Ultime volontà di Musini Arturo
Letteratura italiana
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Un testamento "scoppiettante"
Antonio Falco, ha pubblicato, in precedenza, Il cane che avrebbe dovuto chiamarsi Fido, La stella a sei punte. Ora torna in libreria con Ultime volontà di Musini Arturo, un libro che segna una ulteriore, ottima tappa lungo il suo personale percorso di scrittore. Un testo che si legge con curiosità e vivida attenzione, catturati da una vicenda che affonda le radici in tempi lontani, ma non lontanissimi, caratterizzata da una prosa semplice, ma al contempo fresca, e precisa nelle descrizioni.
Siamo a Torino nella lontana estate del 1982, l’estate del Mundial, delle gesta degli Azzurri e di un Presidente della Repubblica che con il suo atteggiamento era entrato nel cuore di tutti gli italiani. Arturo Masini, novantaquattrenne, muore e lascia uno strano testamento. Chi era costui?
“Era uno degli ultimi eredi di una casata svizzera che chiamare benestante era dir poco: pareva discendesse da un ramo parallelo a quello dei Savoia. Il patrimonio di famiglia era immenso: si favoleggiava di un piccolo castello tra le Alpi; vi comparivano beni di ogni genere: appartamenti, palazzi e terreni sparsi per tutto il Paese e tanta liquidità, azioni e investimenti di tutti i tipi registrati a nome dell’aspirante musicista.”
Cosa hanno di così strano le “sue ultime volontà”?
“Il morituro aveva deciso di lasciare a becco asciutto i pochi parenti rimasti sulla faccia della terra – ovvero due lontani pronipoti- rendendo eredi universali di tutto ciò che possedeva, beni mobili e immobili, il Conservatorio e l’attiguo Teatro Comunale, i luoghi, in cui, nel corso della sua lunga vita, aveva potuto accedere esclusivamente dietro pagamento del biglietto di ingresso, nonostante i suoi fervidi desideri.”
Così la Fondazione e i componenti del direttivo, a partire dallo stesso Presidente del Teatro Comunale e del Conservatorio, si ritrovano improvvisamente a gestire un immenso patrimonio. Per l’istituzione una ghiotta occasione di miglioramento. Ma le cose improvvisamente si complicano: la bella tomba del defunto, situata in un piccolo paesino di montagna, così ben curata, è più volte presa di mira da attentai che sconvolgono la tranquillità del piccolo centro. Ad indagare i Carabinieri, in primis nella persona del maresciallo Giovanni Calitri, che ha l’arduo compito non solo di scoprire una terribile verità, ma anche di riportare serenità in un luogo da sempre più che pacifico.
Una bella storia. Una trama ben congegnata ed elaborata che trascina il lettore con frenesia, in altri luoghi e in altri tempi. Pur essendo a tutti gli effetti un giallo, la narrazione si rivela essere priva di quella violenza cieca e bruta che spesso caratterizza il genere. Ambientazione e personaggi sono resi bene nelle loro individualità e particolarità. Una vicenda di luci e ombre in un tempo differente dall’attualità, caratterizzano una lettura che in ultima analisi si rivela essere intrigante ed avvincente come non mai.