Eppure cadiamo felici
Letteratura italiana
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Il taccuino di Gioia
Un sentimento incontra un articolo determinativo. Ovvero Gioia incontra Lo, che è un soprannome, un diminutivo di Luca. E Lo le dà il là. Per uscire dal suo buio. Per non avere paura della luce. Entrambi sono adolescenti problematici. Entrambi sono estremamente sensibili. Entrambi hanno bisogno di qualcuno che apra con la chiave la porta della loro anima e che, rispettandoli prima di tutto, entri a piccoli passi dentro di loro per ascoltarli. Al centro di questa storia ci sono il difficile dialogo con i giovani, le difficoltà di esprimere se stessi, l’universo pieno di colori e di luce che hanno dentro. Preziosa l’idea delle parole intraducibili, ovvero parole di altre lingue che non hanno un equivalente in italiano ma che, per essere espresse, diventano un’intera espressione che, nella sua completezza, non rende così tanto l’idea del senso che quella singola parola voleva esprimere, perché quelle sono parole che hanno interi mondi dentro. Così come dietro ad ogni nostro nome c’è un mondo. Galiano è un autore che mi era già capitato di leggere ed anche in questo libro ho particolarmente apprezzato il suo stile, vicino al mondo dei giovani, che sono parte integrante della sua vita visto che è un insegnante di lettere, quindi fresco e vivace, ma nello stesso tempo raffinato e maturo.
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La felicità è una cosa che cade
Un romanzo di formazione fresco che fin dall’inizio mi ha incuriosito tantissimo.
Il vero punto forte di questo libro non sta, a parer mio, nella trama. Molto carina, ben architettata sebbene certi particolari (come il motivo della scomparsa di Lo) mi abbiano fatto storcere il naso.
La vera bellezza sta nelle Parole. Ebbene sì. Non parlo delle numerose parole intraducibili che Gioia colleziona (che neanche a dirlo sono un tocco bellissimo che ho amato ). Parlo delle parole usate da Galiano per raccontarci questa storia. Uno stile fresco e leggero ma che nasconde ricercatezza. Tra le pagine sono nascoste delle “perle”; delle piccole metafore, insegnamenti di vita, riferimenti musicali e culturali che danno profondità all’intero libro.
E non posso non menzionare il fantastico dizionario delle parole intraducibili!
Nel complesso è un bel romanzo che mi ha ricordato lo stile di John Green.
"Sai perché mi scrivo sul braccio tutti i giorni quelle parole, “La felicità è una cosa che cade”? Per ricordarmi sempre che la maggior parte della bellezza del mondo se ne sta lì, nascosta lì: nelle cose che cadono, nelle cose che nessuno nota."
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Magari
“Magari” è una di quelle parole che non si possono tradurre in altre lingue. Parole che dicono cose insolite, particolari e da sole esprimono sentimenti profondissimi. Perché “magari” non è “forse”, è “se solo questa cosa fosse vera”. E racchiude tutta la speranza di un mondo che non c’è e che potrebbe esserci. Magari.
Se hai diciassette anni, una madre sempre ubriaca, un padre intermittente e violento, e un’unica amica, che sfortunatamente vive solo nella tua immaginazione, allora non puoi fare a meno di aggrapparti alla speranza di un mondo che non c’è. Perché quello che ti attornia potrebbe anche offrire qualche bellezza, ma fa paura, così pieno di bugie. Tutti, proprio tutti, fingono. Affidano parole ed emozioni a un traduttore per renderle socialmente giuste. Regalano plastificati sorrisi a una macchina fotografica per immortalare felicità di rito. Allora a te non resta che rubare qualche attimo di verità in una parola intraducibile, in una fotografia di spalle, in una di quelle cose che cadono, che gli altri buttano via. Come te, come quel ragazzo che colleziona sassi e gioca di notte a freccette all’esterno di un bar chiuso. Ed è proprio da queste due solitudini che nasce un amore, tenero e luminoso come solo un primo amore può essere, eppure anche ombroso, fragilissimo, un amore che ha paura del mondo e si nasconde dal giorno, dalla gente, dalla vita. Ma l’amore è luce o buio?
