Le corna del diavolo e altri racconti
Letteratura italiana
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Non è solo una questione di corna
Nel 1976 a Piero Chiara venne l’idea di riunire in un unico volume dei racconti brevi scritti anni prima, alcuni dei quali già noti in quanto pubblicati sul Corriere della Sera.
Trovò anche il titolo, un po’ bizzarro in verita, “ O soffio dell’april “, che ha origine dal brano del Werther di Massenet intonato da un tenore che aveva perso la voce e la ritrova con un innamoramento, racconto questo inedito, in cui la consueta ironia dell’autore luinese appare stemperata dalla malinconia legata all’avanzare degli anni a cui più di un essere umano crede di porre rimedio con l’amore per donne assai giovani, un autentico pezzo di bravura che da solo vale l’intera raccolta. In esso si combinano il consueto stile sciolto e una ricchezza di fraseggio, un’opulenza letteraria che conferiscono allo scritto una patina dorata.
Tuttavia, molto probabilmente per esigenze commerciali, al titolo proposto da Chiara fu preferito quello di un altro racconto, pure facente parte della raccolta, in quanto Le corna del diavolo richiamano l’idea di chissà quali avventure boccacesche, che in effetti sono quasi sempre presenti nelle opere dell’autore, ma che poi, con il trascorrere del tempo, si sono molto affinate, lasciando immaginare al lettore, più che imponendogliele, scene erotiche, peraltro sempre descritte con invidiabile mano leggera e con un brio che muove più al sorriso che alla risata.
E infatti in Le corna del diavolo ci sono tradimenti, ma niente di particolare o che comunque faccia supporre le gesta di un grande amatore, ma non dirò altro per rispetto dei lettori.
In tutto si tratta di ventidue racconti, in genere di buona qualità, e di cui almeno quattro raggiungono vertici di eccellenza, fra i quali appunto O soffio dell’april.
Sono tutte narrazioni in parte di vita vissuta, pur se vista come proiezione della propria fantasia, e abbracciano uno spazio temporale piuttosto ampio, partendo dalla fine della prima guerra mondiale a un’epoca non esattamente definota, ma che si può intuire come i primi anni ’70.
In questo contesto spiccano tre racconti, fra i quali Una cattiva scelta non ha solo per tema una cornificazione, ma è un ritratto, particolarmente ironico, di come la fortuna sia cieca e di come si possa passare da una temuta sfortuna a una situazione di favorevole privilegio. Di notevole rilievo, come anche testimonianza storica, è La spagnola, quella febbre malsana che al termine del primo conflitto falcidiò l’Europa, nella descrizione qui di un Chiara che all’epoca non era di più di un bambino. In questo caso non si ride, si prende solo atto della testimonianza di uno che c’era e che non ne cancellò mai il ricordo.
E infine non posso non segnalare Il fico sull’incudine, una storia d’amore d’altri tempi, vissuta nel rispetto di chi potrebbe averne a soffrire, una prova di grande abilità dell’autore, perché lì non era per niente difficile cadere nella trappola della facile commozione e lui invece è riuscito a starne bene alla larga.
I protagonisti sono sempre figure con una spiccata personalità, personaggi che tuttavia la loro scomparsa avrebbe relegato nell’oblio e che invece Piero Chiara ha immortalato affinchè non se ne perdesse la memoria.
Nel complesso si tratta di una lettura assai piacevole e quindi senz’altro raccomandabile.