L'agenda ritrovata. Sette racconti per Paolo Borsellino
Letteratura italiana
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 1
Top 10 opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
in omaggio al giudice Paolo Borsellino
Con L’agenda ritrovata. Sette racconti per Paolo Borsellino, a cura di Gianni Biondillo e Marco Balzano, sei scrittori si sono cimentati in una raccolta letteraria sul giudice Paolo Borsellino, sulla mafia, sui rapporti tra mafia e potere in Italia. Una raccolta che unisce il paese dal punto di vista letterario, da Nord a Sud, da Helena Janeczek che ci narra della mafia al nord, ad Evelina Santangelo, nella Sicilia di Mattia Messina Denaro, che testimonierà l’importanza della memoria e della società civile nella lotta alle mafie. La raccolta è curata da Gianni Biondillo e da Marco Balzano, le cui prefazioni costituiscono di fatto l’ottavo e il nono racconto, partenda da un’idea, una pazzia forse, dell’associazione culturale L’oraBlu, di Bollate. Non è un caso. La lotta alla mafia, diceva Falcone, non è solo una questione di magistrati, di forze dell’ordine, di leggi speciali. E’ anche una questione di cultura, di diritti civili, di memoria.
Il primo racconto è scritto da Helena Janeczeck, e si intitola: “Pochi gradi di separazione.”
Da un incontro fortuito con Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, un lungo racconto che diventerà immediatamente una riflessione sulla presenza della mafia al nord, nell’hinterland milanese. Le storie raccontate da Ester Castano, al cronista che ha sfidato la mafia, dicono che:
“Ancora oggi non c’è il rispetto delle regole. Ricordiamo che non è la mafia che si infiltra nel territorio lombardo, sono gli imprenditori e i politici, tutti lombardi, che chiedono alla mafia, che la cercano.. C’è una devianza da parte di tutti i settori: corruzione, evasione fiscale, l’idea che è meglio essere furbi. La ‘ndrangheta punta a creare il consenso locale, che è il vero capitale dell’organizzazione criminale. “
In questo modo, con un colpevole ritardo, scopriamo quanto sono pochi i gradi di separazione tra la mafia del sud e quella del nord.
Il secondo porta la firma di Carlo Lucarelli, e si intitola: “Hanno ucciso l’uomo ragno.”.
Ritorna la giudice bambina, Valentina Tagliaferri, che avevamo conosciuto nella raccolta “Giudici”: sopravvissuta alla guerra tra servizi, trasferita a Como dal CSM come sanzione disciplinare, si trova ora tra le mani delle carte scottanti. Siamo nell’estate 1992 e a Milano è già scoppiata l’inchiesta di Tangentopoli. A Palermo è scoppiata un’altra bomba. Contro il giudice Falcone. Sono documenti che provano il collegamento tra società che riciclano il denaro e la mafia. Non al Nord, in Sicilia. Di chi fidarsi? Dello Stato che già una volta ha cercato di ucciderla? Rimane solo quel giudice, là a Palermo, l’amico di Falcone. Che sulla sua agenda si segna l’appuntamento con Valentina.
Il terzo racconto è di Vanni Santoni, e si intitola: “La solitudine della verità”.
Il racconto parte dalla provincia toscana, dove un concerto rave attira molti ragazzi dal resto d’Italia. Anche Caterina decide di andare al concerto. Ma c’è una cosa che la colpisce: una discarica abusiva dentro un residence abbandonato. E lei allora fa ciò che ogni buon cittadino deve fare: denuncia ai carabinieri, ai giornali. Dove c’è lo Stato. Solo che lo Stato non c’è. Perché ci sono cose che è meglio non vedere.
E altri tre racconti, uniti da un sottile filo rosso che li accomuna: un’agenda rossa. Si affaccia, come abbiamo visto, dalla pagina declinata in vari modi, una volta ha i fogli strappati, un’altra è gonfia di biglietti di teatro, ma sempre intende ricordare quella appartenuta a Paolo Borsellino- che conteneva appunti, nomi, e forse rivelazioni sulla strage di Capaci, scomparsa immediatamente dopo l’attentato mafioso del 19 luglio 1992 e mai più ritrovata. Storie di una potente forza evocativa.