Con la faccia per terra
Letteratura italiana
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Un Chiara sorprendente
Credevo di aver letto tutto, o quasi, della corposa produzione di Piero Chiara (mi manca Il vero Casanova e provvederò quanto prima) al punto che tempo fa ho scritto una parziale monografia dedicata a questo autore che giustamente può essere chiamato Il cantore della provincia. Credevo e mi sbagliavo, perché, quasi per caso, mi sono imbattuto in un suo libro, ben poco conosciuto, intitolato Con la faccia per terra e altre storie, insomma una raccolta di racconti, di cui uno piuttosto lungo (Con la faccia per terra) e gli altri generalmente brevi. La lettura non solo mi ha piacevolmente sorpreso, ma mi ha rivelato un Piero Chiara che, lasciate le consuete tematiche, ha saputo fornire un lavoro che a mio parere é il suo migliore. La narrazione è totalmente dedicata a un suo viaggio in Sicilia e alla figura paterna, rivelando un complesso di approfondimenti e una capacità di esporre con semplicità riflessioni di rilevante impegno . Ha ragione Geno Pampaloni quando nella sua ampia prefazione dice che non c’è tanto un compiaciuto abbandono al passato, bensì una riflessione morale, accompagnata da una scrittura lieve e da un riserbo di giudizio nel tratteggiare gli aspetti essenziali della vita. Va da sé, per quanto ho fino a ora detto, che si tratta di una vera e propria, se pur parziale, autobiografia, in cui riluce, non disgiunta dalla consueta ironia, un velo di accennata malinconia che è propria di chi vuole verificare il riscontro fra i ricordi di età giovanile e la realtà di un uomo ormai maturo. Quella Sicilia, la terra natia del padre, che da bambino e da ragazzino, in visita ai parenti, assumeva un aspetto favolistico, ora per nulla cambiata è un’amara realtà. Un tempo fermo accompagna il viaggio, o meglio i viaggi, perché costante é la coesistenza della memoria del trascorso e del presente. In Sicilia si agogna arrivare, ma là si cerca di scappare, troppo diverso è il modo di vivere fra l’estremo sud e il grande nord. Non é tuttavia una critica ai siciliani, verso cui mostra un affetto fraterno, ma è la constatazione che lì non a caso è nato Il Gattopardo e che nulla può mutare, pur fra gli eventi fragorosi del ventennio fascista e della seconda guerra mondiale. Ci sono pagine in cui l’autore riesce così bene a descrivere il paesaggio e le atmosfere che si ha l’impressione di essere presenti con lui, di viaggiare in lungo e in largo, di incontrare i parenti, per lo più povera gente che dalla vita nulla hanno avuto e che mai avranno, ormai senza speranza, tediati da una rassegnazione atavica. Se Con la faccia per terra occupa quasi tutto il libro, gli altri racconti, tutti brevi, sono un diretto omaggio al padre, osservato nella sua avanzata età e nello sforzo per allontanare, almeno scaramanticamente, la morte, con cui pare giocare, una presenza invisibile che tuttavia lui avverte e che accompagna le sue giornate, a volte nel preparare la sua dipartita, magari facendo incorniciare una fotografia da mettere sulla lapide, altre attendendola rassegnato nelle forze che progressivamente vengono meno. É un Chiara che francamente non mi aspettavo, tenero, delicato, che con occhi pieni di affetto annota il progressivo spegnersi di un’esistenza. E con l’ultimo, Un sogno, tributa al genitore un omaggio del tutto particolare e commovente.
Non mi piace attribuire giudizi altisonanti, ma fra i tanti capolavori di Piero Chiara questo é il migliore, é quello che potrei definire un lascito a futura memoria.