Enrico Galiano è un professore di lettere, abituato a parlare ogni giorno ai giovani con la passione di chi spera di accendere in loro una scintilla per crederci davvero, di poterlo creare, un pezzettino nuovo di mondo. E scrive un romanzo destinato a loro, ai suoi giovani. Un romanzo che usa parole semplici, facili, dirette. Che parla di quel che gli adolescenti conoscono: l’amore, la paura della solitudine, il bisogno di nascondersi. Eppure prova a dire anche qualcos’altro perché queste pagine sono in fondo anche un invito, delicato e discreto, a costruirsi un proprio angolino fatto di verità, di peculiarità, di ricchezze che hanno il coraggio di uscire dalla propria corazza. Per farlo, però, non basta guardare le stelle e sognare ad occhi aperti. Bisogna prendersi le proprie responsabilità, fare delle scelte, attraversare quel sottile confine tra luce e buio, dove vivono i rischi, le paure, le insicurezze. Come imparerà sulla propria pelle la nostra protagonista così speciale.
E’ un romanzo che, per contenuti e semplicità stilistica, è sicuramente destinato a un pubblico giovane, ma è comunque capace di parlare a tutti perché non si finisce mai di crescere e, a volte, l’età rende ancor più difficile affrontare ombre e luci. E credere in mondi che non ci sono e che potrebbero esserci. Magari.
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Maiunagioia, eccola qua.
Gioia Spada, detta “Maiunagioia”, di anni diciassette, ama i Pink Floyd nonché memorizzare le parole più inusuali, diverse e peculiari che ha modo apprendere. Una serie in particolare, “Wenn ein Gluckliches fallt” (“Quando la felicità è qualcosa che cade”), dal momento della scoperta, non l’ha più abbandonata tanto che non c’è giorno in cui manchi dal trascriversi la frase sul braccio.
Sono ormai tre mesi che la ragazza si è trasferita nel nuovo istituto scolastico, e sin dal primo momento è stata additata quale “Quella-non-del-tutto-a-posto” perché incapace di omologarsi ad uno stereotipo, perché è assolutamente impensabile per lei ridursi ad essere un individuo che preferisce l’apparenza alla sostanza, un soggetto che apre bocca tanto per parlare e non anche per capire, condividere, addivenire ad un arricchimento personale. Perché lei lo sa che quella che i coetanei mandano in giro non è altro che la brutta copia di sé mentre quelli veri ed originali sono chiusi in casa, nascosti in una stanza, per paura che qualcuno li veda. E così ha fatto buon viso a cattivo gioco, se ne è fregata di essere chiamata “O cosa”, ha smesso, ancor prima di iniziare, di dare spiegazioni, e per quanto ne soffra, perché è pur sempre un’adolescente, ha abbracciato il silenzio, si è fusa con la sua musica ed il suo essere, e ha deciso di avanti per la sua strada. Perché «Il fatto è che certe cose le puoi dire solo a chi sai che le può capire. Che è anche il motivo per cui parliamo così poco, di quello che ci importa davvero».
Ugualmente dal punto di vista familiare, la situazione non è delle più idilliache. La nonna verte in una condizione stato vegetativo, la madre, che non dovrebbe avere più rapporti con quel padre problematico, squattrinato, violento e bevitore, persiste a cadere nella rete del “sono cambiato”, e a farne le spese è lei. Mascotte della maison è il gatto che hanno trovato quando si sono trasferite nel complesso di case popolari; figura silente ma onnipresente a cui si affiancano Tonia, l’amica immaginaria, e il Professor Bove, docente di filosofia, nonché unico individuo davvero in grado di capirla con un solo sguardo e dunque capace di consigliarla attraverso metafore, parabole, racconti, volumi e tutto quello che la nostra meravigliosa letteratura può mettere a disposizione.
Una notte come tante, eccolo arrivare. Il suo nome è Lo, è sfuggente, è misterioso ma anche molto attraente. Con lui sente di avere un’affinità; sa prenderla ma al contempo i loro universi non sono poi così distanti, così differenti. Il sentimento nasce senza troppe difficoltà eppure qualcosa non torna e Gioia lo percepisce altrettanto bene. Perché tutto avviene al buio, al riparo da ogni riflettore. Non solo. Non basta questo isolamento, questo continuare a frequentarsi soltanto al crepuscolo o al venir meno delle ore di luce, il giovane è criptico. Non rivela alcunché di se stesso; il segreto che nasconde è troppo grande per poter essere svelato, persino alla sua fidanzata.
E’ qui che la giovane donna sarà messa alla prova, è da qui che inizierà il suo personalissimo percorso di crescita, è dalle scelte che prenderà che ne andrà del proprio amore e del proprio divenire, perché pur di salvarlo da sé stesso dovrà decidere tra il fare quello che è giusto e il proprio egoistico sentimento.
