontabili, crisi economica e di sentimenti. Una donna che lavora sodo per aiutare la famiglia, aiutare un marito vinto dalla vita ancor più di lei, che affoga nel vermut le sue pene. Una donna alle prese con una figlia ribelle (un po' come tutti i figli) che lei vorrebbe 'buttare' nel mondo della tv per assicurarle un futuro migliore del suo. Sconvolgente eppure così reale e radicato nel presente, questo modo di pensare.......!
E poi.....succede.
E come dice 'gracy', ascoltare 'il cielo in una stanza' non sarà più come prima.
A termine di questa breve lettura mi è rimasto un forte senso di angoscia, tristezza e forte sapore amaro in bocca. Un bicchiere di vermut ci starebbe proprio bene...........
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Niente, più niente al mondo.....
“Io vedo il cielo sopra noi
Che restiamo qui
Abbandonati
Come se non ci fosse più
Niente, più niente al mondo….”
Ascoltare “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli da questo momento non sarà più lo stesso. Credo che mi verranno subito gli occhi lucidi, perché penserò “alla mia bambina” a quella bambina che ha pagato il prezzo del disagio economico, sociale dell’epoca in cui viviamo, perché storie come queste ormai tappezzano a dismisura la cronaca italiana ed è l’unico fenomeno che non conosce crisi. Lui disoccupato, lei colf a ore e una figlia che si ribella.
Credo di aver letto in apnea il più bel monologo della mia vita, mi avevano consigliato di leggerlo quando non avrei avuto pensieri spiacevoli per la testa e così è stato, ma non è bastato a lenire lo strazio e l’angoscia che mi ha invaso con prepotenza, Carlotto sa essere dissacrante e violento ma questa volta ha raddoppiato la dose, perché ha racchiuso la morte dell’anima in troppe poche pagine ed è riuscito a far smontare un rapporto madre-figlia in così poco tempo e con una lucidità precisa e tagliente, ma questa è una prerogativa che lui detiene e che come al solito riesce a colpire e in profondità.
“Ora niente, più niente al mondo rimetterà a posto le cose.”
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I DISAGI DELLA NOSTRA SOCIETA'
Avete presente Verga?
Certo che sì, come si può non averlo presente.
Ecco, “Niente più niente al mondo” può sembrare, per molti versi, una tipica novella verghiana.
Con un lungo ed estenuante monologo, Carlotto vuole dipingere il disagio della nostra società: la povertà, la solitudine, la paura dello straniero, il consumismo che porta all’infelicità, il tentativo della scalata sociale che – come in Verga – va irrimediabilmente fallito.
A parlare è una donna oramai di mezza età, che vive nella periferia di Torino e fa la colf per guadagnare pochi spiccioli, con i quali deve mandare avanti la famiglia: un marito, e una figlia adolescente.
Una donna che si sente sola e che non ha più niente, e che vorrebbe che il destino della figlia fosse diverso dal suo.
Ma la figlia si vede con un ragazzo straniero – “quei maledetti, ci rubano il lavoro” ( peccato però che a raccogliere i pomodori nei campi gli italiani non ci vogliono andare, per forza poi che ci vanno gli stranieri) e non vuole saperne di provare ad andare in tivù, come invece vorrebbe la madre.
Un libretto di poche pagine, ma con un messaggio estremamente enorme: un piccolo campanello d’allarme, per avvertirci che la vita non è tutta rose e fiori come ci piace pensare, ma che la nostra società è colma di problemi che purtroppo non vengono risolti.