Narrativa italiana Libri per ragazzi Grammatica della fantasia
 

Grammatica della fantasia Grammatica della fantasia

Grammatica della fantasia

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La presentazione e le recensioni di Grammatica della fantasia, opera di Gianni Rodari edita da Einaudi. Senza consegnarci un ricettario per costruire storie, Rodari ci offre “materia prima”, idee, occasioni per superare la muraglia della routine scolastica, per riconoscere il ruolo della fantasia nei processi formativi e renderne l’uso accessibile a tutti. Una lezione ineguagliata sulla parola come strumento dell’immaginario.

Gianni Rodari (Omegna, 1920 - Roma, 1980), insegnante, giornalista e scrittore di libri e programmi televisivi per l’infanzia notissimo in Italia come in molti paesi stranieri, ha contribuito a rinnovare profondamente la letteratura per i ragazzi. I suoi libri sono stati tradotti in molte lingue e hanno ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui il «Premio Andersen» nel 1970.



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Grammatica della fantasia 2017-01-04 11:22:20 Nai_ve
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Nai_ve Opinione inserita da Nai_ve    04 Gennaio, 2017
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Fantasia creativa

Pochi libri sono al tempo stesso istruttivi e piacevoli come questo. Rodari conserva nella saggistica la stessa schietta freschezza narrativa che riserva ai romanzi e ai racconti per l’infanzia, realizzando un saggio sulle possibilità e sulle infinite varietà della scrittura creativa, senza risultare mai banale e mai prolisso, mai noioso e sempre attuale. Realizza insomma un testo adatto a tutti, aperto a tutti, che insegna senza distinzione di sorta ad inventare storie partendo da idee semplici, spesso simpatiche, e perlopiù solo apparentemente ingenue o frivole. La sua dichiarazione poetica, «tutti gli usi della parola a tutti», vuole del resto sottolineare proprio questo: tutti possono inventare favole (e perché no, dalle favole ai romanzi e così alle storie per adulti) e per farlo basta lasciar spazio alla fantasia e alla creatività, senza porsi limiti di qualsiasi genere, siano essi mentali, spaziali, di verosimiglianza, seguendo un procedimento che prima ancora che dell’uomo adulto è proprio non a caso del bambino.

I metodi «consigliati» da Rodari sono, citando le sue parole, «solo alcuni» fra quelli possibili. Propone ad esempio di servirsi di un «binomio creativo»: due parole, gettate l’una contro l’altra, che proprio in virtù della loro – possibilmente grande – distanza semantica permettono di creare divertenti incontri narrativi. Un’altra possibilità sta nell’utilizzo dell’«errore creativo», che consente di rendere ogni strafalcione grammaticale un potente indizio creativo per l’invenzione di una storia. Perché, poi, non partire da fiabe antiche per produrne di nuove? Si può sconvolgere il senso di una locuzione, di un modo di dire cristallizzato, di una frase idiomatica che nessun adulto, diversamente, si sognerebbe di ripensare come fanno i bambini: ad esempio, l’orologio che «spacca il minuto». Come lo spacca? A martellate? E «vedere le stelle» per il dolore, quali costellazioni ci permette di ammirare anche senza cannocchiale? Questi sono alcuni tra gli esempi descritti dall’autore.

Il punto di partenza è la fantasia, considerata da Rodari il senso più profondo della libertà umana. Nulla più della fantasia permette all’uomo di sentirsi davvero libero e, parafrasando il suo pensiero, la fantasia è la sola forma di libertà umana che nessun regime, nessuna dittatura, saranno mai in grado di imbrigliare. Ho studiato letteratura, ma mai nessun autore o saggista era riuscito a trasmettermi un messaggio di così potente fiducia nelle facoltà umane, nonché nel senso di grandezza e profondità che soltanto l’arte è in grado di trasmettere già soltanto attraverso il suo atto di realizzazione.

