Suburra
Letteratura italiana
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Marco vs Samurai: anche Parigi val bene una messa?
Roma, Luglio 1993.
Tre uomini - Botola, Lothar e Mandrake - sono i protagonisti del colpo del secolo: travestiti da carabinieri, svaligiano il caveau dell’agenzia 91 della Banca di Roma. L'armadio ricolmo degli scheletri di magistrati, avvocati, politici e forze dell'ordine. Neanche il tempo di un meritato brindisi che Botola prima elimina i suoi compagni di (s)ventura e dopo viene messo a tacere per sempre dal Samurai, loro mandante e ultimo superstite della sempiterna Banda della Magliana. Fra gli interessi di questo leader c'è anche 'Il Bagatto', punto di raccolta per gli ultimi cocci rimasti dell'estrema destra e frequentato da un giovane di nome Marco Malatesta, che, illuso, sedotto e abbandonato dal proprio mentore, è deciso a regolare i conti il più presto possibile.
Roma, giorni nostri.
La capitale d'Italia è mutata profondamente e anche la delinquenza, come in uno stretto rapporto sillogistico, si è vista costretta ad adeguarsi. Priva di un punto di riferimento tanto imbevuto di Ars Retorica quanto autoritario con le armi da fuoco, la strada è falcidiata da numerose guerre interne e solo un grande progetto sarebbe capace di far cessare le ostilità: si tratta del cosiddetto WaterFront, ovvero la cementificazione dell'arenile di Ostia e di tutta la periferia Sud di Roma i cui appalti renderebbero milionari la criminalità organizzata e la Chiesa. Quella succursale italiota di Atlantic City che tutti i piani alti sognano da sempre e che sarebbe gestita proprio da quel Samurai che monopolizza la scena delittuosa da oltre vent'anni. Peccato che, nel frattempo, lo stesso Marco Malatesta sia divenuto tenente colonnello dei ROS e farà di tutto per spodestare il suo acerrimo nemico, cercando di dare "...una bella immagine della nostra condizione di servitori dello stato assediati dalle schifezze generate da buona parte di quelli che dovremmo servire."
Semplicemente straordinari, Bonini e De Cataldo, nell'immergerci con forza in una Roma cupa, violenta e dai tratti guerreggianti: come nel darwinismo sociale più aberrante, vale la legge del più forte e gli scontri incestuosi fra eminenze religiose solo di nome(a), produttori cinematografici imbottiti di pillole blu, slavi dal grilletto facile, nuove leve senza il benché minimo raziocinio e speaker radiofonici più corrotti dei carabinieri non possono che culminare in numerosi bagni di sangue. Tanto, in fondo, anche i meno ipocriti chioseranno fatalmente definendoli "...uomini senza onore che dietro a 'sta mutanda sporca chiamata legge nascondevano le loro luride vergogne."
Gli unici due simulacri che rigettano taluna modificazione temporale sono il Samurai e Marco Malatesta, che emergono da quella massa impossibile da redimere e disprezzabile anche dal Carducci più accondiscendente e che rappresentano le reciproche nemesi di uno scontro Male-Bene destinato (forse) a risolversi nelle ultime battute del romanzo.
Il tutto mentre "Questo stato che cade a pezzi e che bisogna tenere incollato contro la sua intima tendenza a franare..." è circondato da off-shore, dark room, palestre e sale tattoo, i principali luoghi di raccolta dove mazzette, escort lituane, esecuzioni e colate d'asfalto vengono smistate, catalogate e ordinate come fossimo in una versione tutta nuova del Monopoli. Però reale.
Un'ultima, ma non meno importante, considerazione prima che le pagine comincino quasi a sfogliarsi da sole sotto i vostri occhi:
"Ma la pietà lasciala a casa, Questo mondo non sa che farsene, credimi.". Perchè "E' sempre stato il tuo problema, Marco. Vuoi cambiare il mondo. Ma il mondo non si cambia. Si governa."
Prendi questo.
Zitto.
E porta a casa.
O almeno provaci.
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Magheggi capitali
Roma criminale post Libano, Dandi e Freddo. Il potere è finito nella mani del Samurai, uomo di grande cultura, dedito alla cura del corpo e della mente, ma spietato come un serpente a sonagli quando si tratta dei suoi interessi. Assassino e manipolatore guida col piglio del consumato leader la cordata della perfetta collusione tra Stato, Chiesa e criminalità verso il Grande Progetto, ovvero una colata di cemento da realizzarsi tra l'Eur ed Ostia, in teoria occasione di lavoro per molti, più verosimilmente ennesima copertura per traffici a dir poco loschi.
Come in un formicaio in cui il movimento è perpetuo in questa Roma non si dorme mai. Tanti personaggi messi in campo, magari non sempre perfettamente definiti, ma importanti per ogni snodo costruito con lungimiranza da Bonini e De Cataldo.
