Narrativa italiana Libri per ragazzi Chi sta male non lo dice
 

Chi sta male non lo dice Chi sta male non lo dice

Chi sta male non lo dice

Letteratura italiana

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Questa è la storia di Yannick e Ifem, la storia di due ragazzi. Di mancanze, assenze, abbandoni, di come è difficile credere nella vita quando questa ti toglie più di quanto ti dà. Una storia iniziata in un quartiere dove a cadere a pezzi sono le persone prive di impalcature, schiave delle condizioni economiche al punto di attaccarsi al lavoro rinunciando così alla vita. Dove chi non ci riesce beve fino ad annullarsi e alza le mani sui figli e sulle mogli dietro imposte serrate. Dove la gente sa e non fa nulla. Perché addosso tutti hanno l'odore dei poveri e le scarpe consumate di chi è abituato a frenare in bici coi talloni. Una storia di sogni infranti che i figli ereditano dai genitori, partiti dall'Africa per "na Poto", l'Europa, senza sapere che questo paese non è pronto ai loro tratti del viso né preparato a sostenere le loro ambizioni. Basta avere la pelle un po' più scura per essere preso di mira, il taglio degli occhi diverso per sentirsi intruso, un cognome con troppe consonanti per sentirsi gli sguardi addosso. In questa desolazione, Ifem prova a colmare il vuoto che la mangia da dentro con l'amore. Quello per Yannick. Un ragazzo che sembra inarrestabile. "Ifem, non ci fermeremo finché non capiranno che non siamo neri che si sentono italiani, ma italiani neri" le ripete continuamente. Ma pian piano quell'amore, come tutto attorno a lei, svanisce. Ne rimane solo un'ombra sottile nelle linee immaginarie che lei traccia sulle labbra di lui mentre dorme. Uno dei pochi momenti in cui Yannick sembra quieto. Perché a fermare la sua corsa è la cocaina. Iniziata per noia, quasi per caso, perché lui è cresciuto in un quartiere popolare dove tutti almeno una volta hanno provato, anche i preti. E perché per un attimo la polvere bianca riempie qualsiasi vuoto – ti fa sentire come avessi dentro tutto il ferro della torre Eiffel –, ma poi si porta via tutto. Chi sta male non lo dice non è però solo un pugno nello stomaco, è soprattutto la storia di come i fiori spuntano anche nel cemento. Di come c'è sempre un modo per salvarsi, l'importante è non rinunciare, non smettere mai di amare la vita.



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Chi sta male non lo dice 2018-09-10 06:54:04 LittleDebbie
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LittleDebbie Opinione inserita da LittleDebbie    10 Settembre, 2018
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Nella vita si ha bisogno di andare avanti

Il romanzo inizialmente mi ha preso molto, tanto da farmi isolare dal mondo pur di proseguire con la lettura e cercare di conoscere meglio i personaggi.
Forse mi aspettavo qualcosa di diverso, una trama comunque lineare, invece più si va avanti con la lettura più il romanzo sembra che abbia moltissime frasi ad effetto messe lì sapendo che, paragrafi sulla sofferenza psicologica di una persona riescano ad attrarre un numero maggiore di persone curiose di leggere il libro. In fondo, non c’è felicità senza dolore.
Il problema, però, è che l’autore, secondo il mio punto di vista, si perde e non riesce a seguire la trama che lui stesso si era prefissato.
Non c’è nessun colpo di scena, nessun movimento, nessuna chiarificazione.
I personaggi non si muovono dal punto nel quale stavano inizialmente e a fine romanzo sei esattamente al punto di partenza, come prima di iniziare la lettura di questo libro perché i personaggi non mutano, non si evolvono e quindi il lettore si domanda perché sia stato scritto questo romanzo. Come nella vita stessa, così nei romanzi, si ha bisogno di andare avanti, di mutarsi, di cercare uno scopo, un qualcosa che possa farci stare bene; cosa che in “Chi sta male non lo dice” non accade.
Persino alla fine, con il finale del libro, non si sa se sia successo qualcosa che possa smuovere le cose o lasciarle tutte immutate. Non ha, quindi, un vero finale.
Credevo che il romanzo, dopo aver letto i primi capitoli, mi sarebbe potuto piacere perché vi erano delle frasi molto interessanti, invece l’autore si perde in un bicchier d’acqua.
I personaggi infatti risultano piatti e senza carattere.
Peccato, perché secondo me sarebbe potuta essere una storia interessante se la trama fosse stata chiara e portata avanti come invece non è stato fatto, se i personaggi fossero stati caratterizzati invece di dipingerli come persone che non sanno far altro se non lamentarsi, soffrire e non lottare.

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Chi sta male non lo dice 2017-11-02 09:45:37 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    02 Novembre, 2017
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Solitudini affollate

Libretto che si legge in un soffio. Racconta la storia di due giovani ragazzi stranieri, ed il cuore di tutto sono i loro sentimenti. Molto molto bella la prima parte, che racconta la storia dal punto di vista di lei, Ifem: mi ha fatto pensare tanto al bisogno di sicurezza familiare ed anche alla solitudine, che non è il restare soli ma anche solo il diventare silenziosi. La timidezza di Ifem è una forma di protezione verso se stessa, ma Ifem è soprattutto una giovane ragazza ricca di interiorità ed un personaggio estremamente positivo. Molto meno bella la seconda parte, più breve, che racconta una parte della storia, dal punto di vista di lui, Yannick. Mi ha molto colpito che lei non venisse praticamente mai citata in questa seconda parte: questo ha dato un maggiore senso anche a tutta la prima parte. Nel titolo del libro è racchiusa una grande doppia verità, che il come stanno veramente le persone è qualcosa che la gente non prende neanche in considerazione, e che non sempre alla domanda “Come stai?” si ottiene una risposta sincera. Io per esempio sono proprio una di quelle che, quando sta male, non lo dice.

