Gocce di Sicilia
Letteratura italiana
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Distillato di Camilleri
Una goccia è la piccolissima parte di un tutto... mare, acquazzone, rugiada...
Ma una goccia è anche un qualcosa di fatto e finito, con una sua forma precisa e una sua consistenza.
Le “Gocce di Sicilia” sono scampoli, flash, pennellate di una mano nota, che rievocano caratteri ed emozioni, congetture ed affetti.
A tal modo scivola su carta il racconto di un bambino attratto dai libri, che trova il coraggio di “violare” lo studio di zu' Arfredo pur di afferrare un libro di Conrad, e così conquista il diritto di entrarvi a suo piacimento e fermarsi a leggere sul pavimento quanti libri vi trovi. E a tal modo, come goccia che stilla, si ritrova seduto in un negozio d'orologiaio, a Roma, lo zu' Cola, che racconta un piccolo scampolo della sua storia a un commesso occasionale, spiegandogli perché il suo soggiorno obbligato a Conegliano Veneto non è altro che un incidente di percorso (in fondo è persona pulita 'u zu' Cola). Per continuare con tutte le teorie – scientifiche o meno – che pretendono di spiegare la misteriosa sparizione di Antonio Patò, ligio cassiere di una filiale bancaria, di cui si perdono le tracce nel bel mezzo di una rappresentazione paesana degli ultimi giorni di Gesù Cristo, laddove il buon Patò era stato scelto per impersonare Giuda.
“Gocce di Sicilia”, uscito in prima edizione nel 2009, riunisce sette “frammenti” rappresentativi del repertorio camilleriano. Si tratta, in alcuni casi, di bozze o estratti di altre opere dello scrittore siciliano: “Piace il vino a San Calò” è un episodio ripreso nel volume “Il corso delle cose” (il romanzo con cui Andrea Camilleri esordì nel 1978), così come “Ipotesi sulla scomparsa di Antonio Patò” è l'abbozzo di un più lungo passaggio del successivo volume intitolato “La scomparsa di Patò”.
Camilleri, con o senza il suo Montalbano, è divenuto il marchio riconoscibile della letteratura italiana di questi ultimi anni, grazie al suo modo di narrare storie, e prima di tutto un luogo. E' questo il motivo per cui, in libreria, può capitare di trovare un volume che nulla fa più che raccogliere sprazzi di una produzione di scrittore, riuniti dall'intento di distillare e individuare il luogo “Sicilia” dettando poche e semplici coordinate.
Anche grazie ad alcuni passaggi che, nella migliore tradizione dello scrittore in questione, risultano assolutamente unici:
“La coppola (…) si fece di lato, si scoppolò rispettosamente”.
Solo Camilleri può immaginare il gesto ossequioso di togliersi il cappello guardandolo dalla parte del cappello... che nella vicenda è un simbolo prima ancora che un cappello. Ma, per capire di cosa si sta parlando – di come si scrive di un “duello” tra copricapo – è consigliabile leggere la pagina di cui è composto il brevissimo racconto.
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Gocce di Sicilia
In sette scintillanti storie, il nostro autore distilla immagini di una Sicilia personale ed intima e nel contempo collettiva, di tutti.
Nel suo stile inconfondibile, nella sua parlata distintiva di un siciliano ragionato e strutturato, Camilleri pennella ritratti di persone, evoca fatti e detti che trasferisce dalla memoria sulla carta e sa renderli unici ed irripetibili.
In Gocce di Sicilia sono raccolti gli scritti originali comparsi sull’Almanacco dell’Altana negli anni 1995-96-97-98-99-2000. Parte di Piace il vino a San Calò è stata revisionata e rielaborata dal romanzo Il corso delle cose (1978 Sellerio 1998). Il racconto Ipotesi sulla scomparsa di Antonio Patò è comparso in forma ridotta sul quotidiano La Stampa e poi ampliato, è diventato il volume La scomparsa di Patò (Mondadori 2000). Il cappello e la coppola fa parte delle Favole del tramonto (ed. Dell’Altana 2000). Ne Lo zù Cola, persona pulita, l’autore specifica che è un falso monologo e si usa dire a teatro quando chi parla non si rivolge a se stesso, ma ad un interlocutore che non risponde o le cui risposte non vengono riferite. A parte questo dettaglio tecnico, il contenuto è vero.