Ogni pedina trova felice asilo tra le pagine del romanzo, delineando il suo luogo d'appartenenza e dando così vita ad un panorama repellente in contrasto tra lussuosi salotti e periferie malfamate dove il peggio dell'Italia gozzoviglia alle spalle dell'onesto cittadino. Sono luoghi per pochi eletti in cui si decide il destino della Città Eterna e del Paese in generale.
Politici immorali, autorità corrotte, la guida spirituale devota al dio denaro e non a quello posto sulla croce. Stato e Chiesa erette sull' ingordigia umana mentre la subdola influenza dei mass media è feroce quanto persuasiva nei confronti dell'ignaro uomo comune. Il benessere del popolo passa in secondo piano, mentre i giochi di potere si srotolano attorno a storie di soldi facili, droga, puttane ed efferati omicidi. Non ci si ferma davanti a nulla, ingolositi dalla prospettiva di ricchezze inenarrabili si attua lo spietato mors tua vita mea.
Dare scacco matto alla Capitale non è però così semplice come potrebbe sembrare, soprattutto se d'impegno ci si mette il Colonnello Marco Malatesta, carabiniere ed ex testa calda passata dal lato giusto della barricata, punto di riferimento integro in questo mare di vile e violenta corruzione.
E' una lotta contro il tempo: morti ammazzati, narcotrafficanti, intimidazioni, faide tra bande rivali e un piano regolatore rivisto ad hoc sembrano emettere condanna di morte su Roma, suburra moderna in cui chi invoca l'onestà è costretto all'emarginazione, se non addirittura al camposanto.
Finzione modulata sul malessere dell'Italia odierna, per uno spaccato decisamente credibile e soprattutto ben scritto. Grande ritmo, personaggi intriganti e pregevole utilizzo del romanesco unito perfettamente alla lingua italiana.
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Suburra siamo noi
Dopo il successo di Romanzo Criminale, Giancarlo De Cataldo torna con Suburra (Einaudi, 2013) a raccontare di Roma non senza qualche accenno all’indimenticabile banda della Magliana, insieme a Carlo Bonini, giornalista della Repubblica.
Suburra è un titolo alquanto evocativo che riporta direttamente indietro nel tempo fino all’epoca romana, quando con questo termine s’intendeva esattamente la plebe impiantata in un quartiere violento e devastato in cui la moralità e la legge erano completamente bandite. In questo libro, che è a metà tra romanzo e verità storica, scritto da un giudice e un giornalista, non si narra più la storia di Roma e quindi dell’Italia degli anni ’70-’80 come in Romanzo Criminale, bensì attraverso un salto temporale non meno rischioso ed inquietante ci troviamo ad affrontare le problematiche dei giorni nostri: esattamente l’anno 2011.
Il fatto da cui la narrazione parte è il progetto Waterfront, ossia la cementificazione di tutta la periferia sud della capitale che coinvolge uomini di ogni professione e rango, dai politici ai malavitosi, alle gang, passando per le forze dell’ordine, i camorristi e non ultimi gli alti esponenti della Chiesa. Cos’è cambiato quindi dall’epoca in cui comandava la banda della Magliana ad oggi? Poco o forse nulla, se non il fatto che il Libanese, il Freddo sono morti e vagano come fantasmi tra le strade odierne di Roma ma ci sono, direbbe qualcuno, ci sono ancora. Così come c’è ancora il Dandi rinchiuso in carcere a cui viene dato il compito di attribuire il soprannome alla mente delinquenziale di questo nuovo capitolo della criminalità: il Samurai. Egli è colui che detiene le redini di tutto il potere ed è anche il simbolo, l’uomo, la forza contro cui l’altra metà della storia, l’altra metà della verità, deve scontrarsi e combattere: il tenente Marco Malatesta, vecchia conoscenza del nuovo erede criminale. Da qui parte il viaggio dei due autori che non si sono risparmiati indagini, ricerche e riflessioni su tutto ciò che riguarda quel mondo e quel palcoscenico fatto di attori di ogni fattura e bravura. Suburra è un romanzo ma è anche qualcosa di profondamente vero che testimonia ancora una volta come anche con il passare degli anni certe cose, certi atteggiamenti, certi modi di gestire le nostre vite e quelle di tutti non cambino. Com’era avvenuto anche in precedenza, qui come allora, scopriamo come le menti al potere agiscano per decidere in nome della nostra stessa vita, come la politica e la stampa si muovano per farci sapere solo ciò che dobbiamo sapere, in modo da controllarci senza creare sconvolgimenti.
Al di sopra di ogni miseria raccontata si erge la capitale del mondo, Roma, antica e moderna, corrotta e pulita così come la folta schiera di personaggi che popola le sue strade e che impariamo a conoscere molto bene attraverso l’abile penna descrittiva dei due autori che non lasciano nulla al caso e neanche al non detto. Roma a metà tra lo Stato e la Chiesa, così profondamente divisa tra potere temporale e spirituale, così maledettamente sporca eppure così splendente nella sua forma eterna. Suburra è un romanzo che parla di ciò che è indimenticabile:
- la città;
- la banda della Magliana, di cui il libro è carico di echi;
- lo squallore e la delusione di fronte ai meccanismi politici e malavitosi che gestiscono le nostre vite;
- l’immancabile consapevolezza che non c’è redenzione per Suburra, per un luogo che nasce e cresce nella miseria e nella dimenticanza, che si sporca e continua a sporcare, che si perde nella sua ferocia e nel suo sangue versato.