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Chi sta male non lo dice 2017-06-16 05:07:44 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    16 Giugno, 2017
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Cosa ci vado a fare io in Congo?

Chi sta male non lo dice e infatti non dicono di star male Yannick e Ifem, due ragazzi dalle origini africane che – come racconta Antonio Dikele Distefano – vivono in modo diverso il disagio dell’immigrato che in terra straniera deve affrontare l’emarginazione e i pregiudizi razziali.
Yannick è schiavo della droga, Ifem si tuffa nell’amore per Yannick e si aggrappa al sentimento per arginare il dolore per la morte improvvisa della madre: l’ha vista uscire in lacrime, poi ha saputo del suo incidente…

Lo sbocco risolutivo per i due ragazzi è diverso: lui passa attraverso la comunità (“Fino a quando non ci si rende conto che se si vuole che accada qualcosa nella nostra vita, quella cosa dobbiamo volerla e farla noi”), lei affronta il suo dolore (“Mentre sparisco tra le braccia di mio padre mi rendo conto che si capiscono così tante cose quando non si è più innamorati. Io come lui oggi aspetto che qualcuno mi salvi”) e il distacco da Yannick con un ritorno alle origini (“Cosa ci vado a fare io in Congo?... Mamma… Vado per tornare diversa, per dimenticarmi che non ci sei e ricordarmi che esisto”).

Giudizio finale: una breve, triste storia che aiuta a calarsi nel punto di vista di chi arriva. Drammatico e costruttivo al tempo stesso.

Bruno Elpis

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Chi sta male non lo dice 2017-04-18 19:34:39 ALI77
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ALI77 Opinione inserita da ALI77    18 Aprile, 2017
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TANTO TALENTO E POCA TRAMA

Questo libro per me è un’incognita a tratti non mi è dispiaciuto e in altri lo volevo scagliare contro il muro e non solo letteralmente.
L’autore ha provato a raccontarci una storia forte, che in sé racchiude moltissimi temi dalla discriminazione, alla solitudine, all’amore, alle cadute e alla possibilità di avere una seconda occasione, che a volte non si riesce a cogliere.
Distefano non scrive delle storie, ma unisce insieme varie frasi che prese singolarmente possono suscitare delle emozioni ma che messe insieme a casaccio non fanno un libro, ma piuttosto un lungo post da scrivere nelle giornate di pioggia sui social, quando non si ha niente di meglio da fare.
Con questo non voglio dire che l’autore non ci abbia provato, ma secondo me non aveva idee sufficienti per creare una trama, e quando la trama non c’è purtroppo la valutazione scende di molto.
Ifem e Yannick, i protagonisti della storia, avrebbero molto da dire ma non vengono valorizzati, la loro storia d’amore non viene al primo posto ma subordinata dalla voglia dell’autore di strafare con le parole e con l’uso di termini ormai in disuso.
I due ragazzi non entrano mai nel cuore di noi lettori, non ne hanno né il tempo né il modo perché la storia è troppo breve e il finale rimane in sospeso.
Le sensazioni che scaturiscono da questo libro sono molto negative, traspare la drammatica del tema, la malinconia, la disperazione, lo sconforto e la delusione ma non vengono approfonditi, vengono solamente accennati.
La storia non è romantica, non c’è sentimento, non c’è passione, non c’è nulla, solo una relazione tra due persone che si sentono sole e cercano di sopperire a questa mancanza rifugiandosi l’una nella braccia dell’altra. Sbagliando, perché soffriranno ancora di più.
E’ giusto però non lottare per amore, non combattere per la persona amata e lasciare che le persone e le cose passino senza far niente? Senza cercare di cambiare le cose? Ecco avrei voluto leggere questa storia, forse mi sono immaginata tutto e invece l’autore voleva dirci dell’altro che però a me non è arrivato.
Il forte disagio che Ifem e Yannik che provano nell’essere esclusi dalla società in quanto immigrati si percepisce tra le pagine anche se, come già detto, Distefano non si sofferma molto nell’indagare e nel descrivere tale disagio. Secondo me ci sarebbe molto da dire.
Questo libro ha tutte le carte per risultare interessante e avere degli spunti per affrontare dei temi quanto mai attuali , ma non capisco perché non vengano utilizzati questi temi, perché l’autore sebbene dotato di talento non lo sfrutti, non lo voglia valorizzare.
Sicuramente il libro non è romanzato, vorrebbe descrivere la realtà, essere innovativo, descrivere una storia fuori dagli stereotipi classici del rosa, ma nemmeno in questo la storia riesce a fare centro.
A volte mi chiedo perché ci devono propinare questi libri? Distefano lo aveva regalato ai suoi fan e forse doveva rimanere solamente un testo gratuito, mentre quando si inserisce il marketing a farne le spese sono solo i lettori.

L’autore ha tutto il talento per riuscire a creare una trama credibile e sensata ma non vuole impegnarsi a farlo, perdendosi nelle sue stesse parole d’effetto che però, a mio avviso, l’effetto lo fanno solo su lui stesso.
Il libro si legge velocemente essendo breve, però a volte mi capitava di guardare quando pagine mi mancassero per finire e mi sembrava fosse lunghissimo e non solo di un centinaio di pagine.
Che dire, sicuramente Distefano ha molto da dire e da dare ai suoi lettori, e spero di poterlo leggere in altri libri, spero che un giorno riuscirò ad apprezzarlo come si merita.

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