Vecchie conoscenze
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
A tutto campo
Questo è l’ultimo romanzo di Antonio Manzini, ultimo in duplice senso, perché è quello di più recente uscita in libreria, ed è anche l’ultimo che ha come protagonista il suo oramai notissimo personaggio, il vicequestore romano Rocco Schiavone.
Il lettore affezionato ha seguito fedelmente fin qui il suo beniamino nelle sue avventure, succedutesi quasi sempre in un clima lattiginoso, tanto rigido quanto è ruvido il carattere del nostro, trasferito com’è da tempo, suo malgrado, in servizio presso la questura di Aosta.
Si sa, anche nei mesi più miti il meteo di quella città è quanto di più lontano dalle classiche temperate giornate della capitale, mal si adatta ad un romanaccio purosangue qual è Schiavone, tuttavia non è questo il solo motivo ostico al completo inserimento del vicequestore nel tessuto cittadino valligiano.
Aosta non è stata una scelta, ma una imposizione, una destinazione ad hoc, quanto più distante possibile dalla capitale, proprio per motivi disciplinari utilizzati però a iniquo pretesto, perché Schiavone per i suoi nemici, e ne ha tanti, ad ogni livello, è quello che si dice un cane sciolto, una mina vagante, una testa dura difficile da ricondurre a più miti consigli.
Un uomo cocciuto che non volta la testa se vede cose storte per la propria indole, meno che mai la testa la china davanti al potere rancido e corrotto, ed è un investigatore scaltro, abile, capace: un cliente difficile, un testimone scomodo per un certo sottobosco politico-affaristico che prospera nella capitale, assai più infido e malavitoso di quello della delinquenza usuale.
Rocco Schiavone, per chi non lo sapesse, prima ancora di essere un poliziotto è un uomo di buon senso, che ha appreso la lezione più difficile della vita direttamente sul campo, sulle strade dei quartieri popolosi e popolari in cui è nato e cresciuto.
L’ha appresa a menadito in certi ambienti rustici, ruspanti, spesso degradati e saccheggiati, dove l’esistenza ti costringe a vivere al limite, in ogni senso, e con quelle compagnie che ti ritrovi insieme e intorno, con cui giocoforza interagisci umanamente, creando vincoli tanto sodali quanto inestricabili nel tempo, talmente forti e sentiti che vanno come devono andare, oltre ogni legame di sangue.
Il tutto prima ancora che l’etica e la morale che si presume giusta e corretta ti venga impartita con lezioni sui banchi universitari o alla scuola di polizia.
Chi viene da certe scuole native, in quelle successive, se ha la fortuna di poterle frequentare, amplia gli scenari, si affina, si perfeziona, ma i principi fondanti dell’umana convivenza, quelli più forti, concreti e degni di essere vissuti, restano inalterati. Perciò Rocco Schiavone è una comune persona perbene, che viene da un sano pragmatismo, rifinito e perfezionato dalla crudezza del mestiere che esercita; il vicequestore creato da Antonio Manzini è un personaggio che piace perché è persona leale e trasparente, lo è nel bene e nel male, quando si concede un inopportuno spinello come quando indaga minuziosamente, sa quando e se intervenire con severità o tolleranza, essere intransigente o umanamente comprensivo, è uomo che vive e perciò ama e soffre, e più spesso, come per noi tutti, la sua vita è costellata di dolori più che di gratificazioni. Schiavone è una persona umanamente di valore, ma tosta perché disincantata, sa perfettamente che bene e male non sono tali come stabiliti dai codici. Fondamentalmente è una persona onesta, ligio ad una propria etica che presenta capisaldi come l’amicizia e l’amore per la donna amata, anche se la propria morale è basata più sul senso della giustizia che sul rispetto pedissequo delle leggi. Perciò il titolo ben si addice, in effetti dopo che l’autore si è felicemente cimentato in altri romanzi senza il suo protagonista seriale come, per esempio, ne “Gli ultimi giorni di quiete”, questa volta si riallaccia direttamente al racconto immediatamente precedente a questo, “Ah l’amore, l’amore!”.
