L'arte di essere fragili
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Il potere della letteratura.
“Caro Giacomo, in quest’epoca si parla tanto di adolescenti, ma si parla troppo poco con gli adolescenti. Parlare con gli adolescenti non è articolare un elenco di “devi” o “dovresti”. Non guadagna la fiducia dei ragazzi chi la cerca scimmiottando la loro adolescenza, ma chi partecipa alla loro vita, scegliendo volta per volta la giusta distanza. Solo chi vive il suo rapimento genera rapimenti e provoca destini: solo se io so che cosa ci sto a fare al mondo metto in crisi positiva un adolescente, che non vuole gli si spieghi la vita, ma che la vita si spieghi in lui, e vuole avere a fianco persone affidabili per la propria navigazione”. P. 34
Non è semplice rendere l’idea di quel che è “L’arte di essere fragili” di Alessandro D’avenia, non perché l’opera sia incomprensibile o di scarso valore bensì per la molteplicità di contenuti che in essa sono racchiusi. L’autore, infatti, in queste pagine, pone al lettore, e a sua volta si auto-pone, una serie di quesiti di gran rilevanza, una serie di interrogativi che spaziano per quella che è la vita e la realtà di ciascun individuo in ogni fase della maturazione umana. E lo fa senza avere la pretesa di poter offrire soluzioni semplici perché come ben ci ricorda, la vita stessa non è semplice dunque, non può essere minimizzata, non può essere risolta facendo riferimento ad una formula matematica, ad un minimo comune denominatore da applicare al caso incontrato nel percorso di crescita interiore. A questo punto vi starete chiedendo: ma come riesce D’Avenia a far si che tutto questo abbia luogo? Come può rendere atto di questi mutamenti interiori, di questa energia che vuol uscire, dei dubbi, dei fallimenti, di questi interrogativi che immancabilmente attanagliano l’uomo? Semplice, mediante una serie di scambi di battute con niente meno che Giacomo Leoparadi.
Esatto, perché “L’arte di essere fragili”, non è un romanzo ma un vero e proprio epistolario. Simbolicamente l’opera può essere suddivisa in quattro parti così come quattro sono le componenti fondamentali dell’essenza della vita:
- L’adolescenza, o arte di sperare;
- La maturità; o arte di morire;
- La riparazione, o arte di essere fragili;
- Il morire, o arte di rinascere.
Dunque D’Avenia per ogni sezione che affronta crea una serie di lettere tutte munite e caratterizzate da un proprio argomento letto in chiave leopardiana, troverete infatti all’interno dello scritto stralci de “Lo Zibaldone”, ma anche le poesie più note – quali “l’infinito” – o meno note perché ultimo frutto della composizione poetica del letterato o perché semplicemente meno apprezzate dai docenti di turno – quali “La ginestra o il fiore del deserto” – , tutti strumenti, questi, utilizzati per rivedere concetti fondamentali del vivere di ieri e di oggi. E si, l’autore de “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, non ha paura di leggere Leopardi in chiave ottimistica, o ancora meglio, realistica: rompe gli schemi e ci mostra anche quegli aspetti meno celebri della sua esistenza dedita allo studio, alla ricerca dell’amore, alla solitudine, alla ricerca del compimento.
E quel vetro che potrebbe rendere distante lo scritto da chi legge viene rotto mediante il ricollegamento a casi concreti accaduti nel corso della professione di insegnante del palermitano. Dunque, alla riflessione, segue la realtà, il vero. E tra casi di ragazzi autolesionisti, che cercano l’eccesso, che sono infelici e meditano il suicidio, ve ne sono anche altri che da quelle parole traggono riflessioni e ne inducono altrettante in chi è destinatario dei loro quesiti, perché, prendono consapevolezza, si svegliano. Tra i tanti, significativo a tal proposito è un passaggio:
«”Professore, lei dovrebbe leggere un po’ meno poesia e guardare un po’ di più il Grande Fratello”. [..] Quella frase mi colpì, non per la sua insolenza ma per la sua verità bruciante. Tradotta suonava così:”Professore, per favore può tornare nel mondo piccolo della bruttezza e non farmi sentire che esiste la bellezza? Può non costringermi a scegliere tra il nulla e l’essere? Ora che so che ci sono cose in cui la vita si sente così forte, cose così belle, devo uscire dalla mia comoda indifferenza e prendere posizione: a che punto sono del mio compimento, che cosa voglio dalla vita? Professore, può per favore evitarmi minuti di rapimento, altrimenti devo mettermi in cammino verso il compimento?” » p. 68
All’analisi dell’adolescenza è destinata circa metà dell’elaborato, questo perché gli “adolescenti non pongono domande, sono domande”; sono energia che vuol uscire, esplodere, essere destinata ad un obiettivo, e sono al tempo stesso provocatori perché pongono interrogativi a cui vogliono risposte, risposte che devono e pretendono essere semplici e risolutive quando in realtà a molte di esse è possibile rispondere soltanto con la dimensione dei forse, dell’incertezza.
