Narrativa italiana Racconti Lavoro da morire
 

Lavoro da morire Lavoro da morire

Lavoro da morire

Letteratura italiana

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La presentazione e le recensioni di "Lavoro da morire", opera pubblicata da Einaudi. Undici scrittori italiani raccontano un'Italia sfruttata. La letteratura di oggi, nel nostro paese, parla di lavoro molto poco, spesso solo tangenzialmente rispetto a temi sentiti piú stringenti, piú umanamente necessari, piú raccontabili forse. Quel «Vergogna!», che risuona nelle strade italiane ad ogni nuovo morto sul lavoro, ad ogni sciopero, ad ogni manifestazione di protesta contro discriminazioni e ingiustizie salariali e contrattuali, continua ad additare un male non risanato, un problema - sempre diverso eppure sempre presente - che non conosce soluzioni definitive. Questi racconti nascono dal bisogno di uscire dall'emergenza di fenomeni generali che di volta in volta si chiamano lavoro nero, disoccupazione, precarietà, morti bianche, per avvicinare l'orecchio a storie di vita ed esperienze professionali di donne e uomini che hanno lavorato, lavorano o vorrebbero farlo, che hanno da raccontare vicende minime di ordinario sopruso o, se si preferisce, di quotidiana fatica spesa a difendere diritti che con grande facilità finiscono calpestati. Questi undici racconti prendono spunto da storie individuali che altrettanti autori ci propongono tenendo viva una vocazione sociale nell'interpretare il mestiere di scrittore. Postfazione di Viviana Rosi.



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Lavoro da morire 2013-05-02 18:27:53 Robbie
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Robbie Opinione inserita da Robbie    02 Mag, 2013
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Buco nero tutto italiano...

“Lavoro da morire” è una serie di racconti, da parte di noti scrittori italiani, quali Avoledo, Bajani, Maraini, Murgia, ecc. sull'argomento lavoro. Alcune storie, tratte quasi tutte da episodi reali, mi sono piaciute nonostante la drammaticità di quanto raccontato, altre un po meno, forse anche per lo stile, quanto mai vario.

Si spazia dalla difficoltà di piccolissime imprese artigianali, alla giornata lavorativa di un disabile divenuto quale parte più debole, bersaglio da parte dei colleghi di lavoro, all'immigrato clandestino, all'improvvisa neo-mamma che è costretta a chiedere il part-time e viene considerata come un peso per la ditta, al capace dirigente di banca con l'Aids che alla prima assenza per malattia viene deresponsabilizzato e trasferito, all'incidente mortale sul lavoro, alle difficoltà di una badante ucraina che racconta la propria esperienza, a una giovane siciliana alla ricerca del miraggio di un posto fisso o almeno temporaneo a Bologna.

Tutte queste storie hanno però il grande pregio di far riflettere su situazioni che comunque potrebbero avvenire nel proprio percorso lavorativo o in quello altrui. Sorge spontanea la domanda: cosa avrei fatto io in quella situazione e come avrei reagito davanti a delle ingiustizie? E il mio modo di agire avrebbe cambiato qualcosa o solo portato ad un accentuarsi dello scontro con il datore di lavoro o con i colleghi? E che dire dei troppi incidenti in ambito lavorativo? Degli invalidi di cui si parla poco o nulla?

Quello affrontato dal libro è un tema di un'attualità incredibile, specialmente in questo periodo di crisi in cui pur di poter lavorare e percepire una paga si è disposti a sopportare ingiustizie tremende. Parlo del lavoro nero, spesso malpagato e sfruttato, all'assenza di misure di sicurezza o di investimenti atti a prevenire gli incidenti sul lavoro (se ti va bene è così, se no ne troviamo un altro...), al mancato intervento di coloro che dovrebbero proprio ora, nel momento più buio, della crisi lavorativa, intervenire e provvedere a far rispettare i diritti essenziali ed inviolabili del lavoratore. Ricordo loro e ai datori di lavoro che la Costituzione, all'articolo 1 e 4, recita: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.” “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” .

Questa è un'altra priorità impellente dell'Italia di oggi e una sfida per un futuro più equo e rispettoso, per non possedere più il triste primato in Europa degli incidenti mortali sul lavoro. Primato che accomuna purtroppo, in questa non invidiabile classifica, il nord, il centro e il sud.


“Tu sei morto per sbaglio, ma morire si muore sempre per sbaglio, nessuno è mai morto e aveva ragione.” (Andrea Bajani)

“Lui è l'anticorpo, non il virus. E' una cellula operaia, una sinapsi fondamentale per la trasmissione del pensiero aziendale. Quello che gli sta succedendo intorno, gli altri funzionari che si riuniscono senza di lui, i colleghi che fanno finta di non vederlo nel corridoio in pausa caffè, non è semplicemente possibile, perchè un organismo perfetto non si ribella contro le sue stesse parti, ma le cura e le ascolta per migliorarne le prestazioni.”
“E' una malattia telepatica, il mobbing, sono gli altri a decidere quando fartela venire. Esattamente come l'Aids, è una malattia da contatto umano, sospesa a metà tra l'invalidità civile e una civiltà invalida.” (Michela Murgia)

“E' il tono di chi (ferito a morte?), decide che il miglior modo di occuparsi dei morti è quello di dedicarsi ai feriti. Detta meglio: la nostra coscienza si sensibilizza meglio se dopo l'enfasi sulla tragedia, preventivamente e con una sorta di rigoroso impegno quotidiano, ci occupiamo di quelli che sono feriti e per questo non fanno notizia.” (Antonio Pascale)

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