Nessuna più. Quaranta scrittori contro il femminicidio
Recensione della Redazione QLibri
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Questa non può essere una semplice recensione, non può rappresentare una facile esposizione di un'opinione, non può essere un libro da liquidare velocemente...ma quante riflessioni ci conduce a fare?
Quaranta tra autrici e soprattutto autori, perchè soprattutto autori? Perchè questi quaranta scrittori cercano di narrare attraverso dei racconti brevi il femminicidio... quindi complimenti agli autori maschi che non sono rimasti insensibili al problema. Perchè scrivo "cercano di narrare"? Perchè solo la realtà può essere più cruda e vera della narrazione.
Sono un uomo e leggendo queste pagine mi sono vergognato, spaventato, terrorizzato perchè noi, gli esseri del mio genere si possa compiere azioni, inscenare pensieri e pronunciare parole che uccidano trucidando sia fisicamente che psicologicamente e moralmente la donna.
Si. io, uomo che moltissme volte alzo la voce per nulla, insulto gratuitamente la mia compagna, levo contro di lei la mia mano, tanto poi mi dirò: è una cosa normale è come quando si comincia con il fumo o le droghe o l'alcol, chi se ne frega tanto smetto quando voglio...aaah che amara delusione, uomo, maschio, macho, aaah non credere di essere così forte perchè se così fosse non avresti bisogno di usare violenza sotto tutte le forme per importi sulla femmina, sulla donna, sulla moglie, sulla figlia, sull'amante, sulla prostituta o semplicemente su di una sconosciuta.
Questo libro mi ha fatto riflettere tanto, molto, troppo e mi sono chiesto, ma tutto ciò perchè? Chi è il forte davvero? Come si può guardare, ascoltare, toccare, usare, violare una donna, così?
Inutili moralismi...si inutili perchè la realtà ci riconduce a delle statistiche di stragi da guerra...e quante altre vittime sommerse abbiamo in giro che devono ancora denunciare i loro aguzzini, e quante invece sciolte nell'acido, bruciate vive o morte, quante murate, quante seppellite o annegate che saranno custodite dalla natura, quella madre natura che genera santi, martiri, beati, giusti ed allo stesso tempo assassini, violenti, uomini deboli che cercano di sopraffare le loro debolezze solo riuscendo a piegare con la violenza le donne, si quelle donne che per taluni sono le responsabili delle stesse violenze da loro subite!!!
Un' opera da leggere non perchè è scritta bene, non perchè attira il lettore in storie ben congeniate, non perchè si tratti di un'antologia di racconti realizzati da penne del calibro di De Giovanni, Vichi, Bilotti, Novelli e Zarini, Oliva, Berselli, Morozzi o Raul Montanari e mi perdonino tutti gli altri per non averli citati, chiedo venia... Questa raccolta di racconti va letta perchè parla di un cancro della società, di un brutto male silenzioso come un serpente, che rompe le ossa come una tenaglia, che ferma il respiro come un pugno allo stomaco, che brucia come fuoco ed acido sulla pelle, che ammorba irrimediabilmente il sangue come un veleno, che soffoca come una mano sul collo, che semplicemente uccide donne, quelle donne che potrebbero essere le nostre madri, le nostre compagne, le nostre figlie, le nostre amiche o semplicemente femmine.
Buona lettura a tutti e complimenti particolari alla Dottoressa Bruzzone per aver sensibilizzato l'iniziativa ed al Telefono Rosa per il contributo d'aiuto e sostegno alle vittime. Ricordo che i proventi dell'opera saranno devoluti al Telefono Rosa.
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Syd
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Contro il femminicidio
Gli atti di violenza di cui sono vittime le donne e in particolare gli omicidi hanno assunto nel nostro paese una dimensione preoccupante, tanto che si impone la necessità di analizzare il fenomeno e le sue cause, in particolarmente l’analisi psico-sociologica degli uomini che li commettono, e ciò per arginare il fenomeno, se non addirittura per risolverlo alla radice.
Si assiste infatti a un andamento involutivo che porta il maschio a considerare la propria compagna un semplice oggetto di sua proprietà, su cui sfogare le proprie frustrazioni e su cui imporsi solo con la forza.
Marilù Oliva, scrittrice bolognese, si è fatta portavoce di questa ormai indifferibile esigenza, coinvolgendo altri 39 narratori, e curando l’edizione per Elliot di un’antologia di trentotto racconti che hanno per tema la violenza sulle donne.
Se il fil rouge obbligato consente di avere un’uniformità di svolgimenti, presenta tuttavia il limite dato da una certa ripetitività che a volte può stancare, anche se fra gli autori chiamati in causa ce ne sono alcuni assai famosi. Insomma, il tema è unico, mentre il modo di svolgerlo dovrebbe essere alquanto diverso da lavoro a lavoro, e in parte lo è, presentando tuttavia sovente una comunanza di stesura che non giova di certo alla gradevolezza della lettura.
Non è così, per fortuna, per tutti i racconti, poiché per alcuni l’idea e la realizzazione presentano originalità che non possono non passare inosservate e che conferiscono valore a questo libro.
Mi riferisco a Chiara, di Andrea Cotti, un interrogatorio di un uomo che ha ucciso la moglie in stato interessante, in cui si passa dal freddo rigore procedurale all’emozione di un Pubblico Ministero donna che pure lei è incinta. La scrittura è misurata, mai enfatica, composta con un tono di distacco che non solo non banalizza, ma che accresce la valenza di una trama che ha una sua spiccata originalità.
Di grande effetto poi, nella testimonianza “postuma” della vittima, è Pensieri sull’acqua, di Andrea Novelli e Gianpaolo Zarini; ben scritto, appare come un flash back nel flash back, ma senza che ci siano cadute e appesantimenti in quella che finisce con il diventare una bella prova di stile.
Che dire, poi, di Ciao mamma, di Marco Proietti Mancini? E’ l’allucinante resoconto della violenza sessuale subita da due donne, poi brutalmente uccise, raccontata in prima persona da una delle vittime, come una lettera di addio alla mamma; sa alternare momenti brutali ad altri toccanti, in un raro e perfetto equilibrio.
E poi c’è un racconto che è quello che più mi ha colpito per l’originalità, per le felici intuizioni e perché l’autore ha saputo evitare inutili retoriche, tanto che, pur non essendo strappalacrime, muove a una sofferta commozione. Il brano s’intitola Lettera a Laura, di Milvia Comastri, una lettera mai spedita, uno sfogo di chi l’ha stilata per un’amica che ha lasciato, pure lei vittima di un uomo, questo nostro mondo. Di più non dico, ma invito a leggerla, come invito a leggere anche l’intera antologia, perché le notizie di violenze che appaiono sui giornali ci restituiscono solo volti anonimi, ci descrivono il dopo, il ritrovamento del cadavere, magari con un accenno alla vita tormentata della vittima; qui ci è dato di conoscere il prima, l’angoscia, i nervi a pezzi, la disperazione, un lungo e crudele calvario di cui la morte è solo l’atto finale e forse liberatorio da un’esistenza che non è vita.