Gino spazzino e la ramazza magica
Letteratura italiana
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Gino Spazzino
Recensione di Francesca Marini (in occasione della presentazione del volume presso il centro di cultura L'Agave di Chiavari)
Una favola, evidente l’ispirazione al Piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, scritta a caratteri grandi per essere letta dai bambini e dai nonni. Si legge d’un fiato, poi si rilegge, perché ci sono passi, argomenti inconsueti nella letteratura di oggi.
E’ una favola alla rovescia. Oggi il mito è un calciatore, una star, non uno spazzino, una persona comune, marginale. Va di moda, anche nelle favole, lo “schifo”, il ributtante. Oggi non si canta più, ci sono gli strumenti elettronici che cantano.
Gino invece lavora con gioia, ha il senso dell’ordine e del dovere. Canta perché si sente gioioso e libero. Discorre con le persone, cura i rapporti umani. Lotta a suo modo, col suo lavoro oscuro, contro l’immondizia del cuore. Gino sa ancora meravigliarsi: la rassegnazione è il più triste dei mali, dice il folletto.
Tra i personaggi della favola c’è infatti un folletto che viene ad aiutarlo, c’è una ramazza normale (non la scopa delle streghe, ma un mezzo per ridare luce al mondo), ci sono le fusa del gatto Elia (non il gatto della magia nera e del malaugurio, ma il gatto della tranquillità domestica), c’è il gabbiano Jack (simbolo di forza, libertà, volare alto, vivere lo spazio infinito, il creato).
Il gabbiano porta in volo sulla sua groppa lo spazzino e su in alto tra cielo e terra incontrano il sorriso di Dio. E’ questo l’ultimo elemento, per una magia che si realizza nell’uomo, non nella ramazza.
Interviene l’autore Francesco Moggia, il quale afferma che questa è una favola messaggio, un messaggio di valori: semplicità, umiltà, fare bene il proprio lavoro, contro i controvalori della concorrenza e dell’egoismo. Un libro che ai bambini pone domande, da fare ai grandi.