Un caso maledetto
Letteratura italiana
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Un delitto omofobo
Mancano solo tre mesi alla pensione del caro commissario Bordelli, che passeggia per i vicoli della sua città, rinata dopo la tragica alluvione, vivendola nelle sue infinite peculiarità. La sua relazione con Eleonora ha ripreso in maniera stabile, il suo valido collega Piras è diventato vice commissario, e i suoi pranzi “da Cesare”, nonostante la sua volontà, sono sempre più luculliani.
Bordelli vorrebbe passare questi tre mesi serenamente, ma invece gli capita per le mani un delitto, tanto atroce quanto inutile, perché fine a se stesso; un nobile conte anziano e omosessuale viene ucciso in modo spietato.
Il caso non è poi così difficile, in sé, perché il Conte usava registrare, tramite un magnetofono nascosto in una intercapedine, tutti i suoi incontri “clandestini”, sempre consenzienti. E dall’ultima registrazione Il commissario e il suo vice, possono, purtroppo e per fortuna, ascoltare tutto quello che è successo in quella maledetta sera.
Un giovane “amichetto” del Conte, si fa invitare a casa sua e sul più bello, evidentemente d’accordo con loro, apre la porta a quattro bastardi sconosciuti e omofobi che torturano e uccidono crudelmente il Conte.
A questo punto basta solo un po’ di fortuna per ritrovare” i Quattro dell’Ave Maria”, così si fanno chiamare, e dar loro quello che si meritano.
Bordelli prima di essere un commissario, è un uomo, che ha un profondo senso di giustizia, che spesso valica la legalità, e diventa vendetta. Il più delle volte riesce a frenare questo suo istinto con l’aiuto della sua vita quotidiana, scandita, dall’amore per la sua donna, e l’affetto per i suoi amici, con i quali è assiduo e sempre presente. Non mancano mai infatti le sue famose cene, in cui li riunisce tutti insieme scaldati dalla fiamma, sempre viva, di un camino, un calice di vino, cibi gourmet e racconti di vita vissuta da ognuno di loro.
Grazie a Vichi spesso dimentichiamo il giallo e riflettiamo sulla vita, sul destino, su ciò che eravamo e su quello che siamo diventati, nel bene e nel male. “ …a volte il destino si divertiva a giocare con la vita degli esseri umani…A volte a lor favore, a volte contro di loro.”
Ogni personaggio descritto dall’autore ha una sua etica ed è coerente con essa. Ed è per questo che il lettore riesce ad accettare e ad amare ogni singolo personaggio descritto, per quello che è, da Ennio, che ruba solo ai ricchi, a Dante inventore, immerso nel suo laboratorio fino a tarda notte, passando per il Colonnello Arcieri, il medico legale Diotivede e il fedele e acuto Piras.
Non manca nei romanzi di Vichi l’amore per la natura e per gli animali, frequenti e necessarie come l’aria sono per Bordelli infatti le sue passeggiate col suo cane Blisk, per le colline fiorentine.
Il tutto è condito sullo sfondo da un profondo amore per la cucina toscana.
Infine, ma non per ultimo, la sua passione, oltre che per il racconto, per la lettura. E’ proprio grazie a Vichi che ho conosciuto Alba De Cespedes, che non manca mai di citare in ogni suo romanzo.
“I romanzi gli facevano l’effetto di uno specchio magico: poteva osservare se stesso e anche il mondo che si rifletteva alle sue spalle. In altre parole leggere era come un viaggio, sia nelle lontananze, sia nella propria intimità. Senza nessuna fatica, scorrendo le pagine era costretto a conoscersi meglio… Si poteva quasi dire che per leggere ci voleva un po’ di coraggio.”
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Ddl Zan ante litteram
Questo è un altro romanzo seriale di Marco Vichi che ha per protagonista il suo personaggio oramai noto ai più, almeno per sentito dire anche dai non affezionati lettori dello scrittore fiorentino, il commissario di Polizia Franco Bordelli, dirigente la Squadra Omicidi presso la Questura del capoluogo toscano.
Le avventure del commissario Bordelli spaziano in un arco temporale di un quarto di secolo, che decorrono dall’immediato secondo dopoguerra fino al 1970 circa, quando il nostro, compiuti i 60 anni di età, dovrebbe accomiatarsi dalle file della Pubblica Sicurezza, ma certo non necessariamente dai suoi lettori, per godersi la beata pensione per raggiunti limiti d’età.
