Un uomo in mutande
Letteratura italiana
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Una questione di corna
In questo divertente romanzo Vitali fa quello che sa fare meglio: essere Vitali. La sua per così dire vitalità , in modo brillante, e simpatico ci racconta un altro episodio di quello che succede in quel di Bellano. In piena epoca fascista, i bellanesi faticano a essere costretti dentro le regole e gli schemi del regime, così anche un semplice fatto di corna è capace di diventare un caso da meritare l'attenzione di tutti i carabinieri che occupano la locale caserma. Attorno alla vicenda di un uomo misterioso che si aggira in mutande nottempo, e non sarà l'unico a rimanere senza pantaloni, in senso sia letterale che figurato, tutta la varia umanità che popola la cittadina sul lago di Como. Un romanzo a lettura plurima a seconda del piano a cui si decide di fermarsi nel leggerlo. Simpatico e divertente per chi ha voglia di farsi qualche sorriso senza impegno, sarcastico e critico per chi vuole scavare un po' più a fondo e infine capace di strappare belle risate sonore per chi ama cogliere il lato ironico della vita.
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Bellano anni 30
Bellano 1929. Un amante quasi colto sul fatto, deve fuggire repentinamente da una finestra dimenticando i pantaloni ed il portafoglio. In un piccolo paese anche due oggetti così comuni, messi nel posto sbagliato, posso dare vita ad una serie di equivoci e sospetti. Soprattutto se a trovare il portafogli in questione è un portalettere parecchio particolare come il Fracacci, famoso per fare il giro di consegna della posta inframezzato di numerose soste ai bar della zona, utilizzati anche come appoggio per riordinare e consegnare la posta al volo ai vari destinatari, oltre che per tirarsi su il morale a forza di cicchetti. Questo comportamento non va a genio al nuovo severissimo direttore dell'ufficio postale , che meglio farebbe a prestare più attenzione alla moglie. Per il paese imperversa Fusagna Carpignati, giovane donna avvezza a continue fantasie amorose non corrisposte verso uomini via via diversi, che provocano tribolazioni agli oggetti di tale desiderio per le insistenze moleste della ragazza. Nel frattempo la levatrice del paese viene rinvenuta nel suo letto in stato di incoscienza in seguito ad una probabile aggressione e si cerca di capirne la ragione, si interessa al caso il maresciallo dei carabinieri Malagò che cerca con i colleghi, di indagare per scoprire il colpevole prima che i sospetti cadano su un giovane del posto, assolutamente innocuo ma afflitto da problemi mentali in seguito ad un incidente in barca avvenuto quando era un bambino, che a causa della sua condizione potrebbe diventare facile bersaglio di insinuazioni. Al solito Vitali crea una serie di personaggi caratterialmente molto ben delineati e tratteggia anche discretamente il periodo storico , in una vicenda che non si fa certo notare per i colpi di scena, ma in realtà non è un giallo, più che altro una commedia che ha per contesto un piccolo ma vitalissimo paese. Non indimenticabile ma godibilissimo.
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Ma in mutande restano in tre...
