Il mar delle blatte e altre storie
Letteratura italiana
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Gli albori del surrealismo
Molti sono gli scrittori italiani che, per varie vicissitudini, sono misconosciuti al grande pubblico. Eppure alcune figure (Achille Campanile per la letteratura umoristica, Ennio Flaiano per la satira e Malerba, Manganelli, Morselli ecc.) meriterebbero ben altra considerazione e platea. Tra essi è certo Tommaso Landolfi, capace di una scrittura unica e innovativa, assolutamente anticipatrice di movimenti e tematiche solo nel tardo novecento sviluppatesi. Leggere i racconti grotteschi e surreale partoriti dalla fantasia dell'autore è come ammirare una tela di De Chirico o meglio ancora di Salvador Dalì. Le invenzioni sono continue e spiazzanti, con rimandi simbolici e riferimenti all'inconscio, all'incubo, alla malattia fisica e mentale, al disagio di vivere e alla rottura degli schemi. Il racconto che da il nome alla raccolta, "Il mar delle blatte", ben dimostra questa totale rottura degli schemi allora sacri e inviolabili in letteratura (siano nel 1939). Il protagonista del narrato è il giovane Roberto, giovane spensierato al cui padre, avvocato, ispira sentimenti di preoccupazione per mancanza di spirito e conformismo. Ben presto il racconto assume toni landolfiani con la figura paterna che da una ferita al braccio "partorisce" un verme azzurrino e una serie di oggetti-simbolo, che scatenano la verve di Roberto, il quale si trasforma in avventuriero e trascina il padre al porto. Ivi si imbarca con una ciurma di volgari marinai, ognuno chiamato come l'oggetto fuoriuscito dalla ferita, imprigionando altresì l'amata Lucrezia. La destinazione è il mar delle blatte, costituito da immondi insetti (Kafka? la metamorfosi?) La ragazza, che Roberto vuole conquistare, ama invece il verme azzurro, con il quale il protagonista ha un confronto paradossale dal quale ovviamente esce sconfitto. Il narrato è permeato di riferimenti grotteschi, forse disturbanti ma assolutamente geniali. Ogni racconto è di per se una sorpresa, sia per il periodo in cui viene concepito (ripeto anni '30) sia per il contenuto. Onde non essere tedioso o svelare troppo mi limito a segnalare quello sul lupo mannaro, ove il protagonista ruba la luna, rivelatasi una vescica biancastra...Alcuni critici hanno visto nel Landolfi molti simboli sessuali criptati. Mi limito a rilevare che la scrittura di questo autore è assolutamente unica e meritevole di analisi ben più approfondita.