Uccidete il Camaleonte
Letteratura italiana
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Un violento rettile a Torino
Carlo F. Defilippis, dopo aver introdotto sulla scena letteraria il commissario Vivacqua ne Le molliche del commissario, proseguito ne Il paradosso di Napoleone; ora torna in libreria con Uccidete il camaleonte , una nuova avventura del fascinoso quanto introverso Vivacqua Salvatore.
Vivacqua è siciliano, trapiantato a Torino, sposato con figli, comanda i suoi uomini con piglio deciso e forte, che perde totalmente nel confronto con la moglie Assunta, con cui condivide da anni gioe e dolori, che però dalla sua ha un bel caratterino. Abile e fine investigatore, ora si ritrova in pieno agosto alle prese con un serial killer decisamente violento. Ha già ucciso otto giovani donne, uccise in casa, con la gola tagliata. Un maniaco che non lascia tracce, entra nella abitazione della vittima, uccide, ripulisce tutto ed infila un anello nuziale alle povere malcapitate. Viene chiamato “il camaleonte”, perché:
“dite che il metodo di caccia è quello di un camaleonte, ovvero di un offender che si mimetizza nell’ambiente, ma bisogna stabilire quale, ambiente.”.
Le sue caratteristiche, emergenti da profondi studi professionali, sono:
“in greco il suo nome si chiama “Leone di terra”, noi moderni lo chiamiamo “Camaleonte”. E’ un rettile, un sauro più precisamente, piuttosto lento, capace di attendere la preda in totale immobilità per delle ore. Non è un animale sociale, vive per i fatti suoi, anzi disdegna i propri simili con i quali spesso ingaggia lotte mortali. Sa mimetizzarsi, si adatta perfettamente all’ambiente; alcune tribù ritengono che porti in sé lo spirito maligno dei morti. Noi invece parliamo di un essere umano che uccide, per follia, per rabbia, per comunicare la propria malattia. Camaleonte è il soprannome del killer di Torino, è lui che tiene sotto scacco la città.”
Il caro commissario è messo a dura prova, anche in famiglia, che mal accetta la sua assenza nelle vacanze, ma comprende la gravità della situazione. Vivacqua è convinto che non si può osservare un fenomeno, toccarlo, senza che si creino delle modifiche o delle conseguenze imprevedibili: logica conseguenza di quello che è il “principio di Heisenberg”, modificato secondo il modo di agire personale di Vivacqua:
“Il primo risultato del principio di Heisenberg lo pagava di persona: non puoi mettere le mani su una serie di omicidi senza sentire il sangue impregnarti i vestiti, se non lo catturi, finisci per far parte del crimine, quasi come un complice.”
E allora, riflette il commissario:
“Il Killer era stato molto abile, ma lui lo sapeva: doveva aver lasciato delle tracce, delle molliche, si trattava di avere gli occhi buoni per trovarle, perché non esiste azione criminosa priva i difetti, e non ci sono criminali inafferrabili, solo investigatori miopi. Per essere così efficiente quell’uomo doveva seguire un progetto. “.
Atmosfere e stile sempre più cupi e tristi, inseriti in un affresco buio e nero di una Torino molto descritta e ben conosciuta. La narrazione dimostra una cura particolare per i dettagli, per i meccanismi intrinseci dell’investigazione. Un libro ottimamente scritto, con precisione e cura; una storia narrata incisiva e fremente che conduce il lettore in un vortice frenetico e affascinante. Un perfetto giallo a cui abbandonarsi diventa giocoforza, e che non si vorrebbe mai terminare.