Rondini d'inverno. Sipario per il commissario Ricciardi
Letteratura italiana
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Il grande sogno del ritorno
In questo nuovo episodio della serie del commissario Ricciardi, siamo in un teatro ed accade un omicidio, fin troppo facile da risolvere, in teoria, senonché attorno alla coppia protagonista ruotano personaggi che suscitano sentimenti intensi ed emozioni insolite ed abbiamo imparato quanto le passioni incidono in un delitto. Le teorie fatte di sensazioni, nate nella nebbia ed avvolte nella nebbia, lentamente si fanno corpo e, grazie ad un particolare che illumina, cadono i veli all’improvviso ed ogni tessera del mosaico va al suo posto, consentendo al commissario una geniale intuizione. Come sempre, al di là dell’indagine specifica, hanno un grande peso gli intrecci fra i personaggi, anche minori, che danno vivacità e spessore a queste storie ed è bello seguire l’evolversi delle vicende personali: il protagonista ed Enrica si avvicinano, anche se di nascosto, Livia e Falco tessono una trama per non allontanare Manfred, da cui scopriamo un lato inedito di Livia, conosciamo meglio Nelide, scopriamo una dolce affettività nel dottor Modo e, come sempre, i miei preferiti restano Maione e Bambinella e, non ultimo, il rapporto speciale fra di loro. Fra i temi che emergono in queste pagine ci sono la tristezza che inducono le feste, i legami familiari, le preoccupazioni di una madre per una figlia nubile, la condizione di un amore pulito vissuto comunque all’ombra. Gli interludi sono, come sempre, i capitoli stilisticamente più interessanti, così come le parti che riprendono il titolo e gli danno un senso, interconnesso con la storia. Interessanti sono anche le riflessioni speciali, che ruotano attorno alla nebbia, al sogno, ed al sipario, che separa il sogno dalla realtà e che è anch’esso parte del titolo. Non a caso.
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Il palcoscenico si tinge di giallo
Il teatro è da sempre stata la mia passione, non per niente le mie prime letture da ragazzo furono proprio Pirandello e Eduardo de Filippo (che proprio ieri compiva gli anni). La passione per i romanzi gialli è venuta circa quindici anni dopo.
Questo romanzo mette insieme il mio passato ed il mio presente di lettore e, come se l'autore sapesse, comincia proprio con una indovinata analessi.
La trama è avvincente e l'ambientazione teatrale rende tutto più poetico. Il romanzo si sviluppa mediante l'intreccio di più storia a corredo dell'indagine principale. Tuttavia non sono pienamente soddisfatto del ritmo diseguale proprio tra i vari episodi. Mentre l'indagine sull'omicidio di Fedora Marra, ha un ritmo incalzante, le storie a latere smorzano la lettura vanificando la tensione che stavo cumulando.
Detto questo, un gran bel libro.
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Brigadie’ mi spiace d’aver sparato al Commissario
29 dicembre 1932, al termine della rappresentazione della “sceneggiata” sulla canzone “Rundinella” il primo attore, Michelangelo Gelmi, spara alla moglie fedifraga, Fedora Marra, uccidendola. Sin qui nulla di anomalo, visto che è previsto dal copione ed avviene tre volte al giorno, una per ciascuna replica quotidiana. Il problema è che, questa volta, la pistola non era caricata a salve e la donna muore veramente.
Il caso sembrerebbe di facilissima soluzione: non ci sono dubbi sulle cause della morte né sussistono incertezze sull’identità dello sparatore. Però Gelmi giura e spergiura d’avere caricato a salve la sua arma, come al solito. Quel proiettile non doveva esserci. Però nessun altro poteva avere accesso alla pistola e la Marra, coniugata effettivamente con Gelmi, tradiva il marito. Tutto chiaro? Non per il Commissario Ricciardi ed il Maresciallo Maione che, pur incalzati dal Questore Garzo a chiudere il caso entro l’anno che sta per finire, vogliono vederci chiaro.
Si intrecciano con questa vicenda le storie personali dei due investigatori: Ricciardi, finalmente, ha preso a frequentare Enrica, ma gli ostacoli che si frappongono tra i due paiono senza fine. Maione, invece, vuole aiutare il dott. Modo a risolvere uno straziante caso personale.
Come al solito De Giovanni ha confezionato un piccolo capolavoro, nel quale la trama poliziesca ben si miscela all’analisi sui sentimenti umani ed alla consueta “lezione” privata sulla potenza delle canzoni napoletane e delle storie che in esse vengono narrate.