Vorrei inoltre sottolineare come la “Grammatica della fantasia”, oltre ad essere un saggio di scrittura, è implicitamente anche un manuale per imparare ad essere buoni genitori. Ho trovato tra le sue pagine insegnamenti davvero notevoli, e del resto il grande spazio dato alla creatività mi sembra già in partenza un’ottima premessa per una buona l’eduzione dei più piccoli. Oggi la scuola dà ancora pochissima rilevanza alle capacità fantastiche di ogni alunno (e se ne lamentava già Rodari nel ’70!), e così il mondo che, una volta emersi dall’alveo dell’infanzia, scalza verso la propria irrimediabile fine quella fantasia che resta – e nei bambini di oggi, molto spesso di fantasia ne resta purtroppo davvero poca. L’omologazione, in fondo, richiede un minimo uso della creatività: meno ce n’è, meglio è. Rodari, al contrario, insegna che la creatività fantastica è importante e invita per questo ad educarla: come l’amore, anch’essa, pur essendo naturalmente presente nella mente del bambino, necessita attenzioni e cure per svilupparsi al meglio. E credo che anche la scuola ormai dovrebbe capirlo: la creatività è sinonimo di intelligenza, così come lo è la capacità di saper svolgere un’espressione matematica o riconoscere un predicato verbale da un sostantivo.

Mi sento per questo di consigliare la “Grammatica della fantasia” a tutti coloro che nella propria adolescenza (e oltre) si sono sentiti accusare di «vivere nel mondo delle favole», e a tutte quelle persone che hanno rinunciato ad inventare, a creare, a disegnare, scrivere, dipingere, comporre e quant’altro, per trovarsi una «fatija (lavoro) seria», come si dice dalle mie parti. E anche a tutti coloro che pensano che inventare storie sia troppo oltre la loro portata. Rodari permette di capire non bisogna essere grandi scrittori per inventare favole: basta soltanto dimostrarsi fanciullescamente aperti alla creatività fantastica. E per dirlo in altre parole: «Non serve essere grandi artisti per fare dell’arte».

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Grammatica della fantasia 2014-03-23 15:19:26 Aleksandr
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Aleksandr Opinione inserita da Aleksandr    23 Marzo, 2014
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«Se avessimo una Fantastica, come una Logica, sare

«Nel racconto, insomma, il linguaggio assume in pieno la sua funzione simbolica, rifiutando il supporto materiale del gioco. Si tratta forse di un rapporto col reale meno ricco di quanto non sia il gioco vero e proprio? Dovremmo pensare che il gioco è più concretamente formativo, nella sua fondamentale ambiguità di gioco-lavoro, mentre il racconto, come fantasticheria verbale, sarebbe una forma di evasione? Penso proprio di no. Il racconto, al contrario, mi appare una fase più avanzata di dominio sul reale, un rapporto più libero con i materiali. È un momento di riflessione che va al di là del gioco. È una forma di razionalizzazione dell’esperienza: un avvio all’astrazione.» (p. 126)

«Il mondo si può guardare a altezza d'uomo, ma anche dall'alto di una nuvola (con gli aeroplani è facile). Nella realtà si può entrare dalla porta principale o infilarvisi – è più divertente – da un finestrino.» (p. 28)

