Il tesoro della Grancia e altre storie lucane
Letteratura italiana
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Leggende popolari
Le leggende popolari hanno un’importanza fondamentale nella storia umana, perché consentono di tramandare, di volta in volta, il passato al presente,
radicando così nelle popolazioni la comune origine e in pratica contribuendo a creare un’identità culturale.
Spesso sono storie in cui vengono riflesse caratteristiche autoctone, unitamente ad ancestrali paure o a più contingenti desideri che sono propri di ogni essere umano.
Donato Altomare, eclettico narratore, con una naturale indole per la fantascienza (ha vinto per ben due volte il prestigioso Premio Urania), ha dalla sua un indubbio talento creativo che gli ha consentito di rielaborare in modo convincente antiche leggende della Lucania, arrivando a costituire una raccolta dalla gradevolissima lettura.
Le tematiche sono le più svariate, ma in ogni caso prevale l’elemento soprannaturale, la ricerca di simboli di innate paure, tanto più radicate in popolazioni semplici, la cui vita è legata soprattutto alla coltivazione della terra.
Si innestano così le descrizioni di boschi intricati, quasi inaccessibili tanto da assumere una veste magica, ma non mancano storie legate al brigantaggio meridionale, laddove a suo tempo coloro che ebbero il coraggio di ribellarsi alla dura dominazione sabauda furono bollati con l’appellativo di banditi, quando invece prevalentemente si trattava di autentici patrioti.
Le loro gesta, le loro figure assursero così nel popolo a veri e propri miti, ingigantendo imprese e velando di mistero la loro scomparsa.
Uno di questi ribelli è il protagonista del racconto Il tesoro della Grancia da cui è tratto il titolo dell’opera, ma ad essi è dedicata un’altra leggenda, ancora più coinvolgente (Ninco Nanco).
Il merito dell’autore è quello anche di vivificare queste saghe con presenze contemporanee di personaggi del passato, di modo che appare forte il legame fra ciò che è stato, ciò che è ora e, si spera, quel che sarà nel tempo a venire.
In tutto sono 11 racconti, con caratteristiche autonome, e che riescono a dare una rappresentazione assai interessante dello spirito di una popolazione. Si va così dal ricordo di “briganti” ai lupi mannari, dalla vendetta, postuma, di un povero marito morente a cui la moglie nega anche l’ultimo desiderio, fino a quello che per me è il migliore in tutti i sensi, percorso com’è da una vena poetica in alcuni momenti di tutto rilievo. Mi riferisco a L’organetto e la morte bella, una vera e propria chicca, dove l’esorcizzazione della “signora in nero” passa attraverso le melodie sublimi che escono dall’organetto del vecchio Rocco.
La lettura, assai agevole, è quindi sicuramente consigliata.