Tributato questo doveroso riconoscimento ad uno dei principali romanzieri contemporanei, debbo dire che “Rondini d’inverno” mi è parso lievemente sotto tono rispetto all’opera precedente. Pur rispettando i meccanismi già noti e, di per sé perfetti, ho percepito una minore partecipazione emotiva ed una indagine psicologica più superficiale di quante ce ne fossero nei precedenti romanzi della serie.
La storia ricalca molto il romanzo d’esordio “Il senso del dolore”, non solo nell’ambientazione teatrale, ma anche per i temi trattati, sostanzialmente quelli della gelosia e dell’amore. L’unica vera tensione narrativa è quella sintetizzata nel titolo che ho ritenuto di dare alla recensione. Voglio tranquillizzare: non si tratta di un odioso “spoiler” al romanzo, giacché è lo stesso autore ad inserire la “frase-rivelazione” nelle primissime pagine del libro, oltre che nella presentazione in quarta di copertina. Quella frase è proprio il fil rouge della storia con tutti i pro e i contro che ciò comporta.
Il romanzo, perciò, sino da subito, assume le caratteristiche di una “Cronaca di una morte (??) annunciata” e l’interesse del lettore viene distolto parzialmente dalla trama narrata per essere catturato da un’incontenibile ansia sulle sorti del personaggio beniamino. Ovviamente lungi da me svelare l’epilogo, ma debbo ammettere che, questo incomprensibile “sgarbo” fatto al lettore, fa passare il resto della storia in secondo piano, quasi fosse il fondale teatrale davanti al quale si svolgerà il dramma personale di Ricciardi.
Detto ciò con una punta di rimpianto (ma anche di ammirazione, perché la trovata narrativa è veramente potente e sotto certi risvolti geniale) debbo rinnovare le consuete lodi per lo stile perfetto e per la toccante analisi sulle tortuosità dell’animo umano che ogni volta De Giovanni ammannisce al lettore. Concludo con un sentito grazie per questa mirabile serie di romanzi che ha donato alla letteratura italiana gemme narrative preziose.
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Un Noir Dolce e Delicato
Si apre il sipario e ... Bentornato caro commissario Ricciardi, dice l'autore al suo personaggio. Bentornato e sempre il solito, triste, sofferente, solo, lento nei gesti ma veloce nel percepire le sfumature delle situazioni e delle emozioni; attento ai dialoghi, alle singole parole, conoscitore dell'animo umano, delle passioni, dei sentimenti; sempre tormentato dalle sue visioni, percepisce le ultime emozioni e parole dei morti di morte violenta; gli appaiono i trapassati ancora sofferenti, ancora tumefatti, appaiono quando vogliono e Ricciardi non può farci nulla. In questa nuova avventura è sempre affiancato dal fedele brigadiere Maione, onesto lavoratore, sensibile e orgoglioso; fondamentale anche l'aiuto del dottor Modo, medico che analizza i cadaveri con estrema meticolosità, personaggio simpatico, brillante, un po' ribelle e grande frequentatore di bordelli. I due personaggi secondari vengono descritti in maniera più approfondita ed entrano nella storia con maggior incisività. Ci sono anche tante donne: Enrica Colombo, la dolce vicina amata dal commissario, la bellissima Livia, rimasta invischiata nella rete del potere suo malgrado, figura sofferente e fascinosa, Bianca, nobile e delicata, ma testarda e determinante nel finale inaspettato di questa intricata storia.
Siamo a Napoli, durante gli anni del fascismo (presenza sotterranea ma dispotica e minacciosa), la vicenda si svolge tra il pranzo di Natale e i botti dell'ultimo dell'anno. Non è ancora arrivato il freddo pungente anzi una strana nebbia avvolge e ovatta tutta la città, rendendola stranamente silenziosa; i napoletani la nebbia non la conoscevano.
Una storia principale si intreccia con altre due di uguale importanza.
Al teatro di varietà, molto amato dal popolo partenopeo, sul palcoscenico, davanti al pubblico, il grande attore Michelangelo Gelmi spara alla propria moglie, come da copione, ma il colpo non è a salve, la donna muore all'istante; l'uomo si dichiara da subito innocente ma le prove sono tutte contro di lui; lui ha sparato, lui è un attore verso il declino e in età matura, lei era bellissima, giovane, nel pieno della carriera, forse amava un altro e voleva lasciare il marito. Sembra che il cerchio sia già chiuso e il caso risolto ma al commissario qualcosa non torna, un particolare che gli sfugge, le ultime frasi che ha percepito, un misterioso bigliettino...
