Il filo infinito. Viaggio alle radici d'Europa
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Mobilitare il coraggio contro la retorica della pa
Paolo Rumiz racconta, in questo libro di non fiction, un itinerario dell'anima: un pellegrinaggio interiore che l'ha portato sulla via dei monasteri benedettini per riscoprire le radici autentiche dell'Europa.
Un giorno di qualche anno fa infatti, mentre sta compiendo un cammino nei luoghi del terremoto appenninico, arrivando a Norcia vede, tra le rovine, la statua di San Benedetto. É incredibilmente intatta tra le macerie e porta la scritta «San Benedettino. Patrono d'Europa». Per Rumiz è una specie di folgorazione, un segno da cogliere: in un'Europa tartassata dai nazionalismi di ritorno, che si sta chiudendo in se stessa e rifiuta l'accoglienza degli Ultimi, in un'Europa xenofoba e razzista dominata dalla paura, che fine ha fatto il messaggio di San Benedetto? Quel messaggio che mette al centro l'ascolto, l'accoglienza, il lavoro e lo studio che hanno come fine quello di celebrare lo splendido Creato e quindi Dio, l'operosità buona che riesce a cogliere i doni dall'ambiente senza distruggerlo, la letizia che nasce in un'esistenza che non nega la spiritualità ma anzi la comprende e la vive appieno?
«Un vento profumato penetrava le rovine e io sentivo che nel mio mondo parole chiave come silenzio, dedizione, spirito di sacrificio erano state liquidate o avevano smarrito il loro senso. La stessa parola “Europa” si era perduta. I fondamenti della cultura cristiana – compassione e solidarietà- erano diventati un reato. Sulla pelle dei disperati, un'intera classe politica faceva le prove generali di una spietatezza che sicuramente sarebbe ricaduta sui nostri figli, ma noi eravamo incapaci di accorgercene.»
Rumiz pensa quindi di andare di persona a visitare diversi monasteri benedettini, in Italia, Francia, Germania, Svizzera, Belgio, Ungheria, per ritrovare lo spirito che ha guidato il monachesimo e comprendere quanto da quello spirito possiamo ancora oggi trarre insegnamento e ispirazione per muoverci in un presente piuttosto fosco.
Anche i primi monaci benedettini vissero in un'epoca molto difficile: l'impero romano d'Occidente era caduto e i territori italici erano circondati ed attaccati da popolazioni violente e bellicose. Ebbene, che cosa hanno fatto i benedettini in questa situazione? Si sono aperti all'altro, l'hanno ascoltato e accolto: hanno praticato la solidarietà, il lavoro manuale, lo studio e la lettura, la carità. In questo modo hanno conquistato i conquistatori, li hanno convinti a diventare cristiani ed a far parte del loro mondo. In questo modo è nata l'Europa.
Il destino dell'Europa, secondo Rumiz, non può essere altro che questo: accoglienza, integrazione, solidarietà e democrazia. Il destino dell'Europa è scritto nella sua posizione geografica, una penisola che dall'Asia si protende verso l'Oceano Atlantico: nella storia è sempre stata il punto d'arrivo di migrazioni di popoli che, non potendo attraversare il mare, si sono stanziati qui.
L'Europa è un'anomalia democratica stretta fra giganti che vorrebbero toglierla di mezzo. La salvezza dell'Europa non può che essere rappresentata dall'unione e non certo dal riaffiorare di sterili nazionalismi.
« “[...] Basta guardare le mappe per capire che in tanti vorrebbero toglierci di mezzo. Sono riuscito a spiegarlo persino ai bambini delle elementari. Ho disegnato per loro l'Europa alla lavagna con intorno i pericoli che la minacciano. A nord, le lusinghe di Putin. A est, il focolaio mai spento dei Balcani e dell'Ucraina, i reticolati, i nazionalismi etnici, le mire della Cina. A ovest, i dazi di Trump, l'autolesionismo di Brexit, la Catalogna. A sud, il mare dei naufraghi, l'islamismo violento, le dittature, la guerra, le bombe sui civili. Mai nella storia abbiamo avuto tanti problemi in comune, ho detto ai piccoli scolari. Poi ho chiesto: 'In mezzo a tutto questo, voi cosa fate? Restate uniti o vi dividete?'. 'Uniti, uniti!' hanno gridato. Lo capiscono anche i bambini. L'Europa delle nazioni invece, anziché compattarsi litiga, alza reticolati, abbatte regole di garanzia, mette in discussione le conquiste democratiche. Rinnega le radici cristiane. Dimentica Benedetto...” »
É necessario quindi mobilitare il coraggio contro la retorica della paura: comprendere e smontare i meccanismi che ci stanno portando all'autodistruzione.
