Narrativa italiana Racconti La doppia vita dei numeri
 

La doppia vita dei numeri La doppia vita dei numeri

La doppia vita dei numeri

Letteratura italiana

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Fratello e sorella passano l'ultimo dell'anno assieme. Si scambiano faticosi ricordi, cenano, sotto gli occhi discreti di Italia, la domestica. Lui si augura che la sera si consumi velocemente, ma la sorella vuole che il rituale sia rispettato per intero. Con la tombola. E per la tombola appaiono i genitori. Solo così si può giocare.



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La doppia vita dei numeri 2013-01-07 15:50:25 Marisa
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Opinione inserita da Marisa    07 Gennaio, 2013

Un libretto delizioso

Questo libretto (69 pagine appena) mi è stato regalato per Natale da una cara amica cui avevo parlato positivamente della lettura estiva de "I pesci non chiudono gli occhi".
Più leggo De Luca e più mi rammarico del tempo perso senza averlo letto, di quanto sia mancata nel mio orizzonte librario la sua presenza.
La lettura di questo libriccino è la conferma che l’autore napoletano non riserva sorprese, non delude, ha sempre qualcosa da raccontare e lo fa con estrema piacevolezza. Anche la sua capacità di creare piccoli gioielli narrativi, senza dilungarsi in fronzoli retorici, è sicuramente una dote apprezzabile perché la lettura è gradevole e per nulla pesante. Ci ho impiegato 40 minuti per leggerlo tutto. Ideale per chi non ha troppo tempo e non vuole leggere “a rate” con il rischio di perdere il filo ogni volta.

A metà tra narrazione e teatro, tra Pirandello e il grande Eduardo De Filippo. Fin dall’incipit, ovvero dall’introduzione, De Luca non nasconde i suoi “maestri” e dà del teatro una delle più belle definizioni che io abbia mai letto:

«Il teatro è un racconto in cui scompare lo scrittore. Non può scrivere: “Era una bella notte di luna”. Lo deve dire uno dei personaggi. Gli avvenimenti sono raccontati e svolti dalle loro voci. Il teatro espelle il narratore dalla pagina, la parola passa in esclusiva a chi la pronuncia.» (pag. 9)

E dopo questo inizio pirandelliano, che ricorda i "Sei personaggi in cerca d’autore", De Luca esprime l’apprezzamento per il conterraneo De Filippo, pur prendendone, ma solo per umiltà, le distanze:

A che ne stanno i miei conti con Eduardo? In attivo per me, che resto suo incantato spettatore. Non ho presso di lui alcun termine di comparazione e accostamento: ammiro e basta. (ibidem, pag. 14)

Dopo l’introduzione, prende forma sulla carta un testo teatrale in tre parti con due soli protagonisti: un uomo e una donna, due fratelli tra cui domina la divergenza di carattere, due personaggi che nel testo non hanno nome ma vengono semplicemente identificati da un LUI e una LEI.

E’ la notte di Capodanno e in casa si prepara la cena, non un cenone bensì un semplice pasto preparato da LEI e a malavoglia consumato da LUI, è appena terminata. Fuori Napoli è in festa e già si prepara ai botti che accoglieranno l’anno nuovo.
Lui, guarda caso, è uno scrittore; schivo di carattere, avrebbe fatto volentieri a meno di quella cena e della compagnia della sorella. Guarda fuori dalla finestra ma preclude alla festa ogni possibilità di entrare nella sua serata di fine anno. Lei è petulante quanto basta, incapace di apprezzare la scontrosità del fratello che, effettivamente, fa a pugni con la gioiosa napoletanità famosa in tutto il mondo.
Rassegnata a passare il Capodanno con un fratello tutt’altro che socievole, LEI inizia a preparare la tombola, guardata con stupore da LUI che si chiede come si possa giocare a tombola in due. Ma la vera sorpresa sono proprio gli ospiti inattesi. Dai numeri della tombola nascono storie, alcune inventate altre animate dai ricordi, e personaggi che chiedono di avere una parte in questa recita di fine anno.

Dalla magia tutta napoletana della smorfia si crea un racconto stravagante e le premesse di una noiosa serata, contraddistinta dall’incomunicabilità, si allontanano per sempre, accompagnate dai botti che si sentono in lontananza.

La serata a due ben presto si anima di ricordi e presenze amate … quel proposito di “LEI: Non facciamo nessuna festa, passiamo la serata a chiacchierare fino a mezzanotte. La festa la fa la città. Resterà fuori dalla finestra” ( pagg. 34-35) viene meno grazie alla presenza di altri ospiti. Sarà questa la doppia vita dei numeri.

Lo stile di De Luca è semplice ma delicato. La paratassi che prende il sopravvento sull’ipotassi, la semplicità delle frasi corte e spezzate rendono la lettura veloce e piacevole. Non c’è quasi mai retorica in questo breve testo, la spontaneità ricorda lo stupore tutto pascoliano nel guardare il mondo con occhi di fanciullo.

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La doppia vita dei numeri 2012-12-14 04:20:54 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    14 Dicembre, 2012
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La doppia vita dei numeri – Commento di Bruno Elpi

Erri De Luca confeziona un testo teatrale in tre parti, con quattro personaggi (anzi cinque conteggiando Italia, la domestica passata a miglior vita, anzi sei considerando anche Napoli) in cerca d’autore.
Nell’introduzione l’autore tematizza le suggestioni che ispirano quest’opera breve: lo spirito, tutto napoletano, dell’ammuìna e della mimica, “la densità” della vita, la suggestione del teatro di Eduardo De Filippo.
Il soggetto che ne deriva è da interpretare, ma lo si può godere senza troppa “dietrologia”. Anche solo affidandosi al colore degli abbinamenti tra numeri della tombola e interpretazione della smorfia: “La tombola napoletana estrae insieme ai numeri anche una storia. E' il viaggio contrario a quello dei sogni, che da una storia venuta in sogno suggerisce i numeri da giocare al lotto”.
Quanto alla storia: alla vigilia di Capodanno due anziani fratelli (LEI e LUI) si ritrovano nella città partenopea pronta ad esplodere nei botti (“Non facciamo nessuna festa, passiamo la serata a chiacchierare fino a mezzanotte. La festa la fa la città. Resterà fuori dalla finestra”).
La serata è di tipo inerziale: “Niente ospiti, siediti. Facciamo un giro di tombola insieme a papà e mamma”. Però … però c’è un particolare non trascurabile: i genitori sono deceduti. Tuttavia “questa è la sera uno della loro presenza”. E puntualmente, mamma e papà si manifestano (“Sono giovani, vestiti anni cinquanta. Lei ha un cappellino dell’epoca, lui un cappello di paglia tipo panama”).
L’opera è un po’ ermetica. Forse, per essere compresa fino in fondo, richiede un retroterra di tradizione napoletana che a me manca. Per questo ha lasciato un vago senso di incompiuto a…

… Bruno Elpis

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