La dolcissima Lina picchiata in modo impietoso, si presenta all'ospedale e chiede del dottor Modo che la riconosce: è una prostituta da lui frequentata. L'autore descrive, nei particolari, con quale crudeltà un mostro ha inveito sul suo corpo e sul suo bel volto. Forse la sfortunata non ce la farà. Da questa triste apparizione ne emerge, andando a ritroso, una storia toccante, capace di far vibrare le corde più profonde dell'animo umano, di analizzare i meandri più complessi della psiche. Le poche frasi che la poverina riesce a pronunciare, rendono ancora più enigmatica questa vicenda.
Il commissario Ricciardi è innamorato, forse questa volta riuscirà a dichiararsi, per poter vivere una vita più ... normale, ma forse è anche in pericolo e non sa di esserlo; ma anche questa è un'altra storia.
Sparisce la nebbia, volano via le rondini, arriva il freddo, a Napoli finalmente si prendono i cappotti, i cappelli, le sciarpe, ci si copre ... e con i botti dell'ultimo dell'anno arriva anche la soluzione di tutti questi misteri.
Dalla proficua e briosa penna del maestro del giallo-noir, quest'ultimo romanzo di De Giovanni, profondo e brillante per stile e contenuto, è da non perdere.
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La svolta decisiva del commissario Ricciardi
Maurizio De Giovanni ha appena pubblicato Rondini d’inverno, una nuova indagine della serie dedicata alla narrazione delle prodezze del commissario Ricciardi. Ricciardi, con il suo animo inquieto e malinconico, e quel dono, o condanna, di poter catturare le ultime parole e sensazioni delle vittime di morte violenta, è un personaggio molto amato dal pubblico. Quindi:
“Ciao, Ricciardi. E’ stato meraviglioso incontrarti ancora una volta.”.
Rondini d’inverno è un romanzo particolarmente importante per la serie, se si tiene conto che è ambientato nel mondo del teatro, e più precisamente nel particolare genere della canzone-sceneggiata tanto cara ai partenopei.
Napoli è allegramente intrappolata fra la digestione del Natale appena trascorso e l’attesa per l’imminente Capodanno: i teatri di varietà sono pieni di gente, alla ricerca di divertimento e di emozioni, e, come ogni sera, Michelangelo Gelmi si prepara a
“sparare a sua moglie”.
L’attore sta infatti recitando in una canzone sceneggiata, che prevede che lui uccida la moglie con un colpo di pistola, ovviamente a salve, all’interno della finzione scenica. Quella sera Gelmi fa partire un colpo, ma
“dalla canna della pistola esce un sottile fumo”
E
“l’attrice viene proiettata all’indietro, scomposta, i piedi sollevati da terra, le braccia larghe.”.
La sua interpretazione della morte è ben diversa, normalmente,
“assai più realistica ed inquietante, anche perché sul corpetto bianco del costume si allarga un’ampia macchia scura.”.
Fedora Marra, compagna di vita e di palcoscenico, viene, così, uccisa. Lui è disperato e proclama a gran voce la sua innocenza, ma in tanti lo giudicano, al contrario, colpevole: l’uomo, non più giovane, da tempo subisce un declino professionale e ogni sua speranza di continuare a rimanere sulla cresta dell’onda è legata a Fedora, più giovane di lui e al momento al culmine della carriera, una vera stella. Fedora, inoltre, è probabilmente innamorata di un altro e forse è in procinto di lasciare il marito, che di conseguenza si ipotizza aver reagito in modo micidiale. Tale versione non convince il commissario Ricciardi, che nel frattempo è a una svolta decisiva della sua vita sentimentale e che deve, in quanto tale, indagare con molta accortezza, distratto, invece, da accadimenti personali e da una insolita nebbia ch abbraccia Napoli, quasi a nascondere un drammatico colpo di coda. Pagina dopo pagina, Rondini d’inverno, trascina il lettore tra indizi, prove, colpi di scena, immersi in una Napoli suggestiva ed unica.
L’autore ripresenta in questo libro la sua caratura narrativa, appassionata e malinconica, col migliore e più amato dei suoi protagonisti. Questo è molto più di un libro noir: è una storia intrigante in cui parallelamente viaggiano la trama del giallo, la Napoli degli anni ’30 del secolo scorso, città altera ed inquieta, e il destino di tutti i personaggi, ivi presenti, tutti avviluppati in un vorticare di sentimenti che si contrastano e si incrociano. Una bellissima storia.