Come prescritto nei bei tempi andati, quindi relativamente giovane rispetto agli standard pensionistici odierni, alquanto spostati in età più avanzata, ma bisogna anche tener conto delle differenti aspettative di vita nel corso del tempo trascorso.
D’altra parte, il personaggio Bordelli è descritto aver vissuto una esistenza piena e tribolata, partecipando con assiduità, nel pieno della sua gioventù, a rischio e pericolo di lasciarci la pelle spesso e volentieri, al disastroso ultimo conflitto mondiale, sempre come marò inserito in prima linea tra le file del Battaglione San Marco, prima in guerra giocoforza al fianco dei tedeschi e poi decisamente contro di loro, per una precisa e deliberata scelta di campo, meglio consona ai suoi ideali di vita.
Nel settembre del 1943, dopo l’armistizio, Bordelli fa il suo passo avanti, si riprende il suo libero arbitrio, schierandosi nella guerra di liberazione con lo scaglione del suo battaglione San Marco aderente alla resistenza contro il nazifascismo.
Bordelli è quindi un uomo normalissimo, come tanti altri, che in virtù di dure esperienze vissute in proprio, è cresciuto divenendo un uomo pacato, maturo, riflessivo ma anche curioso, ancora esuberante ed affascinato dall’esistenza e dai suoi piaceri, proprio perché troppe volte ha rischiato di perdere la vita ed i suoi annessi.
Reso inoltre saggio, tollerante, paziente con i propri simili dalle sue crudeli, sanguinose e tragiche vicende di vita vissute. Inizialmente per indole ed educazione, poi come militare, come fidato commilitone, ha sviluppato fortissimo specialmente il senso dell’amicizia, della compartecipazione, della convivialità dell’esistenza; ha innato il valore della lealtà, dell’onestà, dei piaceri semplici ed essenziali, la buona cucina, le donne, l’amore, e di converso anche l’amore per i libri e la buona lettura, che dalla vita copiano e prendono ispirazione, senza mai uguagliarla perché si sa, la realtà supera sempre ogni fantasia.
Per questo nei racconti di Vichi la professione del commissario è un pretesto per giustificare i suoi giri, le sue domande, le sue conoscenze, le sue indagini sono spesso e di frequente occasioni per considerazioni sui tipi diversissimi di varia umanità esistente, dall’ex colonello dei carabinieri divenuto funzionario dei servizi, all’ex prostituta delle case di tolleranza a cui è legato da affetto fraterno, puro, scevro da ogni riferimento al sesso ed impronta alla genuina correttezza.
Conta tra i migliori amici il suo fido vicecommissario Piras ed il medico legale Diotivede, ma anche l’ex ladro Ennio Bottarini con il pallino per la cucina, oppure Totò, stavolta un autentico cuoco di professione della rinomata trattoria “Da Cesare”, orgoglio della gastronomia toscana, che insieme ai manicaretti gli propina con nonchalance racconti della sua giovinezza in pure stile gran guignol.
Inoltre, incontriamo spesso nelle sue avventure tante altre figure sui generis, un piantone appassionato di enigmistica, oppure un insolito e strampalato inventore da fumetto, un Archimede Pitagorico perennemente rinchiuso nel suo laboratorio, e altri personaggi tanto comuni quanto originali ciascuno a suo modo. Il racconto del quotidiano di Bordelli è diviso tra la professione che certo, con urgenza, richiede il suo apporto, il suo acume, il suo saper cogliere oltre le apparenze; e però è pregno di tanto altro, serate conviviali con gli amici nella sua casa alle porte della città, in campagna, dove è d’obbligo per ognuno degli invitati sdebitarsi per la lauta cena con un racconto di vita reale o inventata
È questo novellare, il raccontare, il fornire ad altri commensali una storia che concerne l’esistenza propria o altrui che tanto rivela sul cuore degli uomini, il vero piatto forte, la pietanza ricercata delle cene a casa Bordelli, su questo Marco Vichi basa la sua originalità di valente affabulatore.
Lo fa con un suo stile, un periodare a capitoli alterni tra pubblico e privato, tra lavoro e svago, tra città e campagna, Marco Vichi è uno scrittore di schietta, pura fiorentinità.
