Se non ti vedo non esisti
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Se non ti vedo non esisti.
"Non ricordavo che strada avessi fatto per arrivare a quella infelicità, come fossi giunta a volermi così male, a non avere un briciolo d'amore per il mio destino, chi fosse la persona incosciente che mi aveva portato all'autodistruzione."
La storia racconta di una certa Anita Becci: giovane, intelligente, bella e con un buon lavoro. Vive a Roma, è redattrice per una rivista di moda ed è sposata con un uomo apparentemente perfetto. La sua vita, però, è inspiegabilmente scandita da mille inquietudini e da un vortice di pensieri che, incespicando, ci vengono confessati in prima persona; una vita segnata dalla presenza di tre figure maschili – Jacopo, Filippo, Flavio – e dall’assenza di un’altra: il padre, scomparso quando la protagonista aveva solo 9 anni. Anita B. è una donna irrequieta e alla costante ricerca del benessere attraverso l’amore; una ricerca che la porta ad infilarsi in una serie di relazioni extra-coniugali intense e tormentate che non riusciranno ad alleggerirla, bensì solo a trascinarla in una burrasca in mezzo alla quale non saprà più barcamenarsi. Il malessere di Anita, però, non deriva dalla mancanza di amore inteso come relazione tra due individui, deriva dalla mancanza d’amore verso se stessa e da un fardello che si porta dietro e dentro da troppo: la morte del padre. Per questo – in un modo o nell’altro – paga sempre il conto.
"Le mie cadute, invece, erano solo le conseguenze della mia disattenzione. Ero io che non avevo ancora imparato a guardare dove mettevo i piedi."
Se non ti vedo non esisti è la storia di un grandissimo dolore, di una solitudine, di un lutto mai elaborato fino in fondo e, per questo, sempre presente, seppur costantemente ricacciato in un angolo o chiuso a chiave dentro a un armadio. Se non ti vedo non esisti è la filastrocca che la protagonista si ripete fin da quando era bambina, quando ha imparato a ignorare il dolore spingendolo giù, “facendo forza con gli addominali fino al punto più profondo della terra” per non piangere, per non soffrire.
È una bugia pericolosissima tramite la quale, spesso, pensiamo di poter ingannare i mostri che ci portiamo appresso, di poterli fare scomparire come per magia. I mostri, però, ritornano e lo fanno a intermittenza, ogni giorno e a piccole dosi, ritornano lenti, come un veleno, e paralizzano braccia e gambe fino a intrappolarci in una matassa in cui bisogna inventarsi qualsiasi cosa pur di non fermarsi a pensare. Così si dà il via ad un circolo vizioso in cui si rischia di perdersi dentro a una serie di sensazioni posticce, dietro un lavoro o una persona, di oscurarsi e di anestetizzarsi; di perdersi dietro l’idea dell’amore come la soluzione a tutti i problemi; di trasformare pietre in diamanti, di regalarsi a sconosciuti perdendo ogni volta pezzetti sempre più consistenti di sé; di ferire le persone, quelle veramente importanti, e di perderle per sempre. Ma non si può vivere a lungo di luce riflessa. E, alla fine, non si può far altro che spegnerle tutte quelle luci artificiali, rannicchiarsi al buio e fare i conti con se stessi. Aprire quell’armadio e fare pace col proprio passato.
"Ci sono momenti nella vita di ognuno di noi in cui le scelte che facciamo sono il prodotto di una somma di emozioni, alla quale sottraiamo il buonsenso, moltiplichiamo per l'egoismo e dividiamo in parti uguali per tutte le volte in cui il risultato finale è lo stesso ed è sbagliato."
Se non ti vedo non esisti, è una romanzo che aveva bisogno di venire alla luce per tirare fuori un dolore o, semplicemente, per raccontarlo dopo averlo finalmente affrontato. Ed è per questo che funziona, perché è vero: l’amore sta tutto qui ed è tantissimo; è un grande atto di generosità per chi sperimenta lo stesso dolore, per chi ancora lo ignora e per chi vuole davvero tirarlo fuori.
Levante ha una voce cristallina, i testi delle sue canzoni sono sinceri ed immediati; ed è stato così anche con il suo libro: una canzone un po’ più lunga e il frutto di un’anima bella come poche.