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Luigi Alfredo Ricciardi
«-”Qual è la barriera, Lina?”
-“Quella che alziamo tutti, ogni giorno, per non farci riconoscere dagli altri”
-“E la tua barriera, qual è?”
-“La faccia, dotto’. La mia barriera è la faccia”»
Il Capodanno è ormai alle porte quando l’omicidio ha luogo senza lasciare dubbio alcuno né in merito al suo esecutore, né in merito alle modalità di esecuzione: Fedora Marra, attrice di grande successo, è stata uccisa dall’anziano marito Michelangelo Gelmi a seguito di un colpo di pistola esploso durante la rappresentazione teatrale della Rivista che li vedeva protagonisti. Un colpo di pistola vero, tra tutti quelli a salve, ha fatto sì che in questo 28 dicembre si tramutasse in un giorno di morte e dolore. Ricciardi e Maione accorrono sul luogo e sin da subito, il misterioso ed eclettico funzionario dagli occhi verdi, si dimostra perplesso e non convinto circa quella che sembrerebbe essere la dinamica del delitto. Tante, le questioni, che lo rendono dubbioso, esitante, molteplici le indagini da compiere.
Ma Ricciardi non è in tumulto solo e soltanto per il mistero da risolvere, lo scombussolamento è altresì incrementato dall’aspetto sentimentale che non manca, in quest’ultimo capitolo, di svilupparsi ed affermarsi. Protagonista femminile di questa evoluzione è niente meno che Enrica. Riuscirà Luigi Alfredo a lasciarsi andare ai sentimenti e a convivere con la felicità anche se questa è un qualcosa per lui di così nuovo da risultare ingestibile?
Al contempo il brigadiere Maione è investito di un’altra parallela inchiesta: Modo, il dottore ironico e antifascista che accompagna il due sin dalle prime avventure, ha bisogno di sapere, di conoscere la verità circa le ferite di cui è stata vittima Lina, una vecchia amica pestata a sangue (e quasi a morte) da non si sa chi.
Ha il suono ed il ritmo di una ballata quest’ultimo episodio delle avventure di uno dei commissari più amati del panorama italiano. Una ballata che sin dal principio si distingue dai precedenti capitoli per storia quanto per emotività, quanto per contenuti. Se da un lato la trama risulta infatti essere intuitiva, essendo lo scenario rappresentato un qualcosa che inevitabilmente suscita nella memoria del lettore una innegabile sensazione di deja-vu, dall’altro, non mancano quegli elementi “salati” ed “appetitosi” che ne invogliano e stimolano lo scorrimento.
Chi legge trova inoltre soddisfazione dal punto di vista dell’amore, riuscendo, De Giovanni a ben dosare ogni avvenimento ed ogni sviluppo relativo. Il tutto è accompagnato dalla sensazione di sentirsi a casa, sensazione che è determinata da quella scrittura fluente, calda e ponderata che è propria dello scrittore.
Eppure, eppure, è come se mancasse qualcosa. E’ come se l’elaborato arrivasse ma soltanto a metà. Nonostante le premesse, infatti, il conoscitore si sente a tratti spaesato, insoddisfatto da quelle che sono le vicissitudini, forse perché, implicitamente si aspettava un “sipario” diverso per il funzionario maledetto. Una storia, differente, non tanto dal punto di vista della sfera affettiva, quanto da quello del caso da risolvere. Vengono meno inoltre alcuni personaggi che costituivano una costante nonché una colonna portante dell’opera, mentre altri vengono inseriti quasi forzatamente. Apprezzabile, al contrario, il taglio dato al brigadiere Maione a cui viene resa giustizia per i suoi immancabili doveri svolti.
In conclusione, un buon testo seppur con qualche leggera sbavatura. Non il mio preferito ma certamente un degno epilogo. E chissà che in futuro le danze non vengano nuovamente aperte…
«Ogni rondine ha il suo viaggio, guaglio’. Io dovevo intraprendere il mio. Ho fatto ritorno per morire dov’ero nato. Nell’unico posto dove sono stato felice. [..] Prima non valevi niente come non vale niente chi suona e canta, e non sa che deve raccontare. Adesso hai imparato. E hai capito che devi partire, perché sei una rondine, una rondine ha bisogno di un viaggio per essere felice.»