Attraverso uno stile fluido, accattivante e capace di risultare concreto e tangibile, Enrico Galiano dà vita ad un romanzo al contempo leggero e riflessivo. L’autore, docente di lettere, ci trasporta, con semplicità, in un universo di studenti, che ci consente di riassaporare quelli che sono stati gli scogli della crescita e tanto più di meditare su quello che significa oggi vertere in età puerile.
E vi riesce mediante il ricorso ad un linguaggio che sa conformarsi all’età dei personaggi descritti, che di conseguenza risultando tangibili e concreti, ma anche usufruendo di una trama solida che non eccede e di pillole filosofiche che sono inserite tra un dialogo e l’altro.
Un romanzo di formazione che rievoca il sentimento dell’amore; una favola moderna che nella sua genuinità sa conquistare tanto i più adulti quanto i più giovani.
«Si, signorina Spada, tutto qua. Una notte, mentre Amore dormiva beato nel letto, lei prese un lume e lo accese: per vederlo, per controllare che non fosse un mostro o un assassino, come le avevano detto le sorelle. Ma fu un “tutto qua” che non era un “tutto qua”. Fu questo l’errore di Psiche, capite? Pensare di portare la luce dove c’era il buio. Pensare di poter guardare Amore con gli occhi della ragione. Perché sono due mondi paralleli, non si devono incrociare, mai. Non puoi pensare di poter capire, di poter leggere e interpretare, dare spiegazioni logiche. Non lì. Da ogni altra parte, ma non lì.» p. 319
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Le parole della felicità
Gioia è una diciassettenne fuori dagli schemi, ama fare fotografie prendendo le persone di spalle, ascolta i Pink Floyd al massimo volume per isolarsi dal mondo e ha una singolare passione per tutte quelle parole straniere che esprimono ciò che in italiano non è traducibile. Insomma, Gioia è una ragazza davvero particolare, ma i suoi compagni di classe la considerano troppo strana e la sfottono chiamandola "Maiunagioia". Eppure Gioia non sembra curarsene troppo, perché lei ha Tonia, la sua amica immaginaria (una specie di Grillo Parlante) un po' rozza nei modi, ma sempre molto sincera; e poi c'è il Prof. Bove, il suo insegnante di filosofia, sempre disponibile ad ascoltarla e paterno dispensatore di saggi consigli. La famiglia di Gioia è un disastro: i suoi genitori sono spesso ubriachi, litigano e poi fanno pace e Gioia ne soffre molto perché non sopporta di vedere sua madre picchiata ed umiliata da un marito violento.
Una sera, in un bar chiuso e deserto, Gioia incontra un ragazzo che gioca a freccette, un tipo misterioso e sfuggente, ma molto attraente. Tra i due è subito amore, ma Lo, così dice di chiamarsi, nasconde un terribile segreto che gli impedisce di poter vivere la loro storia alla luce del sole. Gioia capisce subito che Lo ha bisogno del suo aiuto, ma per poter salvare il ragazzo dovrà scegliere di fare ciò che è giusto, anche se sa che quella decisione la farà soffrire. La scelta di Gioia la farà uscire dalla sua condizione di adolescente insicura e la porterà ad agire da persona responsabile in un mondo di adulti spesso più fragili dei propri figli.
Enrico Galiano è docente di Lettere in una scuola media ed è un personaggio molto amato nel mondo dei social network (la sua pagina Facebook è seguita da migliaia di fans); l'autore ben conosce dunque il mondo dei giovani e sa sicuramente catturarne l'attenzione. Questo suo primo romanzo ha personaggi ben caratterizzati (anche se alcuni risultano, a mio avviso, un po' stereotipati), la trama è avvincente, la prosa scorrevole, ricca di dialoghi e il linguaggio, tra una citazione colta e un aneddoto filosofico, intercala termini del gergo giovanile. L'opera ha dunque tutti gli ingredienti per essere letta con piacere dal pubblico young adult per cui è stata prodotta.
"Eppure cadiamo felici" è un romanzo di formazione, una storia d'amore, ma forse è soprattutto una bella favola moderna in cui molti adolescenti di oggi sapranno rispecchiarsi. Consigliato dunque a chi ha l'età dei protagonisti o a chi quell'età l'ha già superata ma vuole capire chi, come Gioia, pur considerando il nostro mondo un "pianeta di merda" ha come scopo della vita "fare felice qualcuno".