Quindi ritroviamo in rapida successione tutti, ma proprio tutti, i comprimari e coprotagonisti che accompagnano il quotidiano del poliziotto. Ad iniziare dai suoi fedeli collaboratori e colleghi, superiori e sottoposti, ci sfilano davanti tutte le “vecchie conoscenze”, da Michele Daruta, il poliziotto che alterna la propria attività principale con il dare una mano nottetempo al forno gestito dalla moglie, sottraendo per questo volentieri ore al sonno e al riposo, a Domenico d’Intino, il classico pasticcione e però devoto come nessuno alla squadra, e ai compagni, e che idolatra il suo capo, per finire ad Ugo Casella, che ha finalmente dato sbocco alla sua vita sentimentale acquisendo anche un figlioccio geniaccio del computer, le cui abilità informatiche vengono utilizzate nel lavoro di polizia. E poi ancora l’efficiente e prezioso viceispettore Antonio Scipioni, e Italo Pierron, poliziotto confuso che un po' si è perso per strada, o meglio ha perso un po' l’amicizia e confidenza con il vicequestore, che pure si ostina sempre a porgergli la mano. Ritroviamo il giudice Baldi, il questore Costa, il medico legale Fumagalli, che scopriamo essere zio di una nipote anch’essa medico legale, efficiente come lo zio, poi la ormai conclamata compagna del patologo legale, Michela Gambino della polizia scientifica, tanto stramba ed eccentrica quanto preziosa ed efficiente. Infine, gli inseparabili, fidatissimi fino e oltre la morte amici d’infanzia e d’avventura, Sebastiano, Brizio, Furio, a cui Schiavone è indissolubilmente legato a vita, senza dimenticare gli amori perduti e passati, la moglie Marina, la giornalista Sandra Buccellato e finanche l’incantevole agente Caterina Rispoli, di cui si erano perse le tracce. Non può mancare il fidatissimo pet Lupa.
Sullo sfondo, un omicidio su cui indagare, un enigma ben congegnato, solido, appare difficile da ricostruire l’assassinio, tanto brutale quanto privo di un movente sufficientemente valido, ai danni di una studiosa ormai avanti con gli anni.
Un caso in cui le prove di ogni genere, da quelli dattiloscopiche a quelle indiziarie riconducono con tutta evidenza ad un unico colpevole, e però Schiavone non si fa convincere, meno che mai si lascia fuorviare, intuisce l’esatta dinamica e cerca certosinamente gli elementi che ne diano riscontro, sarà proprio la sua testardaggine, il suo acume, soprattutto il suo spirito di osservazione, il colpo d’occhio del borgataro attento ad ogni sfumatura, a portarlo sulla strada giusta, inchiodando il vero responsabile con prove inoppugnabili.
Schiavone protagonista assoluto, quindi, e tutte le vecchie conoscenze a girargli intorno.
Invece non è così.
Antonio Manzini qui e ora si è superato, ed alla grande: questo è tra i volumi dedicato a Rocco Schiavone forse il più corposo, certamente il più bello, completo, ed esaustivo.
Le vecchie conoscenze di cui al titolo vengono esaminate a tutto campo, sono loro, per una volta, i veri protagonisti e Schiavone fa da comprimario.
Lo scrittore con una prosa attenta, semplice ed elaborata ad un tempo, molto più matura e ricercata, di uno step superiore rispetto ai primi volumi della serie, ci propone un romanzo nuovo, con le fondamenta usuali, e però con una struttura diversa, migliore perché frutto dell’esperienza, più moderna ed efficiente, ci offre tutto il mondo attorno al suo protagonista non in una luce nuova, ma con chiarore più forte, più potente, ce lo mostra con un numero maggiore di lumen, volto a cogliere i minimi particolari spesso lasciati nella penombra.
