L'Italiano
Letteratura italiana
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Persone d'Italia
Per le sue opere, grazie a Sebastiano Vassalli, morto il 27 luglio scorso.
Era il 2007 e non gli credevo, leggevo ma pensavo fosse arrabbiato e senza soluzioni, triste e malmostoso. Adesso penso che Vassalli non abbia avuto bisogno di fare il simpatico e il positivo per forza, lui era sincero e studioso in maniera dura e disarmante. Era reale.
Giulio Bollati e Sebastiano Vassalli si dilettano a raccontarsi fatti e persone sotto l’albero dei cachi. Questi scambi sono, molti anni dopo, organizzati dal nostro autore in undici capitoli che compongono il romanzo L’Italiano. Ritrovo personaggi, eventi ed epoche storiche diverse che delineano un unico carattere nazionale che, in questo periodo, ritorna e mi tormenta.
Il doge, il prete, il commendatore, il padre della patria, il signor B.: copioni italiani perdenti perché potenti, uomini cialtroni, incompetenti, chiassosi, vili e sporcaccioni, condannati alla lallazione perpetua. Sfila una italianità piccola piccola: il pensiero corto, il respiro breve, la cultura leggera, il sorriso facile, la battuta risolutiva, compongono il quadro dell’homo italicus.
“Sei stato tenuto a balia per mille e cinquecento anni da una religione, e questo ha influito sul tuo carattere rendendolo infantile”p.140
Così, nel romanzo, il Padreterno condanna l’Italiano alla permanenza nel Limbo, sospeso a vagare in una patologia che non può venir meno perché regge la stessa identità.
Voglio ricominciare dal nono capitolo, da Sibilla Aleramo, impegnata e cocciuta, persa e consapevole nella storia con Dino Campana, nume tutelare di Vassalli che gli dedica La notte della cometa. Ricominciare dalla notte.
“L’Italia non è soltanto quel paese vecchio e sostanzialmente immobile di cui ti ho parlato: è anche due paesi in uno. C’è il Paese Legale, che è sotto gli occhi di tutti, e c’è il Paese Sommerso: il paese illegale, che tutti più o meno fanno finta di non vedere e che è più forte in alcune regioni e in alcune grandi città, e meno forte in altre regioni. Il Paese Sommerso ha le sue leggi, diverse da quelle del Paese Legale. Ha la sua politica (o le sue politiche) e ha la sua economia…”p.130-131
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Come siamo
Eravamo un popolo di santi, di poeti e di navigatori. Oggi, purtroppo, i primi si sono rarefatti, i secondi restano, ma un po’ in ombra, i terzi impattano contro gli scogli, assai noti, dell’isola del Giglio.
Ma come siamo veramente, insomma quali sono le autentiche caratteristiche dell’italiano?
Ne parla Vassalli in questo suo libro attraverso dei racconti, alcuni dei quali già noti, perché parte di precedenti romanzi. Per esempio “Il commendatore” e “Il padre della patria” sono parte integrante de Il cigno, un libro riuscitissimo sullo scandalo del Banco di Sicilia e sull’assassinio del commendatore Emanuele Notarbatolo, due brani, peraltro, di grande letteratura, con una stupenda descrizione di un Crispi ormai decrepito. Di vizi ne abbiamo tanti e sarebbe lungo elencarli tutti e mi limito perciò solo a citare l’opportunismo, la furbizia, il narcisismo, anche se mitigati dalla simpatia. Ce n’è uno, però, in cui eccelliamo ed è costituito dalla eccezionalità. Siamo convinti di essere speciali e, in quanto tali, che i nostri vizi caratteristici diventino pregi. Al riguardo nel libro c’è una storiellina, che lo apre e lo chiude, con Dio che, nel giorno del Giudizio Universale, chiama a sé i vari popoli per giudicarli. Si presentano così il cinese, l’arabo, insomma tutti; quando con voce ferma e forte chiama l’italiano, nessuno risponde, nessuno si porta al suo cospetto, anzi, isolato in mezzi a tutti, con fare sorpreso l’italiano dice” Chi, io?”. Indubbiamente si distingue con la sua individualità, la sua innata anarchia. E così mentre Dio è benevolo con gli altri, si trova in imbarazzo quando deve indicare la destinazione dell’italiano per la vita eterna e alla fine ha un colpo di genio (e chi altro potrebbe averne, se non Lui?). Ci considera così per quel che siamo, talmente immaturi da sembrare dei bimbi, e così il nostro posto non è né il Paradiso, né il Purgatorio, e nemmeno l’Inferno, bensì il Limbo.
Come se non bastasse c’è un racconto ulteriormente esplicativo, Il signor B., sì quel B. di Arcore, definito l’Arcitaliano, e in quelle righe si scopre così il segreto del suo successo, ma non è motivo di soddisfazione apprenderlo, anzi, nonostante una gradevole ironia dell’autore, resta un grande amaro in bocca, una sorta di disgusto anche per noi stessi.
Diverso dalla sua solita produzione, L’Italiano è tuttavia un libro che resta dentro, che porta a un’inevitabile autocritica, con l’avvertenza però di astenerci dal compiacimento nello sparlare di noi stessi, nel considerarci cioè anche in questo caso del tutto eccezionali.
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L'Italiano
Non ho letto tutta la produzione di Sebastiano Vassalli, ma sicuramente una buona parte e devo dire che generalmente l'ho apprezzata tanto da acquistare a scatola chiusa le novità che sono uscite negli ultimi anni e così quando ho sentito in una puntata di Fahreinheit, su Radio Tre, presente lo stesso autore la presentazione del volume "L'Italiano", l'ho acquistato per leggerlo in treno e ci sono rimasto malissimo poiché in buona parte è una "antologia" con una presentazione e un epilogo "furbi". I tanto decantati personaggi che dovrebbero delineare l'italiano sono già stati separatamente presentati in altri volumi del nsr. autore a cominciare dal primo Il Doge, rielaborato e ampliato fino a diventare racconto è presente in "Marco e Mattio" ed.tascabile pg.301; Il Commendatore e Il Padre della patria sono riportati da "Il Cigno" ed. tascabile ripettivamente pp5-15 e pgg123-134; Il Tenore da "Cuore di Pietra" ed.tascabile pgg176-181; Il Trasformista e il Carabiniere da "L'Oro del mondo" ed. tascabile, per il primo una rielaborazione e un ampliamento delle pgg50-51, 157-158 e altre sparse qua e la e per il secondo la riproposizione delle pgg43-44. Non ho a portata di mano gli strumenti per verificare gli altri personaggi del libro, ma di qualcun altro mi pare di avere sentore e quindi a mio modesto avviso onestà intellettuale dell'autore ed onestà dell'editore avrebbe dovuto correttamente segnalare che trattasi, in buona parte di un testo antologico, con alcuni ampliamenti e rielaborazioni, rimandando il lettore con esplicite citazioni alle opere del Vassalli.