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Volevo essere una vedova Volevo essere una vedova

Volevo essere una vedova

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Chiara Moscardelli voleva essere una gatta morta. Ma quando ha capito che non ci sarebbe mai riuscita, non le è rimasto che cambiare strategia. Una nuova sferzante ventata di comicità da una delle più amate scrittrici italiane. «Non ci sono caricature, ma solo il piglio fulminante di un talento comico che stupisce». Che fine ha fatto Chiara, l'aspirante ma mancata gatta morta? L'abbiamo lasciata a trent'anni, senza uno straccio di fidanzato, e la ritroviamo a quarantacinque, ancora single. Com'è potuto accadere? Com'è arrivata a questa età senza sposarsi, fare figli, adeguarsi alla vita che sua madre e le zie, anche quelle degli altri, prevedevano per lei? Per capirlo Chiara si racconta, ai lettori e all'analista, ripercorrendo gli ultimi dieci anni: il trasferimento a Milano, dove sperava di accasarsi e invece ha trovato sciami di gay, il lavoro in una città che per certi versi le è ostile, i disastri sentimentali e il fatto che tutti, ma proprio tutti, persino il dentista o l'ortopedico, continuino a chiederle perché sia sola. Così, pur di non essere sottoposta al solito strazio, all'ennesima visita medica decide di spacciarsi per vedova, guadagnandosi uno status finalmente accolto dalla società. Se è vedova, allora qualcuno se l'era presa, anche se poi è morto! Chiara Moscardelli torna a farci morire dal ridere, mentre descrive un mondo che sulla felicità delle donne ha ancora molto da imparare.



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Volevo essere una vedova 2019-10-29 08:40:53 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    29 Ottobre, 2019
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Una mancata maturità

Chiara Moscardelli, dopo aver scritto Volevo essere una gatta morta, torna in libreria con il sequel di questo testo, dal titolo: Volevo essere una vedova. Tanto avevo amato il precedente, quanto ho detestato quest’ultimo.
Là la protagonista era la voce narrante, una trentenne che non riusciva a tenersi un uomo, un fidanzato, un’amante o quello che è. Qui la ritroviamo quarantacinquenne nello stesso stato. Niente uomini allora, niente ora, ne mai. Come è potuto accadere?
“Voleva essere una gatta morta. Ma quando ha capito che non ci sarebbe mai riuscita, non le è rimasto che cambiare strategia.”
E allora qual è la svolta decisiva? Quando
“Capii che tutto è relativo, che i punti di vista cambiano a seconda di chi li guarda e della posizione in cui ci si trova, e che la paura di spiccare il volo ci impedisce anche solo di provarci.”
Filosofia spicciola e banale, ironia diffusa che non conduce a nulla o poco più. Il ritratto di una donna che non riesce ad avere un uomo, che non riesce a fidanzarsi con nessuno, scegliendo sempre quello sbagliato, in primo luogo perché non ama se stessa. Poi ci sono anche altre convergenze.
Una raffigurazione di femmineo che non convince, di scarso spessore, poco o nulla educativo. Mi spiace tanto perché ho amato tutti i libri di questa autrice, soprattutto quelli con Teresa Papavero protagonista; ma questo scritto in prima persona proprio non l’ho apprezzato, soprattutto per la visione di donna che, alla fine, emerge e che non gode di nessuna bellezza. Ho affrontato questa lettura pensando ad una maturità che purtroppo non rilevo. Peccato.

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