Uccido chi voglio Uccido chi voglio

Uccido chi voglio

Letteratura italiana

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Qualcuno si è intrufolato in casa di Vince Corso, insegnante precario che per vivere si è inventato il mestiere di biblioterapeuta, distruggendogli vinili e libri e avvelenando il suo cane Django. È stato preso di mira e rischia di essere incastrato in una serie di omicidi avvenuti nel quartiere Esquilino. Pilotato nei suoi spostamenti con un disegno occulto, è spinto in giro per una Roma stanca e decadente ad inseguire fantasmi. Per Vince una nuova avventura a tinte più nere che mai, un enigma che solo lo sguardo del lettore, vero protagonista di ogni romanzo, può svelare, perché leggere mette a nudo il segreto di ogni storia.



Recensione della Redazione QLibri

 
Uccido chi voglio 2020-08-14 16:34:21 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    14 Agosto, 2020
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“Mise en abyme”

"«Io credo soltanto che leggere aiuti le persone a sentirsi migliori di quello che sono.»
«O anche peggiori.»"

Torna in libreria Fabio Stassi con un nuovo lavoro che vede, ancora una volta, protagonista il biblioterapeuta Vince Corso. Torna la Roma multietnica e sofferente, che si muove intorno a via Merulana, con le sue stoffe variopinte, il suo odore di friggitorie e spezie orientali e la rassegnata indolenza di un gioco di dadi. Torna la musica francese, sottofondo roco e malinconico di tante storie. E tornano soprattutto loro, i veri protagonisti, i libri, riaccendendo la riflessione sul complesso rapporto tra vita e letteratura.

Vince, per professione, consiglia libri per curare i malanni dell’esistenza, e a loro ha affidato il ruolo di unica famiglia, presenza costante nella sua vita piena di solitudini, abbandoni e interruzioni. Ma è davvero così, il sentiero tracciato dalle parole scritte è sempre un cammino che conduce al bene, che sia consolazione se non salvezza? Oppure le parole possono anche tradire e trascinare involontariamente in un pozzo nero, un abisso in cui realtà ed immaginazione si mescolano senza senso e coerenza?

“Non so se il mondo esista per davvero, ma bisogna fare attenzione a quello che si immagina. Forse siamo solo il sogno di qualcun altro”.

Sulla scia di questa domanda, il romanzo prende dunque le sembianze di un sogno. Un enigma di tensione in cui efferati omicidi si impastano a rimandi letterari. Un labirinto di simboli e citazioni, di inseguimenti e smarrimenti. Persino i capitoli si susseguono dalla Z alla A, confondendo anche la direzione del tempo.
Con la sua voce elegante e cristallina, Fabio Stassi dà così vita non certo a un giallo canonico, bensì a un gioco di specchi, in cui realtà e finzione si guardano e si interrogano, in un ribaltamento ai limiti dell’assurdo, sulle proprie ombre e le proprie possibilità. La letteratura offre la lente attraverso cui guardare e capire il mondo e la vita, oppure un labirinto di storie e anfratti ove nascondersi, per perdersi senza ritrovarsi? I temi innescati appaiono forse fin troppo ambiziosi per svilupparsi con chiarezza nei confini di questa storia e l’architettura forse fin troppo cerebrale per toccare davvero le corde del cuore, ciò nonostante non si può che rimanere piacevolmente affascinati dalla ricchezza di spunti letterari, cultura e intriganti interrogativi che queste pagine sanno offrire.

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Uccido chi voglio 2020-10-24 13:36:55 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    24 Ottobre, 2020
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Il male del vivere per mezzo della parola scritta

“Non so se il mondo esista per davvero, ma bisogna fare attenzione a quello che si immagina. Forse siamo solo il sogno di qualcun altro.”

Con “Uccido chi voglio” torna in libreria il protagonista di Vince Corso, il biblioterapeuta che ci accompagna tra le vie di una Roma sofferente e multietnica, una capitale che sembra implodere su se stessa. Anche questa volta non mancano i temi più cari all’autore che, in particolare, si sofferma sul complesso rapporto tra vita e letteratura per mezzo di questa voce protagonista che offre i suoi consigli sui mali dell’esistenza per tramite dei libri. E nonostante questa certezza che sembra sempre addurre una soluzione ai mali e ai dilemmi, Stassi tra le righe si chiede e ci chiede se davvero le parole scritte possono sempre condurre a salvezza e al contempo se queste mai possano tradirci.
Da questo doppio quesito ha inizio una narrazione quasi fiabesca, onirica, sognatrice in cui di snodano efferati omicidi che a loro volta rimandano a titoli letterari. La stessa dimensione spazio-temporale si confonde tanto che il lettore fatica talvolta a seguire il filo narrativo tanto da non nascondere le sempre più crescenti perplessità.
Il risultato è quello di uno scritto che assume le vesti di un giallo composto da giochi di specchi, dove niente e come appare, dove finzione e realtà si fronteggiano e che mira a toccare obiettivi estremamente temerari. Tuttavia, lo scritto sembra arrovellarsi su stesso, sembra non riuscire concretamente a condurre e fatica a suscitare empatia e a spiccare il volo. Il lettore ne resta affascinato, ne è incuriosito ma non ne resta altrettanto rapito. In più punti si chiede quale sia il fine, quale sia il traguardo prefissato.
In conclusione, un titolo che non può che definirsi ambizioso, un titolo che ci propone uno Stassi diverso ma che conquista soltanto a metà. Buona l’idea, interessanti le problematiche trattate e sottese ma inarrivato negli intenti.

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