Narrativa italiana Racconti Il gioco del rovescio
 

Il gioco del rovescio Il gioco del rovescio

Il gioco del rovescio

Letteratura italiana

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È vero, raccontare è un gioco e io, lo ammetto, amo molto giocare. Il gioco mi ha sempre tentato; ma in questo momento il gioco che più mi tenta è quello del Rovescio. E gli altri giochi che esso si porta appresso, naturalmente. Perché ci sono svariati giochi in questo libro, tutto sta nel lasciarsi tentare. Ma quello che importa è che tutte le sue variazioni, tutte le sorprese, i rischi e le audacie aprono strade che si dirigono verso un obiettivo finale, verso l’individuazione di un’unità contraddittoria. Inquietano e allarmano. Seducono. Sono illuminazioni che portano alla scoperta più profonda o più sottile, e che ci possono lasciare davanti a una bicicletta – personaggio che, carico di passato e di mistero, attraversa I pomeriggi del sabato – oppure condurci sull’orlo di un volto esorcizzato: un buco ritagliato in una fotografia. Detto questo, e di fronte a tutto il resto che questo libro mi offre, trovo conferma a una vecchia convinzione: che non c’è gioco gratuito neppure nei giochi dei bambini, che sono cose fin troppo serie, come gli psicologi insegnano. E tantomeno in letteratura, perché in essa non esiste maestro o croupier che la comandi. No, nell’avventura della scrittura non c’e mano che si alzi e che ordini: “Rien ne va plus, les jeux sont faits”. Ed è per questo che, dopo aver chiuso Il gioco del rovescio, tutto può prolungarsi da un altro capo e ciò che ora sto scrivendo può ricominciare in un altro modo.



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Il gioco del rovescio 2020-04-14 10:38:49 Little cozy world
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Little cozy world Opinione inserita da Little cozy world    14 Aprile, 2020
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RACCONTI BREVI, FLUSSO DI COSCIENZA

In ogni racconto, Antonio Tabucchi ti proietta, ti scaraventa al centro della scena, ambientata alla perfezione, in cui il contesto e le sensazioni sono talmente reali che riesci addirittura a sentire l’afa e la calura di luglio ne “I pomeriggi di sabato”.

Rimani incollato al racconto, almeno nelle prime righe di lettura, perché l’autore non fa premesse, ma ti porta immediatamente nel cuore della vicenda; ti ritrovi quindi a chiederti continuamente: chi è il protagonista, a chi si sta rivolgendo ed il perché.

In alcune parti del racconto però l'autore fa un cambio netto ed inizia con il raccontare la vicenda tramite flusso di coscienza: qui la punteggiatura si riduce all’essenziale, i periodi diventano macchinosi e la lettura viene notevolmente rallentata.

Sul finire del racconto, in cui aspetti comodamente sul divano di leggere la conclusione che ti sei prefigurato perché hai la certezza di aver capito tutto: “sbaam”, colpo di scena, inversione completa di prospettiva e capisci che in realtà non hai capito proprio nulla.

Il mio voto non è altissimo per la semplice ragione che non sono un’amante dei racconti: ci metto un po’ ad entrare nella scena, ad immedesimarmi nei personaggi, quindi in un racconto non faccio in tempo ad affezionarmi alla storia.

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Il gioco del rovescio 2017-05-09 07:27:52 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    09 Mag, 2017
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La nostalgia

Tabucchi anche in questi racconti fa un uso molto originale della scrittura. Se ne serve non per raccontare come in genere fanno i narratori ma piuttosto per evocare e suggerire come farebbe un poeta o un pittore. La cosa di cui si parla non è mai descritta direttamente. In genere si tratta di un rovescio, di una assenza, di un negativo dell'animo. Ma chi sia assente, non lo dice subito . Lo si intuisce alla fine di ogni racconto attraverso un gioco di rimandi che è come una specie di riflesso del riflesso o di associazioni di idee o di immagini. Ad esempio, quando è la madre a mancare, che non ci sia più lo si capisce dopo. Si presenta nel racconto una immagine simile, magari di una sorella che improvvisamente cambia forma. In questo modo senza parlarci mai direttamente di nostalgia o del vuoto per una assenza, Tabucchi ci fa sentire sulla nostra pelle quella nostalgia e quel vuoto. Naturalmente alcuni racconti sono bellissimi ad esempio Il gioco del rovescio, Lettera da Casablanca, Voci.
La lettera da Casablanca inizia parlando di un albero, una palma che ondeggia come una ballerina. Poi si scopre che la madre del protagonista chiamava Josephine la palma e ha scritto una lettera sul quaderno del protagonista bambino perchè la palma non venisse tagliata. Poi troviamo il bambino a lavorare fuori casa, come truccatore di una cantante. Poi sostituisce la cantante malata o probabilmente morta e diventa lui stesso cantante e ballerina e si fa chiamare Josephine. Il tutto è scritto in forma epistolare da questo ragazzo alla sorella. Nella parte finale della sua lettera torna fuori la figura della madre e si capisce quanto forte possa essere stata la nostalgia per la madre in tutta la vita del ragazzo. L'effetto di questi rimandi che nel punto finale conducono il lettore all'emozione giusta è bellissimo.
Oppure in Voci, la donna che risponde alle telefonate dei lettori, probabilmente la psicologa di una trasmissione radiofonica attraverso il malessere di chi le telefona ci porta dentro la sua casa alla fine arrivandoci attraverso un tram lentissimo, una persona che non le risponde, una tavola apparecchiata per uno e poi per due ma con l'altro che non c'è. Il vuoto si spalanca piano piano davanti al lettore fino a inghiottirlo. Il primo racconto, Il gioco del rovescio, è più misterioso. Qui veniamo a sapere subito che si tratta del funerale di una donna. La sensazione di mancanza, di assenza comincia non dal funerale ma da prima. Questo racconto è il più misterioso. Come misteriosa è la figurina della morta che compare nel sogno in un quadro vestita di giallo con una espressione strana. Strana perchè vede il rovescio del quadro.
"Ho capito perchè hai codesta espressione, perchè tu vedi il rovescio del quadro,che cosa si vede da codesta parte?, dimmelo, aspetta che vengo anch'io, ora vengo a vedere. E mi incamminai verso quel punto. E in quel momento mi ritrovai in un altro sogno".

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