Con il termine di questa fase ricca di speranza, sogni e vigore segue quella dell’esperienza, della maturità. Quella porzione di vita destinata a rendere coscienti gli interlocutori del fatto che tutto ha un inizio ed una fine, quella consapevolezza atta a cogliere gioie e dolori, fragilità e forza, successi e insuccessi, non deve essere vissuta come un qualcosa che è subito dall’uomo passivamente; poiché come vediamo nella fase della riparazione, la si può anche amare, abitare, mutare. L’adulto, che sia professore o meno, è chiamato a custodire, a riparare i più giovani, ad aiutarli con le parole proprio perché in loro è insita la fragilità. E’ punto di riferimento per quelle anime così convinte di sapere cos’è il mondo eppure capaci di cadere come un castello di carta alla prima folata di vento, ecco perché nonostante il proprio intimo fallimento, le proprie più ardue lotte, deve trasmettere il “rapimento”, l’esperienza, la saggezza. Deve essere, in ultima fase, consapevole egli per primo del fatto che essenziale è dare compimento a se stessi e alle “cose fragili” perché soltanto così possono essere salvate dalla morte, con l’amore. Solo così si può rinascere, soltanto così si può abbracciare “l’arte di essere fragili”, custodirla, farla propria, svilupparla, renderla unica.
Mi fermo qua perché come potete ben vedere, in poco più di 207 pagine, sono contenuti ragionamenti di grande valore che toccano temi talmente ampi e variegati che, continuare a parlarne potrebbe, da un lato rovinarvi il gusto della lettura, ma soprattutto, non riuscire a rendervi davvero idea di cosa questo elaborato è. La sua stratificazione è talmente vasta che le considerazioni vanno assaporate un poco alla volta onde evitare che sfumino, che evaporino nel calderone di ricchezza che avete tra le mani.
In conclusione, una conversazione con Leopardi, che non delude, che arricchisce e che è in realtà un’automeditazione atta a coinvolgere tanto i giovani quanto gli adulti.
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Opinioni inserite: 5
Fragilità
È un libro di non facile lettura in cui l'autore si rivolge a Giacomo Leopardi esaltando l'energia con cui persegue la felicità terrena nonostante le sue vicissitudini.
Dal testo:
"Rapimento, improvvisa manifestazione della parte più autentica di noi, quel che sappiamo di essere a prescindere da tutto: risultati scolastici, successi lavorativi, giudizi altrui e l'esercito minaccioso di fatti che vorrebbero costringerci entro i confini della triste regione dei senza sogni... Tu (Giacomo) mi hai insegnato che il rapimento non è il lusso che possiamo concederci solo ogni tanto, ma la stella polare di una vita intera".
"Da subito avevi intuito che la vita va dal meno al più, bastava guardare il fiorire dei semi in primavera: il poeta sa che il futuro delle cose è celato già nella loro origine”. Sono d’accordo. Quanti hanno dovuto fare studi e lavori contrari alla loro natura perché le loro ispirazioni non garantivano la sopravvivenza.
“Sperare non è il vizio dell’ottimista, ma il vigoroso realismo del fragile seme che accetta il buio del sottosuolo per farsi bosco”. Bellissimo!!!
“Caro Giacomo, tu mi hai svelato il segreto per far fiorire un destino umano intuito nell’adolescenza. Solo la fedeltà al proprio rapimento rende la vita un’appassionante esplorazione delle possibilità e le trasforma in nutrimento, anche quando la realtà sembra sbarrarci la strada”.
Seguire la propria inclinazione rende felici perché quello che si fa con amore e passione dà sempre buoni risultati.
