Il bosco degli urogalli
Letteratura italiana
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Indispensabile per chi ama la montagna
Il bosco degli urogalli è il secondo libro di Mario Rigoni Stern, uscito 9 anni dopo Il sergente nella neve.
E' la prima opera dell'autore dedicata alla natura.
Rigoni Stern è tornato nel suo mondo dopo essere uscito dagli orrori della guerra, e il suo amore per l'Altipiano è molto forte, come si può evincere da questo libro.
In totale contiene 12 racconti di lunghezza variabile.
La caccia è il tema trattato maggiormente, ma in alcune parti ci si sofferma anche su altro.
Ho letto questo libro lo scorso autunno dopo aver scoperto Rigoni Stern e dopo averne sentito parlare bene per molto tempo.
Fin dalle prime pagine le parole di Mario ti rapiscono e ti portano in un altro mondo, incomparabile rispetto al nostro.
Sono parole affettuose, che danno vita a dei racconti leggeri e piacevoli, che però lasciano tantissimo.
Rigoni Stern parla sì di caccia, ma di una caccia lontana da quella diffusa al giorno d'oggi.
Nella caccia che racconta è evidenziato un grande rispetto per il selvatico.
Lo considero uno dei migliori libri da me letti, se non il migliore in assoluto, e non posso fare altro che consigliarlo.
Non bastano le parole per descrivere ciò che si prova leggendolo, bisogna prendersi il proprio tempo e goderselo, magari in mezzo alla natura.
Ci si accorgerà subito di quanto sia speciale, quasi commovente.
Non descrivo i singoli racconti poiché vanno scoperti, ma la mia lettura del Bosco degli urogalli è stata qualcosa di unico.
Consiglio di completarlo con Le vite dell'Altipiano, che riprende alcuni racconti di questo libro ma ne propone anche tantissimi altri.
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Il rito della caccia
Lo ammetto, non amo la caccia, non amo uccidere degli animali indifesi, anzi tendo a rispettarli nella loro specificità, e quindi non vedo mai con simpatia un cacciatore.
Tuttavia, nonostante questa mia avversione, la lettura di questo libro mi è risultata estremamente appagante, forse perché Rigoni Stern è riuscito a dare una visione di questa “specie” di sport del tutto particolare.
La lunga marcia sulla neve per avvicinarsi alle prede, il silenzio dei monti nel freddo dell’alba, i boschi in cui si svolge la contesa donano un tocco di magia grazie a una vera e propria prosa poetica e danno l’idea di un ritorno dell’uomo alle origini, quando era in armonia con la natura.
In questa atmosfera, quasi ieratica, la caccia diventa un rito, in cui l’uomo e l’animale sono personaggi che si affrontano sullo stesso piano, ognuno con i mezzi di cui dispone, e non è sempre chi ha il fucile che ne esce vincitore.
E poi non ci sono solo racconti di caccia agli animali, ma altri in cui ricorre la metafora dell’uomo che è in competizione con suoi simili, come nello stupendo Esame di concorso, la ricerca spasmodica di un povero travet di una posizione migliore, la sua caparbietà in un mondo di miseria, i suoi sogni, le speranze, puntualmente deluse, quasi che l’autore volesse dirci che in questo mondo di cacciatori le prede non sono sempre lepri o volpi.
E a proposito di volpi Oltre i prati, tra la neve è un brano in cui uomo e canide fanno a gara in astuzia, in una serie di mosse e contromosse di grande effetto, al punto che viene spontaneo dividere i propri favori fra l’uno e l’altro.
Poi ci sono racconti in cui la caccia è solo un pretesto per parlare d’altro, come Vecchia America, oppure lo straziante Dentro il bosco o il commovente Alba e Franco, un omaggio a due cani del tutto particolari.
Non posso però tralasciare Chiusura di caccia, l’ultimo, che si conclude con alcuni spari nel vuoto, una sorta di sfogo della tensione di cui c’è un antecedente nel Sergente nella neve, quando Rigoni Stern, ultimo ad abbandonare la postazione in Russia all’inizio della ritirata, spara raffiche a casaccio; anche là è una liberazione, ma soprattutto è il grido di dolore di un uomo che si sente tradito da chi ha avviato quella guerra.
Sono due atteggiamenti uguali, ma provocati da diversi stati d’animo, e in ogni caso sono la reazione di un uomo al suo destino.
Il bosco degli urogalli è un altro libro di Mario Rigoni Stern che è senz’altro meritevole di essere letto.
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Tempi difficili, paesaggi d'incanto...
Ho letto questo libro perchè ce l'ho in biblioteca...
L'ho trovato piacevole e nello stile rude ed essenziale, ha un suo valore...
Molto bella e suggestiva la descrizione dei paesaggi alpini, la vegetazione dei boschi, la fauna preda di cacciatori che non sempre agiscono per procacciarsi il cibo, ma talvolta lo fanno per spirito d'avventura o per averla vinta sull'animale...
La crudeltà dell'uomo è qui manifesta e nuda sotto tutti i suoi aspetti anche perchè si tratta di una lotta impari in cui l'animale è sempre in svantaggio, che altrimenti si dovrebbe dare un fucile anche a lui...Detto questo che è la mia personale opinione il libro propone anche racconti di gente contadina che con il suo spirito astuto e cordiale trova il modo di cavarsela anche in momenti veramente difficili...
Racconti di guerra e racconti dopo la guerra in cui i sopravvissuti hanno ciascuno un modo diverso di riappropriarsi della propria vita, poichè è diversa la storia che hanno vissuto all'interno del caos della guerra.
Ricominciare a vivere è sempre faticoso e dimenticare è pressocchè impossibile...
il ricordo talvolta rimorde, la memoria ferita cerca di rimuovere ciò che nella coscienza rimane come evento indelebile...
Ritengo questo libro una pregevole esperienza di lettura e degna quindi di essere presa in considerazione.
Consigliato.
Da leggere o da rileggere per chi l'avesse già visionato.
Saluti.
Ginseng666