Rumiz scrive un testo luminoso ed illuminante che si muove tra racconto di viaggio, percorso spirituale, lucida analisi della situazione europea attuale. Quasi su ogni pagina mi sono soffermata, ho letto e riletto alcuni passaggi, ammirando la prosa elegante ed efficace, le riflessioni amare ma necessarie, la speranza ferita ma mai abbandonata di un intellettuale che ci costringe ad interrogarci sul presente riscoprendo le nostre radici storiche in modo serio ed appassionato.
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Il fascino del silenzio
Sicuramente assai gradevole e di fascino narrativo, questo libro ci conduce in un viaggio presso alcuni monasteri benedettini sparsi tra Italia, Francia, Svizzera, Germania, Austria ...
La diffusione delle abbazie economicamente autosufficienti ma comunicanti fra di loro "cambiò l'Europa e ne civilizzò gli spazi più selvaggi". Un ruolo importante per l'europeista Rumiz.
Proprio l'ardore europeista dell'autore, per me condivisibile in sé, qui è assai rimarcato ; talvolta anche con troppa insistenza, ritengo. Questa ridondanza concettuale è l'unica nota che, pur lievemente, ho avvertito essere di peso alla bella fluidità di lettura.
Per il resto, è stato un piacere inoltrarmi "in un mondo di bisbigli, di "ricerca di essenzialità", nel silenzio che "aiuta a distinguere tra ciò che conta e le bestialità verbali che ci stanno invadendo come erbe matte" , nella bellezza che deriva dal togliere, non nell'aggiungere.
"Mozart ci ricorda che la forza della musica non sta nelle note, ma nello spazio tra esse".
Questi luoghi di spiritualità e di "equilibrio con la natura e la comunità" fanno dire all'autore che il suo "viaggio coincide sempre più con la riscoperta dei valori liquidati o derisi dalla modernità". E la serenità che vi si respira lo porta a domandarsi "se la parola 'felicità' non debba essere sostituita da 'contentezza', il ringraziamento di chi 'si accontenta' di ciò che la Provvidenza gli ha donato".
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saggistica di gradevole fruizione
l'Europa di San Benedetto
Un libro molto bello che ha come leit motiv San Benedetto di Norcia, lo stile di vita dei benedettini che, a detta dell'autore, è stato il collante per il modus vivendi europeo. Ci sono descrizioni, precise, raffinate e con spunti storici religiosi di tanti monasteri sia italiani che europei. Concludo estrapolando un passaggio che mi ha colpito
..."Un tempo i vizi capitali erano otto e l'ottavo era la tristezza.Il buon cristiano aveva il dovere della letizia .Nel Medioevo i peccati si misuravano prima di tutti nei confronti dell'Altissimo.La tristezza era un'offesa a Dio"
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L'ultimo baluardo di normalità contro l'oblio
Norcia, Aprile 2017.
Paolo Rumiz si trova nel cuore cicatrizzato dell'Appennino umbro-marchigiano, dove il terremoto del 30 Ottobre 2016 ha lasciato solo silenzi e divieti accanto alla statua di San Benedetto, Patrono d’Europa, estratta incredibilmente intatta dalle macerie: forse una coincidenza, o forse un messaggio salvifico 'in un Occidente segnato da violenza, immigrazioni di massa, guerre, anarchia, degrado urbano, bancarotta' che rischia di implodere come dopo la caduta dell’Impero romano.
Parte da queste terre ormai disabitate il viaggio evocativo, spirituale e attitudinale alla ricerca dell'"ora et labora" applicato ai giorni nostri: un''alternativa al frastuono di un mondo globalizzato che emargina', una navigazione interiore, una presa di coscienza fatta di vivande, musica, cultura, risposte, mancate risposte e (addirittura) birra perché non si perdano definitivamente quei valori che la modernità mitteleuropea ha liquidato.