Con linguaggio diretto, semplice, descrittivo abilmente tanto di luoghi che di persone, tanto di fatti quanto di introspezioni, ci offre sempre un prodotto semplice ma genuino, forse scontato, a tratti forbito, ma sempre squisitamente e letterariamente valido e gradevole.
Accanto alla convivialità, la lettura, l’amore per la sua donna Eleonora, il suo cane Blix, il rispetto per la natura in cui spesso e volentieri si immerge nelle sue passeggiate sui colli intorno alla città, tutto questo si accosta spontaneamente a Bordelli, lo riporta ad uno stile di vita semplice ed intenso ad un tempo. Marco Vichi con i suoi romanzi con protagonista Franco Bordelli ci offre un’elegia dell’esistenza a misura d’uomo, e di converso, un elenco delle brutture, dei crimini che purtroppo accadono, delle nefandezze dell’animo umano in grado di lordare il creato, e come tali da bandire dalla quotidianità del consorzio civile, consegnandone i colpevoli, riconosciuti certamente tali, alla Giustizia, perché la stessa faccia il suo corso, mediata dalla tolleranza ma sempre inflessibile quando senza appello alcuno, nei casi di malvagità fine a sé stante, la più abietta.
Se il vivere civile è qualcosa di stupendamente compiuto nella sua semplicità, letteralmente divino e idilliaco, allora magari nelle violazioni più gravi come le violenze di ogni tipo, e l’omicidio è la più grave delle violenze esistenti, serve anche un’esemplare punizione manu propri.
Questa non si sostituisce alla Legge, che deve comunque fare il suo corso senza iniquità, ma va, come dire, talora a sottolineare con opportune umiliazioni il male fatto ai responsabili dello stesso, e questa punizione impartita brevemente di persona dai servitori della Legge, comunque sanzioni mai solo fisiche, devono servire ed essere atte solo a rivelare brutalmente agli stessi malfattori la proprio spregevole essenza, estrinsecandola a forza ai loro occhi, perché ne abbiano motivo di riflessione, seppure tardiva. Bordelli non è nuovo a ricorrere a questi mezzi ad uso di insegnamenti, nel corso della professione, e anche in questo romanzo finirà per ricorrerne. Giustamente, come vedremo.
Perché questo è uno dei casi più assurdi della carriera del commissario, un delitto tanto inutile quanto mostruoso, una violenza gratuita esercitata tanto per fare, senza alcuna motivazione di lucro o altro, un caso ignobile, quello che si dice un delitto senza movente, e proprio per questo un caso maledetto, che richiede giustizia immediata, severa, esemplare, perché sia di monito e di riparazione alla stortura dell’atto, una screziatura profonda nell’armonia della mutua e solidale esistenza umana.
Franco Bordelli, da poco reduce da un triplice successo professionale nel romanzo precedente a questo, “L’anno dei misteri”, con cui pensava di chiudere alla grande il suo curriculum di operativo di Polizia, è chiamato invece ad investigare su un ennesimo, brutale, atroce delitto.
Un aristocratico, un conte, un membro della vecchia e antica aristocrazia fiorentina, un uomo ricchissimo, ma in fin dei conti, altro non è che un povero vecchio, debole, inerme, indifeso, assai avanti negli anni, viene barbaramente assassinato del suo palazzo nobiliare, senza nessun indizio.
Perché l’indizio è sempre legato al movente, ed il movente in questo caso è unico, ed inutile ad un tempo, per questo assurdo e maledetto: l’uomo era un noto omosessuale dichiarato, un uomo che viveva serenamente da sempre il proprio orientamento sessuale senza fare del male a nessuno, portando con fierezza, trasparenza, onestà la sua condizione “diversa”, dati i tempi.
Ma i tempi non lo permettevano, e forse, chissà se lo permettono davvero oggi:
“…noi finocchi…dobbiamo vivere nascosti come carbonari…costretti a nascondere una parte di noi…la più vera…non è piacevole.”
Erano tempi quelli in cui un omosessuale per la società, per la chiesa, per la legge, per l’etica corrotta ed ipocrita corrente era un frocio, un finocchio, un invertito, un pederasta, un depravato, un immorale, senza nemmeno chiedersi chi, come, quando ed in nome di che cosa, avesse ritenuto corretto, giusto, umano, definirli dispregiativamente in questo modo.
Solo per questo, il Conte, l’omosessuale, l’uomo per bene che è, viene insultato, deriso, picchiato a mani nude, barbaramente trucidato.
