Mutandine di chiffon
Letteratura italiana
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Mutandine di chiffon
Smentendo titolo e sottotitolo (‘Memorie retribuite’) questo libro non è un’autobiografia e non contiene nulla di pruriginoso. La loro combinazione mostra invece , sin dalla copertina, l’umorismo sottile – nato nel riservato Piemonte e sviluppatosi con accenni britannici – del suo autore, una vita passata sui due fronti dell’editoria, quello della casa editrice e quello del romanziere, quest’ultimo ruolo giocato soprattutto in compagnia dell’amico Franco Lucentini. Il libro non è un racconto strutturato, ma una raccolta e risistemazione di articoli, piccoli saggi o prefazioni scritti nel corso degli anni per le più svariate pubblicazioni (da cui il ‘retribuite’) mentre l’intimo femminile si fa protagonista nel ricordo di una vecchia canzonetta e del suo (presunto) autore. Episodio assai divertente e che ben rappresenta il tono dell’iuntero volume, con lo scrittore che getta uno sguardo sorridente sul suo passato regalando una lettura certo non fondamentale ma estremamente rilassante e capace di alleggerire l’animo. Riusciti in modo particolare paiono la rievocazione di una adolescenza vissuta da sfollato sulle colline astigiane, dove si radica in lui la passione per i libri, il ritratto dell’amico Lucentini o quella specie di contrastato elogio alla famiglia che, quasi in conclusione, offre i migliori fra i passaggi di una comunque funzionale comicità: va sottolineato peroò che, più che agli affetti familiari, a Fruttero riesce (o interessa) l’esaltazione dell’amicizia. Ecco così la lunga serie di figure a lui vicine che occupa la parte centrale del volume, con tocchi di viva commozione per chi se ne è andato troppo presto, come nella sentita rievocazione dell’assassinio di Carlo Casalegno: è vero che, a lungo andare, ne esce il ritratto di un piccolo circolo di intellettuali che si muove tra Einaudi e Mondadori bastando un po’ a se stesso (però si parla di gente del calibro di Calvino e Soldati, tanto per fare due esempi) ma la leggera e sovente autorironica narrazione dell’autore – che procede tranquilla per poi accelerare in improvvisi elenchi che affastellano oggetti o particolari – fa scorrere le pagine senza intoppi. Uomo d’intelligenza acuta e stile brillante – con qualche sbandata verso la leziosità – Fruttero rievoca la sua vita come quella di un letterato a tutto tondo e si sente che ne è assai soddisfatto: se sono altri i libri con cui avvicinarsi alla sua opera, qui ci si ritrova volentieri immersi in un ambiente e in un’epoca perduti per sempre (come tutte quelle passate, del resto, avrebbe chiosato lui sorridendo).
Indicazioni utili
Memorie di un letterato
«Gli amici senza dubbio si muovono, seguono la loro via, si rendono ridicoli, sbagliano, perdono pezzi, spariscono per lunghi periodi; ma per me, ai miei occhi, la loro vera essenza è l’immutabilità, una sorta di persistenza naturale come di albero, di isola o di tempio greco, se vogliamo. Non è questione di lealtà, fedeltà, confidenza, affinità o altro. Stanno lì, ci sono comunque, li ritrovi anche al buio». Questa è una delle più belle definizioni dell’amicizia che io abbia letto. A scriverla Carlo Fruttero che, assieme a Franco Lucentini, ha costituito un famosissimo duo di giallisti. Ora, questa autobiografia si legge con enorme piacere e ci si rende conto del fatto che l’argomento chiave di molte di queste memorie è proprio l’amicizia. Fruttero ci parla della sua infanzia, le avventure giovanili in un castello piemontese, le scelte culturali e lavorative, tutto arricchito dalle sue personali considerazioni su ogni cosa; su tutto l’autore ha una sua precisa opinione e ce la suggerisce senza retorica. Ma la parte più importante del libro è, senza dubbio, rappresentata dai suoi rapporti con gli amici, quelli di una vita intera e quelli che lo hanno accompagnato solo per poco; amici famosi e non: letterati, editori, tutte le favolose persone che hanno lasciato un segno, Pietro Citati, Mario Soldati, il libraio Femore, Italo Calvino, ma anche tutti quelli che lo hanno aiutato nel lavoro, che lo hanno sostenuto e gli hanno suggerito spunti e riflessioni. E poi lui, Lucentini, il compagno di un viaggio letterario di grandissima classe. Fruttero ripercorre con nostalgia e freddezza insieme le tappe del loro rapporto lavorativo e di amicizia. «E’ un candido autentico, e perciò irresistibile». L’autore si rammarica di non poter descrivere l’amico in maniera esauriente, non gli basterebbe un libro intero per far capire, davvero, chi fosse Lucentini, figuriamoci un semplice capitolo all’interno delle sue memorie. Ma il messaggio arriva lo stesso e, assieme a quella di Lucentini, emerge la figura di Carlo Fruttero, letterato ed uomo di cultura che vuole condividere un po’ della sua vita con noi, in modo semplice ed immediato. «La notorietà non è la gloria e non merita atteggiamenti fieri».