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La bellezza delle piccole cose
Non è un romanzo ma un saggio scritto sotto forma di lettere dell'autore al poeta. Scopriamo un Leopardi diverso ed inedito , non solo il ragazzo pessimista e triste ma una persona di grandissima sensibilità che in realtà amava la vita e ne era meravigliato ogni giorno come un bambino.
A partire dalle poesie e dagli scritti di Leopardi si parla delle diverse età dell'uomo , con particolare attenzione all'adolescenza , tormentata per il poeta e altrettanto, per motivi diversi nei giovani dei nostri giorni. Questi sono invitati ad avvicinarsi alla poesia per coglierne il senso più profondo, l'attitudine alla meraviglia. Non è un testo semplice, soprattutto nelle prime pagine si fatica un pò a seguire il tema, non c'è una trama e il protagonista lo conosciamo indirettamente attraverso le sue opere e l'interpretazione che ne fa l'autore. Diventa pagina dopo pagina un parallelo tra Leopardi e i giovani del nostro tempo ma soprattutto un invito ad approcciare la poesia con tutti i sensi aperti . Leopardi ha saputo apprezzare l'Infinito nonostante una salute cagionevole e una famiglia di mentalità ristretta, nessuna delusione ne ha spezzato la capacità di amare le persone e la natura con le sue manifestazioni di meraviglia che va saputa cogliere oltre il primo sguardo distratto. D'Avenia è un insegnante e propone nel saggio alcune lettere dei suoi studenti e qualche critica costruttiva ad un sistema scuola che non sembra aver posto la poesia nel modo corretto perchè i ragazzi la sappiano apprezzare ed amare come merita. In qualche momento D'Avenia tende ad autocompiacersi di questa sua apertura mentale e fa un pò il professorino , non è una lettura che si divora in un lampo, ma piuttosto si apprezza a poco a poco e sinceramente l'ho trovata molto bella nella sua originalità.
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Di una bellezza schiacciante
Leggere D’Avenia trasuda cultura. Ti fa respirare vita Ti fa riscoprire la bellezza che c’è dietro ogni parola, perché te ne racconta l’etimologia, la storia, il significato profondo. Divori i suoi libri e nello stesso tempo non vorresti che finissero mai, perché ti fanno stare bene e ti riconciliano con il mondo. Questo è un romanzo epistolare, fatti di capitoli che sono lettere indirizzate niente meno che a Giacomo Leopardi e che sono divise in macro sezioni, che corrispondono alle età della vita. Attraverso la lettura critica di stralci dei suoi canti e dei suoi pensieri, l’autore ci fa scoprire un volto inedito di uno dei nostri poeti più moderni, aprendoci lo spazio-tempo della bellezza, perché Leopardi più di ogni altro poeta ha trasformato ogni limite in bellezza. E’ una lettura meravigliosa, consigliata a studenti ed insegnanti, a figli e genitori, a persone che si sentono sole al mondo, a studiosi e letterati, a persone semplici e comuni. Perché sono pagine ricche di vita e che ci portano a scoprire il significato della vita. Perché sono pagine scritte in uno stile che è di una bellezza schiacciante.
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fragilità è forza
Da dove partire, allora..
Questo libro, come avrete capito dal titolo e sottotitolo è un inno alla fragilità, e quale scrittore italiano poteva venir preso in considerazione se non Leopardi? Causa la sua salute precaria è lo scrittore che ci viene subito in mente se pensiamo alla fragilità.
Questo termine in questo libro assume un'accezione totalmente positiva, in quanto le nostre fragilità diventano le nostre forze, fragilità che vanno custodite e protette in quanto caratteristiche peculiari di ognuno.
Credo che nessuno meglio di D'Avenia potesse riuscire a trattare un tema simile, l'autore mostra molta sensibilità e apertura a parlare di un tema simile.
Nella mente dei giovani l'adulto è colui che cela le fragilità, le nasconde oppure cerca di sostituirle con dei punti di forza.
Il libro è diviso in quattro fasi principali, la più lunga è quella dell'adolescenza, dove i giovani sono chiamati a rispondere al loro rapimento.
Questo libro è una lettera che l'autore scrive ad uno dei più important autori della letteratura italiana scardinando i principali punti delle interpretazioni tipiche su Leopardi. La maggior parte degli studenti lo studia come il pessimista, sempre infelice Leopardi. Anche io son stata uno di quegli studenti. Questo libro però è come una rivelazione, ci invita a vedere sotto un'altra luce l'autore, in modo da poter leggere diversamente anche le sue opere.