E’ forse una delle storie bellanesi meglio riuscite quest’ultima opera di Andrea Vitali, una storia ricca di personaggi, di humour e di ironia. Siamo nel 1929, in piena era fascista: il maresciallo Maccadò sogna un figlio che forse la moglie Maristella gli darà a breve, vigila sulla comunità e sulle sue beghe quotidiane fatte di poco o niente (gente un po’ fuori di testa, ubriachi del sabato, pettegolezzi di paese, relazioni con le autorità in visita) e sogna ad occhi aperti una nuova vita lontana dalla noiosa routine di tutti i giorni. Routine fatta anche purtroppo da uomini in mutande. Gli uomini “ in mutande” sono in realtà rappresentati da tre personaggi, colti tutti e tre in mutande e tutti in situazioni a dir poco singolari. La prima storia, la più significativa, è quella di un sedicente farmacista di Merate, un bellimbusto figlio di papà, costretto ad una precipitosa fuga notturna dall’abitazione dell’amante, Percilla Massamessi, sorpreso dall’inatteso ritorno a casa del marito, direttore delle poste locali: nel trambusto dimentica il portafoglio ed i pantaloni, scontrandosi poi inavvertitamente e malamente con la levatrice Aristidina Zambetti, di ritorno dall’assistenza ad un parto. La donna, in stato di incoscienza, sarà poi ricoverata e la colpa del fattaccio ricadrà su tale Salvatore Chitantolo, un ragazzo buono come il pane ma mentalmente ritardato per un malaugurato trauma infantile. La seconda storia mette in scena il postino del paese, Erminio Fracacci, aduso, oltre che ovviamente a ritirare ed a consegnare la posta, a fare numerose soste nei bar locali indulgendo a generose e ripetute bevute. Si dà il caso che il direttore delle poste, promosso di grado alla sede provinciale di Belluno, inviti ad un sontuoso pranzo di addio i dipendenti dell’ufficio ed i maggiorenti locali: tra gli invitati c’è anche il Fracacci, che, pur sentendosi come un pesce fuor d’acqua fra cotante personalità, pensa addirittura che l’incontro sia organizzato per premiarlo dell’atto benemerito della restituzione del famoso portafoglio. Per farla breve: il poveretto, proprietario solo della sua divisa, per altro sdrucita e perennemente macchiata, si fa prestare un abito adeguato alla cerimonia ma non alla sua corporatura ed i pantaloni, tenuti assieme da mollette e spille, gli cadono a terra durante un brindisi, lasciandolo in mutande e costringendolo ad una fuga precipitosa. Infine ecco il terzo uomo in mutande del romanzo: Lucchinetta, lo spazzino del paese, che al termine di una serata di bisboccia all’osteria tra lazzi e frizzi si troverà in mutande, non solo, ma fermato dai carabinieri all’uscita del locale terminerà la notte in guardina.
Attorno a queste tre vicende, Vitali infila una serie di altre storie, animate da personaggi che difficilmente si dimenticano. Indimenticabile è infatti la dirigente dei locali fasci femminili, Fusagna Carpignati, una zitellona autoritaria e piena di brio che si invaghisce in modo maniacale, sempre respinta, via via dei personaggi più in vista del paese, passando instancabilmente dal direttore delle poste ad un politico di grido, fino al carabiniere più belloccio del posto ed infine al capostazione del paese, nonostante la disperazione rassegnata della madre e le continue minacce di ceffoni da parte del padre. C’è poi la vicenda di un senatore del regno che giunge a Bellano per promuovere un progetto di “redenzione igienica” (leggi: rifacimento di acquedotto e rete fognaria) : il poveretto, che soffre dalla nascita di atonia intestinale necessitando perennemente di clisteri evacuativi, viene colto da dolori lancinanti, con conseguente ricovero nel locale ospedale, intervento chirurgico e successive imbarazzanti emissioni di effluvi maleodoranti. Non poteva mancare infatti il fiore all’occhiello di Bellano, l’ospedale diretto dal professor Bombazza: unico neo del primario il desiderio incoercibile di cimentarsi in un intervento di craniotomia, frenato con i dovuti modi dalla vera anima del nosocomio, la sempre vigile suor Anastasia.
“Un uomo in mutande” non fa che confermare Andrea Vitali, medico e scrittore, come eccellente rappresentante di una letteratura popolare italiana sempre viva e vivace: la sua abilità come narratore di storie di tanti comuni personaggi di Bellano, comuni ma divenuti paradigmatici nelle loro vicende e nei loro comportamenti, è ormai avvalorata dai numerosi premi letterari vinti e dalla traduzione dei suoi romanzi in moltissimi Paesi.
Un applauso convinto quindi a Vitali (è anche un collega che ammiro e stimo) per la sua capacità di narrare sempre nuove storie, individuando con arguzia ed ironia aspetti, anche curiosi e bizzarri, della nostra vita d’ogni giorno. Una nota a parte, in quanto a curiosità e bizzarria, meritano i nomi dei personaggi ( so dove li va a pescare, mi sembra di averlo già raccontato in un’altra recensione), tratti etimologicamente da un passato familiare antico e consolidato nel tempo: Percilla, Fusagna, Omario, Erbice, Letterio, Fiamma, Geode, tanto per citarne alcuni, sono uno straordinario omaggio alla letteratura, non solo popolare, e non si dimenticano facilmente.