Il buio dell'India Il buio dell'India

Il buio dell'India

Letteratura italiana

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Questo libro raccoglie le esperienze di viaggio, gli appunti e le "letture indiane" che vanno dal 1987 ai giorni nostri di uno scrittore, Giorgio Montefoschi, che dall'India è stato folgorato. La Delhi dei grandi viali alberati progettati dagli inglesi e quella del più tumultuoso mercato popolare del mondo; la Calcutta colta, antica e modernissima nella quale rifulge l'opera di Madre Teresa; le languide campagne del Bengala; gli oscuri templi del Tamil Nadu; e Benares, il luogo di ogni rinascita ma anche le sante e gli asceti; la poesia e la natura; la musica e la danza; il fasto e la miseria; la sessualità e l'amore: non c'è pagina del libro che, insieme all'urgenza di vedere, conoscere e raccontare, non riveli la forza di una "necessità spirituale". Che è poi il vero bagaglio di ogni viaggiatore per vocazione, quello che parte alla scoperta del mondo e di sé.



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Il buio dell'India 2022-08-02 12:54:08 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    02 Agosto, 2022
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Legame indiano

La produzione letteraria di Giorgio Montefoschi spazia dal romanzo, genere che lo incoronò vincitore del Premio Strega nel 1994, alla saggistica dedicata alle esperienze di viaggio.

Da grande innamorato del suolo indiano, nell'arco di trent'anni vi si è recato innumerevoli volte, da solo e con amici o colleghi al seguito. “Il buio dell'India” edito nel 2016 raccoglie un sunto di tante esplorazioni, di tanti incontri con persone e luoghi che gli hanno permesso di poter instaurare un legame spirituale e viscerale, improntato alla conoscenza, al rispetto e alla comprensione.

Eterogenee e contrastanti le immagini che scorrono tra le pagine, visioni di sofferenza e difficoltà ma anche di dignità e serenità.
Luci, colori, riti, afrori, miscelati in una ballata vorticosa e inafferrabile per l'uomo occidentale.
Tanti volti e tanti incontri, narrati dalla penna sapiente di un romanziere, rendono lo scritto un piccolo gioiello, lontano dalla fredda reportistica, ma vicino al calore umano colto in ogni battito di ciglia.

Il viaggio attraverso un paese, va condotto con la mente aperta, abbandonando pregiudizi e preconcetti, va affrontato lasciando a casa le suggestioni altrui o le aspettative mutuate dai media.
Montefoschi riesce in questa difficile operazione, sicuramente aiutato dal fatto di aver potuto godere di una conoscenza approfondita e continua nel tempo che lo ha portato ad attraversare e soggiornare in ogni regione indiana.

La mano dello scrittore si avverte, pertanto lettura godibile ed altrettanto meritevole lo spaccato socio culturale descritto, in maniera sommaria senza scendere nel minuzioso, tuttavia suggestivo e stuzzicante per chi si accinga ad intraprendere la conoscenza di uno dei paesi più enigmatici e complessi.

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Il buio dell'India 2016-08-14 05:51:39 Natalizia Dagostino
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Natalizia Dagostino Opinione inserita da Natalizia Dagostino    14 Agosto, 2016
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Pace indiana

Conosco Giorgio Montefoschi che mi ha raccontato le storie ben scritte di Eva (2011) e de Le due ragazze dagli occhi verdi (2008): le relazioni, il dispiacere, i pensieri tenuti stretti a sé. E ritorna per dirmi delle letture e dei viaggi intorno all’India che durante trent’anni hanno contribuito ad ampliare la sua esperienza umana.

Il viaggio fa parte della storia dell’essere umano e agisce come una forza su di lui. Per l’autore i viaggi in India sono prova, sopportazione, logorano e spogliano ma, proprio per questo, sono cambiamento e trasformazione. Le città indiane offrono saggezza e conoscenza e, attraverso la fatica e il patimento, intensificano l’esperienza esistenziale.

“Di che è fatta la pace indiana?”
Seguo i passi e i pensieri dell’autore attraverso i luoghi indiani che chiamano, attraverso la malattia del ritorno, la luce grigia e riposante e il gran caldo umido, gli inni del Veda, il sentimento della sicurezza del ritorno. Capisco il sentirsi “serenamente disperso, nullafacente di diritto”. Come già Pasolini, Moravia e Manganelli (che aveva definito Calcutta ), Giorgio Montefoschi, riprende il camminare lento e pensato fra miseria e agiatezza, fra i diseredati della terra e la Salt Lake City (la cittadella dell’informatica), fra la presenza di Ka, colui che è, e il donarsi delle missionarie della Carità.

Il viaggio come causa e misura per acquisire il coraggio, la resistenza, la capacità di sopportare ed elaborare il lutto e le ferite, come ricerca e scoperta per mantenere il governo di sé anche in situazioni di affaticamento e di pericolo: il K?mas?tra richiama il potere, il piacere e la religione, come i tre fini dell’esistenza.

Ho da viaggiare e da studiare.

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