Indimenticabile Roma, indimenticabile è l’Italia ancora incatenata alle proprie rovine, incastrata nelle stesse malattie, incapace di voltarsi e andare avanti senza guardare più indietro.
“Nei giorni della Suburra nessuno più è innocente”.
Per tutti coloro che hanno amato Romanzo Criminale, Suburra resta un testo imperdibile e non solo. Un testo che fa riflettere, che aiuta a comprendere, che apre scenari inimmaginabili, che ci avvicina a storie che appaiono fin troppo lontane solo per darci l’idea di esserci salvati. In realtà non ci stiamo salvando da nulla. Suburra è Roma, Suburra è l’Italia, Suburra è qui, esattamente dove siamo noi e dove sei anche tu.
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Suburra
“Roma non si cambia. Roma non si redime” Remo Remotti
Ho preso questo libro in prenotazione sulla parola o meglio sul nome degli autori, Bonini De Cataldo, e non me ne sono pentita. E’ una storia, la storia di un gruppo di faccendieri con pochi scrupoli che vogliono mettere le mani su Roma, vogliono seppellire la periferia sud della capitale (per capirci quella che va dall’Eur a Ostia) sotto una colata di cemento, il Waterfront. Chi sono questi faccendieri? Politici (assessori comunali, ministri, sottosegretari), generali delle forze dell’ordine, camorristi, clan calabresi, batterie malavitose e dulcis in fundo alti prelati. E’ la storia di un odio smisurato fra un ex discepolo, il colonnello dei Ros Marco Malatesta, e il suo mentore il Samurai. E’ la storia di una guerra fra il bene e il male, senza esclusione di colpi, con un numero spropositato di caduti, con una massa enorme di dolore, una guerra senza vincitori con tanti vinti, senza fine, perpetua.
Gli autori, un inviato de “La Repubblica” e un giudice-scrittore, hanno messo in relazione fatti accaduti in questi ultimi anni a Roma, hanno scavato a fondo nel tessuto della società e negli archivi giudiziari, nei rinvii a giudizio e negli omicidi, nei luoghi di ritrovo più famosi e nelle periferie; ne è venuto fuori un romanzo che racconta una verità, in forma letteraria ma comunque una verità. Infatti il progetto del Waterfront (certo non in termini così faraonici) è adesso argomento al vaglio della Procura di Roma.
Questo libro deve molto a “Romanzo criminale”; innanzi tutto perché i fantasmi dei capi della Banda della Magliana aleggiano ancora su questa storia (è facilmente intuibile Nicoletti dietro la figura di zio Nino) ma soprattutto perché anche quello era un romanzo ma era anche verità.
Un limite che a mio giudizio ha il libro è la “romanità” intesa come modo di vedere la vita, la fatalità e lo scetticismo insiti in una città che ha visto tutto e il contrario di tutto, che da millenni vive tra potere temporale e potere spirituale ma è anche abituata alla loro commistione. Non è un libro facile da capire per chi non è romano anche se forse il malaffare e le periferie sono universali ma a Roma quello che peggiora il tutto è che è la sede dei palazzi della politica con il loro strascico di sottobosco più o meno legale, di associazioni, di portaborse, di questuanti, di ristoranti, di circoli e di palestre, di alberghi e di piazze.
Non ci fa una bella figura nemmeno la stampa con il personaggio di Spartaco Liberati nel quale i miei concittadini potranno riconoscere una figura di spicco nel panorama delle radio del tifo romanista (ecco cosa intendevo per limite del romanzo).
Comunque a me il libro è piaciuto moltissimo, c’è tutto: amore odio vendetta amicizia lealtà tradimento come in uno degli antichi classici (avete presente “Giulio Cesare”?) però attualissimo, è scritto in maniera egregia e i personaggi sono descritti bene ma in modo funzionale alla storia.
In ultimo vorrei dire che questo è un libro che ci fa riflettere sul mondo nel quale viviamo, sul malaffare, su come veniamo manipolati da stampa e politica, su quello che altri decidono sulle nostre teste in nome del dio denaro ma che ci regala anche la piccola certezza che qualcuno (pochissimi) riesca ancora a portare a galla, combattere o raccontare tutto questo.
-La Suburra, l’antico quartiere dei lupanari cantati da Petronio, era ai loro piedi. Via dei Serpenti a destra, via del Colosseo e la sacra collina di Giove Fagutale a sinistra….La Suburra, immagine eterna di una città irredimibile. Casa di una plebe violenta e disperata che secoli prima si era fatta borghesia e che della città occupava il centro geografico esatto. Perché ne era e ne restava il cuore. La Suburra, l’origine di un contagio millenario, di una mutazione genetica irreversibile-