A Roma in un pomeriggio del 1950 in una banca, Camilleri incontrò il noto boss dell’Agrigentino Nicola “Nick” Gentile. Nel colloquio avuto, Camilleri prese nota a casa, per, poi, scriverne la storia. Il giornalista Felice Chilanti riportò l’intervista avuta con il boss in un libro intitolato “Vita di gangster”. Il mafioso era ritornato clandestinamente in Italia dagli U.S.A., nell’aprile del ’43 per preparare lo sbarco degli Alleati in Sicilia. Camilleri afferma che a rileggere adesso l’incontro, appare anacronistica la figura del boss lontana da certi schemi operandi della mafia. Riguardo a convincere qualcuno a fare qualcosa che non vuol fare, dice il boss, ci vuole pazienza e persuasione senza perdere la pazienza ed arrivare all’omicidio. Perché muore la persona, ma il mafioso perde la battaglia perché è stato incapace. “Ad ammazzare tutti sono buoni!” Logica distorta e criminale certo, ma lontana da quella di oggi in cui la morale, la deontologia a modo loro erano rispettate.
“U zz’Arfredu” : la memoria di uno zio speciale, colto, ricco di interessi è ammantata da affettuosa nostalgia e dolce rievocazione; grazie a lui, l’amore per i libri divenne sacro.
“Piace il vino a San Calò”: le feste religiose legate strettamente alle tradizioni, al folclorismo, quando la statua del Santo portata in processione è oggetto di culto semi-pagano e diventa tutta la scenografia parossismo collettivo. Con una sorta di compiacimento e allegria, Camilleri ricorda queste rappresentazioni sacre come quadri oleografici in cui la voce del popolo è la vera anima di una sacralità fattasi spettacolo.
“Il primo voto”: Camilleri ricorda, divertito, la paradossale guerra scatenatasi tra i Separatisti, i Comunisti e i Democristiani per il colore di una bandiera alla vigilia delle prime elezioni regionali in Sicilia.
“L’ipotesi sulla scomparsa di Antonio Patò”: il nostro autore fa riferimento a teorie scientifiche sull’universo fluttuante in un continuum spazio-temporale, oggetto di accanite discussioni accademiche. La scomparsa di qualcuno in un fosso del tempo, non materiale, ma all’interno di quel continuum spazio-temporale dentro il quale fluttua l’universo, spiegherebbe il fenomeno. Chi cade all’indietro di questa piega comporta una risalita verso il passato, chi in avanti comporta una risalita verso il futuro. La scala dei Penrose sarebbe la materializzazione di un incubo; essa obbligherebbe chi si viene a trovare in cima ad una singola scala quadrata e intraprende la discesa, a scendere sempre. Così Patò impersonando Giuda, nella rappresentazione del venerdì santo de“Il Mortorio” nel momento dell’impiccagione, cadde nella botola del palco e scomparve.
“L’incontro tra il cappello e la coppola”: ambigua e singolare metafora di un incontro tra due cose inanimate e chi li indossa in una sorta di sineddoche.
“Vicenda di un lunario”: è la storia di un mensile letterario“Lunario siciliano”, pubblicato intorno agli anni 1927/28, attento ai valori e agli apporti isolani, in un tentativo di saldare la letteratura e la cultura alla creatività popolare. Un articolo merita menzione, “Le considerazioni sui punti cardinali”, un rovesciamento dell’atlante in modo che le Alpi siano la base di un tronco che ha come cielo, il mare mediterraneo. Il Sud al posto del nord. Il lunario dopo due annate (1927/28), ebbe una ripresa nel 1931, ma la rivista, ormai, prescindeva dalla realtà per arroccarsi nello studio delle tradizioni popolari.
“Gocce di Sicilia” si legge, tutto di un fiato; la forza dell’evocazione trova riscontro nella forza delle parole fattesi persone, pensieri. L’intensità concreta della parola scritta, in Camilleri, densa e corposa, esprime con vigore quello che racconta, la realtà prosaica nel ricordo assume dimensioni fantastiche e suggestive.