Il pretesto per questo libro è una frase di Novalis: “Se avessimo una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare”. Ed il suo sottotitolo, in effetti, è Introduzione all’arte di inventare storie. È uno strumento per «chi ritiene che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione»; ed è un’opera, nella sua semplicità, complessa. È un libro semplice, perché Rodari evita di approfondire troppo i singoli argomenti, se non nella parte finale. È complesso, perché gli argomenti sono tanti e, fra loro, tutti collegati.
Quello che è importante dire fin da subito è che questo non è semplicemente un corso su come si stendano racconti fantastici. Questo è un libro sul rapporto fra l’adulto e il bambino, in cui l’adulto si pone al servizio del bambino e ne stimola la fantasia. La narrazione, infatti, non è una realtà unilaterale: anche la fantasia dell’ascoltatore si agita mentre ascolta, interpreta, rappresenta e immagina – e da tutto questo nasce lo stimolo alla creazione. Questa è la questione principale del libro: i bambini non sono degli ascoltatori passivi, ma, attraverso un processo di sostituzione, vivono la favola al tempo stesso come personaggi e coautori. Se ne hanno la possibilità, creeranno volentieri in modo autonomo. Dunque, bisogna fornirne loro l’occasione.
Messa in chiara l’ottica da cui si deve inquadrare l’opera, proseguiamo verso gli argomenti trattativi. Spiegata la genesi del libro, Rodari illustra gli elementi fondamentali di una storia fantastica e offre dei suggerimenti pratici per risolvere alcuni problemi nella sua composizione: quali personaggi scegliere? Qual è il loro mondo? Cosa deve avvenire? Ci sono simmetrie da rispettare nello scrivere una storia e, nella fattispecie, una favola? Quanto conta il caso? Qui inizia a fare capolino la linguistica, utilizzata per ricercare perché e secondo quali criteri i concetti vengano selezionati e appaiati.
Dopo poco, comunque, risulta evidente che questa parte istruttiva non ha lo scopo di creare il cantastorie perfetto, ma di dare al cantafiabe uno spartito su cui fare improvvisare i bambini. Il fine del libro, infatti, non è generare un adulto che sia semplicemente in grado di intrattenere i più piccoli, ma che sappia dare loro un mezzo per esprimere e sviluppare la propria fantasia. E dunque abbiamo una serie di attività per lasciare che siano i bambini ad inventare: il teatro e il teatrino, i giochi per raccontare assieme ai compagni di classe, lo sviluppo libero di un tema… La classe è la dimensione corale di questi esercizi, dove il bambino, ora ascoltatore, ora attore, ora autore insieme agli altri, impara a esporre proposte proprie e a sviluppare quelle altrui.
I racconti prodotti da questa azione creatrice possono dire molto sul bambino. Come leggere una fiaba raccontata da un bimbo di cinque anni? Come intravedere il processo di selezione che ha fatto sì che scegliesse proprio quegli elementi? Che immagine ha in quel momento il bambino della realtà e in che modo il linguaggio – come l’ha compreso finora, con le sue varie metafore ancora aperte ad una interpretazione letterale – influisce su di essa? Rodari comprende nel libro anche qualche esempio metodologico di interpretazione, in modo da rispondere a queste domande. Di fatto, si tratterà di applicare ulteriormente i principi compositivi della fiaba esposti in precedenza, ma qui sfruttati come chiave per scomporla ed analizzarla.
Il cardine su cui tutto il libro ruota è però, come già detto, l’analisi del ruolo dell’adulto verso il bambino, e il più importante fra gli adulti agli occhi del piccolo non potrà ovviamente essere altri che il genitore. Rodari raccomanda ai genitori di raccontare le favole ai propri bambini e addirittura propone scherzosamente di rendere questa pratica obbligatoria per legge. Le motivazioni però non sono legate semplicemente allo sviluppo della creatività. Per il bambino è importante che il genitore racconti storie, perché, in quel momento, il genitore è lì, con il bambino, e non c’è altro che il bambino desideri di più. La favola può anche essere soltanto un pretesto del bambino per avere accanto il genitore, il vero oggetto del suo interesse. Questo elemento si trova in parecchie delle favole proposte: il bambino separato dai genitori ha, nella fiaba, il solo obiettivo di riunirsi a loro ed è dalla loro mancanza che nasce il suo sgomento, una sensazione facilmente compresa e condivisa dai piccoli ascoltatori.