Intendiamoci, lo stile, il modo di raccontare, il tutto è però sempre incantevole e delizioso, attraente e avvincente, una prosa fortemente descrittiva di luoghi, azioni, persone, con i loro sentimenti e soprattutto con i loro stati d’animo ottimamente delineati, in piena luce, trasparenti.
Illuminando tutta la scena a tutto campo, ampliando al massimo la visuale offerta al lettore, risalta anche Schiavone, forse ancora di più di quanto prende tutta la scena da solo, ce lo fa comprendere meglio come uomo e come investigatore, Antonio Manzini aumenta i particolari dell’insieme per condurci al punto focale del quadro. Questa volta lo scrittore si è occupato in primo luogo, senza parere e senza far torto al protagonista, dei personaggi ricorrenti, e lo fa con molta delicatezza, con discrezione, quasi con pudore, direi autentico amore per le sue creature.
Perciò ammanta tutta la storia di modernità, perché i valori fondanti di Schiavone sono valori moderni perché eterni, sono i valori universali di tolleranza, accettazione, accoglienza, fedeltà agli amici e agli amori. Perciò in questa storia troviamo tante storie, quasi quanti sono i comprimari citati, abbiamo per esempio racconti dei problemi di identità di genere, e tutto quanto questo comporti in termini di disagio, vergogna e clandestinità, di sensi di colpa e di persecuzione per coloro ancora costretti a subire certi pregiudizi; abbiamo il sentirsi inadeguato e però decisi a cogliere una nuova opportunità da parte di chi è stato suo malgrado protagonista in negativo di fuoco amico; abbiamo vecchi amori che si dissolvono, altri che si riscattano, Lupa che si perde con un lupo, Manzini racconta in “Vecchie conoscenze” tutto il buono della vita. Ed anche il non buono: perché l’esistenza è fatta anche di delusioni, dolori, tradimenti, non sarebbe vita se non ci fossero anche le disillusioni.
Le sorprese sgradite, le disillusioni amarissime, anche loro sono vecchie conoscenze, per noi tutti, non solo per Rocco Schiavone.
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A volte ritornano
Rocco Schiavone affronta la sua situazione di lupo solitario per scelta, Gabriele e la madre si sono trasferiti a Milano e la relazione con Sandra Buccellato non decolla anzi, secondo Rocco neanche è una relazione. Nel frattempo un poliziotto della sua squadra è in un momento delicato perchè nascondere la propria omosessualità lo ha costretto a vivere una vita che non è la sua e ora il suo compagno lo mette di fronte a delle scelte, In un contesto al solito descritto con precisione mai eccessiva arriva l'omicidio di Sofia Martinet una studiosa di fama mondiale. Donna irreprensibile di grande valore professionale , stimata da tutto il mondo accademico sembra non avere nemici e tutti gli indizi portano al figlio scapestrato e perennemente alla ricerca della propria strada. Quando la soluzione sembra troppo Semplice Schiavone sente puzza di bruciato e non si lascia influenzare dalle apparenze. Nel frattempo ricompaiono le vecchie conoscenze del titolo: prima Sebastiano in visita ad Aosta dove cerca rifugio presso l'amico Rocco e poi quel Luigi Baiocchi assassino della fidanzata di Sebastiano e grande accusatore di Schiavone. Si trova in una località segreta e chiede urgentemente di parlare col procuratore Baldi. Entra in scena anche il grande nemico di Schiavone a cui il vice questore non risparmia una aperta manifestazione di disprezzo e lancia una sfida. Da qui inizia una vicenda parallela alle indagini sull'omicidio della professoressa Martinet , Manzini è bravissimo ad intrecciare i due piani narrativi come in un perfetto meccanismo ad orologeria dove nulla è lasciato al caso e nulla stona. Ci saranno colpi di scena e Schiavone, scavando nella vita della Martinet, ma soprattutto nell'anima delle persone che la conoscevano, arriverà alla soluzione del delitto. E mentre pensa di poter finalmente avere un pò di riposo dopo l'ennesima faticaccia compare un'altra vecchia conoscenza, clamorosa ma mai quanto le rivelazioni che fa a Rocco: qualcosa di sconvolgente che cambia completamente la visone della propria vita fino ad allora e apre a nuovi inquietanti scenari per il futuro. Le indagini di Rocco Schiavone al solito sono ben argomentate e credibili ma soprattutto è sempre eccellente il contesto narrativo creato dall'autore, i personaggi hanno una vita al di fuori di quella professionale che con la professione stessa si intreccia in maniera continua e realistica costruendo tante storie nella storia. Bellissima la scena finale in cui Schiavone, dopo essersi eclissato nel suo ufficio a digerire le rivelazioni appena ricevute si affaccia sulla porta e confida ai "suoi" uomini che loro, per quanto sia inusuale e non una scelta, loro sono di fatto la sola famiglia che ha. Manzini al suo top.
