Diorama
Letteratura italiana
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Un surreale omaggio all’arte
Mi corre l’obbligo di effettuare una premessa: certi libri, per i loro contenuti e per il loro stile dovrebbero – e meriterebbero – essere letti in una stagione ben diversa, e non in questa caratterizzata da un caldo asfissiante che di fatto impedisce di coglierne tutti gli aspetti meno appariscenti e più reconditi. È questo il caso di Diorama, una raccolta di racconti di Sergio Sozi, uno scrittore italianissimo che per motivi matrimoniali si è da tempo trasferito in Slovenia. Non è uno sconosciuto al pubblico dei lettori, perché di tanto in tanto dà alle stampe qualche sua opera, caratterizzata da un’ironia sottile che merita di essere colta con una lettura attenta e approfondita. Questi racconti, in tutto 13, sono il risultato della sua ultima fatica, sono storie reali tuttavia improntate a un genere, particolarmente caro all’autore, cioè al surreale. E proprio per questa caratteristica, per una punta di grottesco che sovente le accompagna, a mio parere perdono un po’ della loro efficacia per lo stile raffinato e ricercato di Sozi, uno stile non certo attuale, ma che mi sembrerebbe più adatto a opere di diversa natura, e chissà perché mi è venuto in mente Il mulino del Po di Bacchelli, anziché L’Adalgisa di Carlo Emilio Gadda, di cui l’autore è un grande estimatore. Ma può essere una mia impressione nell’affanno del caldo opprimente e in ogni caso questa mia critica incide ben poco, senza nulla togliere, al valore intrinseco di Diorama. Già Diorama, che strano titolo. Il diorama, come penso sia noto, è la riproduzione in scala ridotta di scenari di diversa natura e in effetti Sozi ha raccolto in un libro, con i suoi racconti, tanti aspetti di vita quotidiana, riducendoli appunto a poche pagine, ma lasciando al lettore - e questo è una nota di merito – la possibilità di sviluppare la sua fantasia di cui il testo rappresenta uno stimolo. Per quanto ovvio, questo volume non ha questo scopo, non ha questa vocazione, ma, secondo il mio parere, è un omaggio indiscusso all’arte, in qualsiasi forma si manifesti. Il libro stesso è una forma d’arte e nei racconti è possibile cogliere questo intendimento dell’autore, il quale, giustamente, deve considerare l’arte come la forma di comunicazione più elevata che ha l’uomo, capace di creare sensazioni, di emozionare e, perché no, anche di dare un breve istante di serenità.
Prendiamo il primo racconto, dal titolo quasi impronunciabile, Sevdalinka, in cui una fanciulla, ritratta in un quadro si materializza, in un senso onirico che si amplia negli spazi fino quasi a convincere il lettore che sia tutto vero e non frutto di un sogno; è un omaggio alla pittura, alla sua capacità di cogliere in chi guarda inconsci desideri o inconsapevoli passioni represse. In Carosello, una sorta di parodia estremizzata, c’è il sottofondo della musica, in Le cose cambiano c’è il cantore di tarantelle e così via.
Personalmente il racconto che mi è piaciuto di più è stato L’ultimo giro, in cui un famoso critico letterario ormai assai anziano apprende per telefono dal suo medico che gli resta un mese di vita e poiché Marotta, così si chiama, ha stroncato sempre chi non lo foraggiava, osannando invece chi scuciva una bella somma decide di riparare, e non dico come, per non togliere al lettore il piacere di scoprirlo. Forse l’ho gradito di più per la mia passione di scrivere recensioni, anche se di certo non traggo guadagni e quell’opinione che esprimo, sulla base delle mie non eccelse capacità letterarie, può essere giusta o sbagliata, ma comunque è sempre sincera.
E sincero sono anche ora nel dire che Sozi ha un indubbio talento, nonché anche la dovuta preparazione, e propone sempre qualche cosa di nuovo, non è mai ripetitivo, può piacere o non piacere, ma comunque è un artista, perché crea e credo che in ogni lavoro che svolge ci sia tutto il suo impegno e la sua capacità; non scrive certo per il grande pubblico, non scrive ciò che i lettori si attendono, però stupisce e riesce e a cogliere nel segno, tanto che la lettura di ogni sua opera, come Diorama appunto, non è assolutamente d’evasione. Induce a riflettere, a osservare, a rileggere, insomma una volta arrivati all’ultima pagina si scopre che un po’ della sua cultura è entrata in noi.