Nella categoria dell’adulto sono compresi anche gli insegnanti. Rodari critica l’abitudine di imporre una visione autoritaria sull’interpretazione di un testo, quando è possibile comprendere molto meglio cosa abbiano effettivamente capito i ragazzi lasciandoli parlare. Dal mio punto di vista, questa è però una pratica che funziona fino ad un certo punto. L’esempio portato da Rodari è l’interpretazione di una fiaba: una capra, stanca di vivere imprigionata nel recinto del padrone, scappa sul monte, dove viene il lupo però la uccide. Gli studenti interpretano la fiaba come un monito contro chi disobbedisce. Rodari nota che i ragazzi hanno dato questa interpretazione perché è la più adeguata alle loro esperienze, riferendosi al fatto che un testo non viene interpretato secondo le intenzioni dell’autore, ma secondo le condizioni del ricevente. In realtà, continua Rodari, è facile che la favola contenesse una esaltazione del titanismo della capra, che, affamata di libertà, in suo nome soffre e muore da martire. Gli alunni, questo, non l’hanno avvertito. Il problema è che, se l’insegnante non insegna un metodo interpretativo, gli studenti non impareranno ad usarlo e resteranno vincolati alla propria percezione immediata, fraintendendo ogni testo scritto secondo una sensibilità diversa dalla loro. La critica alla letteratura classica ha innumerevoli esempi di questo tipo.
Restando in tema, leggendo il libro troveremo anche una critica all’abitudine di far fare i riassunti. Visto che l’incapacità a riassumere è oggi considerata una delle pecche gravi degli studenti italiani, Rodari non ne esce benissimo. Occorre comunque dire che pretendere di giudicare l’attività di un insegnante da alcuni accenni su un argomento che, per il libro, è secondario, non può che essere rischioso, specialmente considerando che si tratta di una Grammatica della fantasia: un testo finalizzato a rendere libera e fruttuosa l’immaginazione di un bambino e a dargli le occasioni di usarla. Pretendere esercizi di puro apprendimento da un volume del genere sarebbe come cercare fondamenti di etica in un manuale di marketing.
Per quanto riguarda lo stile, i due brani che ho riportato rappresentano i momenti fondamentali che si incontreranno spesso nella lettura. Uno è di tipo tecnico-scientifico; pur mantenendosi immediatamente comprensibile, spiega i processi linguistici e psicologici legati alla creazione e alla comprensione del racconto. In questa parte, Rodari si appoggia spesso a letteratura più o meno specialistica. Il secondo momento è quello più propriamente letterario-descrittivo. Spesso si ha a che fare con scheletri di racconti, in cui però brilla già quel lampo di fantasia che, ancora adesso, mi fa ricordare quanto di Rodari ho letto da bambino. Sono esempi scelti bene e il desiderio di completarli o provare a crearne di propri segue automatico.
Arriviamo ora al giudizio propriamente inteso. Il libro si legge gradevolmente, ma soprattutto è una grande ispirazione per chi ha a che fare con i bambini, a vari livelli; è assolutamente consigliato per i genitori ed è un valido supporto per chi voglia muovere i primi passi nella narrativa per bambini. Per i professionisti dell’insegnamento, invece, rischia di rivelarsi piuttosto limitato. La letteratura che riporta e su cui a tratti si appoggia era, al momento dell’uscita, estremamente aggiornata, ma oggi è vecchia di quarant’anni. Piuttosto che come libro sui bambini, ai maestri lo consiglio come libro su Rodari, visto che di certo ogni insegnante avrà a che fare con i suoi testi e che il libro può fornire uno strumento in più per comprendere il suo stile e la sua produzione.

Versione recensita: GIANNI RODARI, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie. Giulio Einaudi editore, Torino 1973 (prima edizione). VII + 195 pagine, Lire 2400.
Oggi in vendita presso lo stesso editore a € 12,39.

Valutazione: Perfetto per i genitori, ispiratore per chi si dedica ai bambini, scientificamente non più aggiornato, ma letterariamente intramontato.

Alessandro Bettinsoli

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