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Fantasmi e vecchie conoscenze
«All’improvviso ti trovi davanti al bivio più difficile da affrontare, oppure davanti a scuola ti bollano con un marchio indelebile. La vita non avverte, picchia senza preavviso.»
Con “Vecchie conoscenze” torna in libreria Antonio Manzini e lo fa con un nuovo capitolo dedicato alle avventure del suo più fortunato protagonista, Rocco Schiavone. Tuttavia tra queste pagine ben diverse sono le ambientazioni che fanno da teatro alle vicende. Altrettanto ben diverso è il clima che si respira perché il Rocco che ci viene presentato è un uomo ancora più disilluso e disincantato, un uomo ancora più stanco.
Ancora una volta il Vicequestore è chiamato a risolvere un caso: una donna, Sofia Martiner, viene rinvenuta priva di vita nel suo appartamento a causa di un colpo alla testa con un’arma contundente. Ad accorgersi del delitto è una condomina che conosce il sangue perché vi ha lavorato e saprebbe riconoscerlo ovunque. È una donna che il sangue lo sa riconoscere anche solo dallo sguardo e non solo dalla sua consistenza e odore.
Ma chi poteva aver interesse ad uccidere la Martiner? Sola, ormai in pensione, divorziata e madre di un figlio adulto ma problematico. Una donna quasi dimenticata. La vita ancora si ricorda di lei solo per il suo trascorso nella storia dell’arte e la sua grande esperienza maturata.
Il sospettato numero uno non convince Rocco che prosegue nelle indagini perché in costui vede un qualcosa che non appartiene agli assassini: la paura. Al contempo però il passato non lo risparmia e tra legami che si sono spezzati e altrettanti che si sono dovuti separare per trasferirsi in altre città e ricominciare a vivere, ecco che quei fantasmi di un tempo trascorso tornano a bussare alla sua porta, “Vecchie conoscenze”, appunto. E talvolta sono proprio queste conoscenze di un altro tempo quelle che più sanno deluderti e lasciarti quell’amaro in bocca. O ancor più confonderti fino a sconvolgerti.
«Lui lo sapeva, ci sono dei giorni in cui si percepisce che un pezzo della nostra vita se n’è andato, e seppelliamo la nostra faccia di una volta perché non ci appartiene più. La faccia, quella ce la disegna il tempo, ogni ruga per ogni sorriso strappato, le diottrie in meno per ogni riga che non volevamo leggere, i capelli abbandonati chissà dove insieme al loro colore, e quello che vediamo spesso non ci piace, ma è soltanto l’inizio di un nuovo episodio della nostra esistenza. Ci conviene conservare ciò che rimane per poterlo portare avanti, fino alla prossima stazione quando anche quest’altro pezzo della vita non ci apparterrà, e avremo allora un’altra faccia, altre rughe.»
Perché tu credevi in loro e mai ti saresti aspettato che proprio loro potessero celare altrettanti oscuri fantasmi. Perché tu di loro ti fidavi. Perché tu per loro ti sei prodigato.