Storia, geografia e memoria sono le coordinate principali di un reportage dall'Atlantico al Danubio che racconta della fortissima dicotomia tra la barbarie consumistica del presente secolo e il desiderio di metodica ricostruzione della "Regola": dall'abbazia di Sankt Ottilien in una cittadina ipertecnologica alle messe in tedesco fra endecasillabi e bicchieri di Pinot in quel di Muri Gries, passando per la 'psiche iatreion' a San Gallo e per i dipinti trecenteschi dell'abbazia femminile di Viboldone, ascolto comunitario, stabilitas, rinnovamento e rispetto per la terra combattono la loro personale battaglia contro il minaccioso cavallo di ritorno del totalitarismo. Che trascina dietro di sé una pericolosa e disperata desertificazione sociale.
Con una scrittura laica dai toni sobri e delicati, presente e passato si intrecciano al 'secum stare' per impedire che l'otiositas abbia meglio sull'otium.
Per ritrovare la solidarietà più autentica.
Per ritornare all'essenza più profonda.
'Sono preoccupato per il destino di Europa. Forse sarà travolto dall'urto del Globale con la complicità dei professionisti della paura. Ma so che abbiamo il dovere della speranza. E che tra le montagne italiane si nascondono la formula e il mistero della rinascita.'
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Il filo conduttore tra passato, presente e futuro
È mediante una penna erudita, chiara, fluente e precisa che ha inizio il viaggio di pellegrinaggio che si dipana sulle vie dei monasteri benedettini sino alla ricerca delle radici di quell’Europa, i cui confini, e le cui ragioni, oggi sono sempre più complessi e difficili da difendere a causa di un’ondata di estremismi costantemente più radicati e chiusi che ne millantano l’implosione. Ma come si è potuto dimenticare quel messaggio di ascolto e accoglienza, di cultura e istruzione, che era alla radice del pensiero San Benedetto? Perché è sempre più difficile ipotizzare una dimensione di collettività? Perché prevale l’individualismo? Perché l’uomo non riesce più ad accontentarsi di quel che ha risultando essere sempre alla perenne ricerca di quel qualcosa in più? Perché lo stesso messaggio clericale è percepito quale un qualcosa di dissonante, una controcorrente? Perché è così diffuso questo senso di malessere, malcontento e invidia che rende ciechi e confonde i pensieri? Perché è riuscito a diffondersi così rapidamente?
Tanti i quesiti che si sommano gli uni agli altri e che portano in pellegrinaggio per i monasteri benedettini sparsi in tutta Europa lo stesso triestino, tanti sono gli interrogativi che lo invitano a comprendere le ragioni per le quali lo spirito monacale è stato perso e che lo portano a chiedersi che cosa potrebbe essere fatto per ritrovarlo e custodirlo.
Da qui l’ultima riflessione su quel che saranno le sorti di questa unione politico-economico-sociale tanto faticosamente costruita e sempre più difficile da mantenere a fronte di forze che mirano alla sua distruzione. È abbracciando il pensiero benedettino focalizzato sulla solidarietà e sull’ascolto che Rumiz propone una possibile valvola di salvezza a questo cupo fato: aprirsi. È facendo leva sui principi di umanità, democrazia, rispetto, integrazione, aggregazione, lavoro, accoglienza, empatia e umanità che questa può salvarsi. Storicamente da sempre luogo di arrivo, essa può sopravvivere esclusivamente facendo perno sulla sua umanità ma soprattutto sulla sua unione. Perché soltanto con l’unione le voci dissonanti troveranno una loro fine, perché è soltanto con l’unione che potrà crescere. Non anche, anzi, chiudendosi, implodendo, escludendo, tornando a un nazionalismo che negli anni duemila, con la globalizzazione, il progresso, l’eguaglianza, la tecnologia, l’abbattimento delle frontiere geografiche e umane, è concetto tanto astratto quanto impensabile, inattuabile e paradossale.
Non è un testo semplice quello che ci propone Rumiz perché al suo interno molteplici sono le riflessioni che vi sono custodite. Tuttavia, è proprio questa sua complessità a spingere il lettore a proseguirne la lettura, a comprenderne le teorie e i pensieri, a riflettere. Perché dal percorso che viene intessuto il conoscitore è convocato a meditare sulla realtà che lo circonda, su quella che è la situazione macro-dimensionale dell’Europa (e non solo dell’Italia e delle sue già note problematiche come da tendenza diffusa), ma anche sulle proprie radici. Perché è soltanto conoscendo queste ultime che è possibile approcciarsi al presente e pensare al futuro in un’ottica propositiva all’innovazione e alla maturazione e non anche di ritorno al passato.
Un elaborato impegnativo, elegante, colto e che lascia il segno.