Senza altro motivo.
Erano altri tempi, anni di ipocrisia, di bigottismo, di apparenze, di falsità, quando il termine “omosessuale” era un’invettiva, un’offesa grave, un marchio di infamia.
Anni in cui sarebbe stato necessario un decreto di legge Zan ante litteram, approvato nell’ordinamento dalla società senza ulteriore indugio, ad applicazione immediata, perché unico riconosciuto e indispensabile monito, riparo e rimedio contro la bestialità, contro l’odio gratuito, l’ignoranza, l’intolleranza becera, il mancato riconoscimento della diversità che rende speciale ed unico ciascuno di noi. Franco Bordelli indaga, e assicura alla giustizia chi si è maledetto di tale offesa al genere umano, un tipo di offesa pari a quello per cui ci si era impegnati in un conflitto mondiale.
“…In quella città era stato commesso un sopruso che prendeva forza dall’idiozia del pregiudizio e gridava vendetta. Era un omicidio più o meno nazista, e come tale andava trattato.”
Il commissario non agisce perché è un eroe buono letterario, o tanto moderno e sagace da essere all’avanguardia dei tempi: si muove invece con assoluta normalità, con comune buon senso, con sdegno genuino, in sintesi si muove con un solo sprone, la sua umanità, il comune sentire che spesso troppi non avvertono da soli, forse perché necessitano appunto dell’approvazione di un opportuno decreto-legge, confermato mai troppo presto. In mancanza di meglio.
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Una matrioska di storie gialle
Torna il commissario Bordelli, felice creatura di Marco Vichi, ne Un caso maledetto. Un libro dalla lettura accattivante, ricco di tante storie curiose e ai limiti, e di tanto tanto mistero.
E’ un freddo gennaio del 1970, e il commissario Bordelli è alle soglie della pensione. Malinconico, pensa ai casi rimasti irrisolti della sua carriera, che in realtà sono poi soltanto due, e al suo passato di combattente in una guerra difficile contro i nazisti. Un omicidio lo scuote nel profondo: un omosessuale, nato a Firenze, il ricco conte Alderigo Bonsanti Della Spada, viene ucciso nel suo monumentale appartamento. E’ una esecuzione in piena regola. Il conte settantacinquenne aveva “il vizietto” ed era solito registrare su di un magnetofono i suoi incontri di piacere con giovani ed aitanti ragazzi. Anche l’ultima registrazione vede l’omicidio, brutale e malevolo, raccontato in diretta. Colpevoli quattro ragazzi privi di scrupoli e di pietà. Per il commissario non sarà facile giungere al disvelamento della verità perché si scontrerà contro un muro pesante di omertà, e di facili perbenismi che circondano la vicenda.
Ho ritrovato, nella lunga lettura, il solito commissario, amante dei deboli e dei diseredati, malinconico, che compie lunghe e meditative passeggiate nel bosco con il suo cane Blisk, con un rapporto un po’ strano con la ex prostituta Rosa. E poi c’è l’organizzazione della famosa cena fra soli uomini, con il colonnello Arcieri, creatura di Leonardo Gori, il cognato del commissario, l’estroso Dante, il medico legale. Ognuno di loro racconta una storia diversa, ricca di fascino, curiosità e mistero. Ne consegue necessariamente una lettura prolissa, ma ricca di stimoli e di interesse narrativo pregnante e di gran pregio. Una scrittura coinvolgente, precisa, puntigliosa nelle descrizioni ambientali e dei personaggi ne completano il quadro di narrazione. Buona lettura.
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caso maledetto
Ho letto tutti i libri di Vichi e a mio giudizio questo è il peggiore, ormai la vena del commissario Bordelli si è esaurita: necessita la pensione e la totale dimenticanza, o forse il ricordo dei tempi andati.
Libro che verte troppo su cose del passato non attinenti al caso in questione che si riduce a poche pagine e senza colpi di scena; i ricordi poi sono sempre gli stessi banali ed ambientati sempre dalla parte buonista della vita mentre ogni tanto uno scrittore dovrebbe anche avere il coraggio civile di invertire la medaglia che ha sempre due facce. Tutta l'opera poi è come sempre troppo politicizzata e sbilanciata a sinistra, orami in Italia non vi è mai una voce anche nei romanzi libera ed equidistante.