Ed ecco allora che l’amarezza è pulpito, è certezza, è costante. Non vi è spazio per altro se non per questa nuova consapevolezza.
Uno Schiavone stanco, disincantato, rude e ancora più disilluso è quello che colora queste pagine, eppure, è anche uno Schiavone che coinvolge e trattiene ancora e ancora. Ancora più che mai.
Un capitolo delle avventure che conquista e non delude le aspettative degli appassionati aggiungendo quel tassello in più a una serie che per sua natura ha tanto ancora da offrire.
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Un uomo solo (ma c'è la lupa),
Ennesima indagine del vicequestore Rocco Schiavone, un personaggio singolare, allergico alle regole, fuori dai consueti schemi del “politicamente corretto”, nemico giurato dell’ipocrisia e delle falsità. Non ha quindi vita facile, anche se dotato di un fiuto eccezionale e di una straordinaria abilità nel risolvere casi difficili e complicati. Siamo ovviamente ad Aosta, e le indagini in cui sono coinvolti i poliziotti locali sono due, la prima apparentemente più semplice, la seconda scottante e pericolosa, dato il coinvolgimento di alte cariche dello Stato in traffici illeciti. Nella prima indagine, si parte dal brutale assassinio di una famosa storica dell’arte, Sofia Martinet, esperta in Leonardo da Vinci e ben nota a livello internazionale. I sospetti puntano sul figlio, un poco di buono, in rotta con la madre e responsabile anche del furto di alcuni testi antichi scomparsi dalla casa materna: ben presto però, il vero autore dell’omicidio, mosso da rancori e gelosie, sarà inchiodato alle sue responsabilità dalla pazienza e dalle minuziose indagini del vicequestore Schiavone. Ben più intrigante l’altra indagine, che impegnerà Rocco Schiavone ed i suoi poliziotti su vari fronti, un’indagine che scoprirà vecchie collusioni tra malavita e personaggi d’alto livello, implicati in un traffico di droga e in vari omicidi. Schiavone mette qui a repentaglio la sua vita, resiste a ricatti d’ogni genere, a testa sempre alta: sembra perdere però la speranza in certi valori per lui sacri (l’amicizia, la fiducia nell’amico di una vita) proprio quando scopre che il suo più caro compagno d’infanzia, da lui aiutato in momenti difficili, era sempre stato schierato con i malavitosi. Ed è commovente la conclusione del romanzo, quando Rocco Schiavone, chiuso in ufficio, “percepisce che un pezzo della vita se ne è andato” ed ai suoi che vanno a cercarlo dice “ … non siamo amici, non lo siamo mai stati. Ma la sapete la cosa strana? Mi siete rimasti solo voi. Per quanto sia dura e difficile ammetterlo, non ho altri che voi…”.
Una volta di più, Manzini sa rendere straordinaria e unica la figura di questo singolare vicequestore, un lupo solitario, un uomo dal passato burrascoso e dalle amicizie discutibili, un poliziotto affaticato dagli anni e da esperienze laceranti, sempre ben fermo nelle sue convinzioni anche contro forze potenti e occulte di un sistema corrotto e corruttibile. Rocco Schiavone è un uomo solo, dopo tentativi falliti con un’amica giornalista che tenta più volte di introdursi nella sua vita cercando approcci che falliscono sul nascere. Una lupa è la sua migliore amica, uno spinello (li tiene nascosti in un cassetto chiuso a chiave) è un’occasionale oasi di serenità. Difende strenuamente i diritti civili, rincuorando un suo poliziotto che si dichiara gay, critica e non comprende certe credenze religiose: insomma, un uomo libero, convinto che ognuno debba vivere la sua vita come meglio gli pare.
Il romanzo, a parte qualche lungaggine investigativa nella seconda indagine, si lascia leggere piacevolmente. Siamo al diciassettesimo episodio della serie, e si capisce bene quanto l’autore si sia affezionato al suo amato protagonista e alle magiche ambientazioni in una Aosta ovattata, dove la neve la fa sempre da padrona.