Leopardi è uno che ha lottato contro gli impedimenti fisici della sua malattia e dei suoi genitori, nonostante tutto amava i suoi, anche sue padre al quale scrive delle lettere. Non si è mai lasciato andare, non ha mai lasciato spegnere l'infinito che egli aveva dentro di sè.
Vedere sotto un altro aspetto Leopardi è il punto di partenza per vedere con altri occhi il mondo, senza mai fermarci alle apparenze o a ciò che gli altri hanno interpretato.
La letteratura a scuola è spesso l'interpretazione del professore che cerca di trasferire le proprie idee agli alunni senza lasciare che loro amino, apprezzino e tentino di capire almeno un po' quell'autore da soli.
Per leggere questo libro c'è bisogno di lasciarsi andare e non reprimere le emozioni che esso più suscitare, in quanto vi assicuro che alle volte riesca a far venire i brividi.
L'unica piccola critica che mi sento di muovere è che alle volte, forse, è molto ''sentimentalista'' se così si può definire, ma sono sensazioni che durano poco e solo in alcuni punti.
Che altro dire? Leggetelo e lasciatevi trasportare.
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Illusioni Stabili.
L'Arte di Essere Fragili - Alessandro D'Avenia, 2016
L’ho preso male, inutile girarci intorno.
E anche peggio quando mi sono accorta che le sottolineature che ho fatto erano (quasi) tutte citazioni fatte dallo stesso D’Avenia.
Soprattutto l’ho trovato decisamente fanfarone, un po’ ad esaltare Leopardi, un po’ad ammiccare e a dire “guarda che comunque io…”.
Poi ho fatto una bella (?) riflessione personale e mi sono accorta che anch’io ho la tendenza a parlare spesso dei miei studenti e di quello che mi succede a scuola. Esattamente come prima parlavo dei “miei” pazienti. Poco da dire, lavorare con l’umanità è sfiancante, ma riempie la vita (SE è qualcosa che vuoi fare e ti piace. Ho conosciuto logopedisti e insegnanti che avrebbe fatto del bene, a sé stessi e a tutti gli altri, facendo qualsiasi altra cosa), e capisco che si abbia voglia di condividere.
Non di meno il nostro mi ricorda un po’ i neogenitori che magnificano le doti dei loro neofigli (comprensibile) e postano su fb foto di vasini pieni e commenti di giubilanti. Facilitando enormemente il mio obiettivo del contenimento delle “amicizie” in un numero a due cifre.
Dicevo.
Il Lisander che esalta Leopardi e intanto ci racconta di come cura la scrofolosi imponendo le mani, mi ha un tantino stuccato. E le parafrasi, i commenti le “lezioni” su Leopardi mi hanno annoiato. Devo anche ammettere che probabilmente ho un cattivo rapporto con la seconda persona, perché non mi ha convinto neanche in “Stupro, una storia d’amore” della Oates.
Amo Leopardi visceralmente e ammetto anche che non mi piaccia vederlo maneggiare senza guanti di velluto ed abiti curiali. Poi ho pensato che mentre ero al liceo mi sarebbe piaciuto leggere questo libro. Leggerlo mentre leggevo Leopardi per la prima volta.
E così mi sono riletta Leopardi. Le mie amatissime Operette Morali e anche le liriche.
(Le Operette le ho riprese diverse volte negli anni, le poesie… insomma, non è molto il mio genere).
Soprattutto la Ginestra che all’epoca avevo trovato ostica e che invece… caspita!
Diciamo che ha raggiunto Le Ricordanze. Lo Zibaldone è rimasto dov’era, cioè a portata di mano, che ogni tanto aprirlo a caso fa un gran bene. Soprattutto non conoscevo la lettera al padre ed è stata illuminante.
E poi gli altri che il nostro cita.
Eliot, Ungaretti, Brodski (ci imposterò la lezione introduttiva sulla poesia ai bimbi), Grossman (Vasilij, non l’altro) che leggerò quanto prima, perché il pezzo sull’amicizia è bello (e vero) da morire, non quelle menate da adolescenti ;) e sto facendo un pensierino (che probabilmente resterà tale) sul leggere un po’ di poesie.
E insomma non è proprio da buttar via, come risultato.
Penso che non fosse l’obiettivo del nostro professore, ma insomma, qualcosa lo porto a casa.
E un po’ di merito bisogna (pur) attribuirglielo.